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TRUFFA DEL BANCOMAT, LA DENUNCIA DELLA VITTIMA LUCANA FA SCATTARE LE MANETTE IN LOMBARDIA

L’inchiesta della Procura di Potenza partita da Muro Lucano: l’italiano Dibisceglia in carcere mentre il pakistano Shaban ai domiciliari


Su disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo lucano, le Sezioni della Polizia Stradale di Potenza, Bergamo e Brescia hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale e reale, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale, nei confronti di Gerardo Dibisceglia, domiciliato in Bergamo, e di un cittadino pakistano, Shaban Muhammad, quest’ultimo già titolare di un esercizio di telefonia mobile sedente in Brescia.

Entrambi sono indagati, in concorso tra loro, per sostituzione di persona, truffa aggravata dalla circostanza della minorata difesa e per indebito utilizzo di strumenti di pagamento elettronici, commesse con modalità particolarmente insidiose. Nei confronti del Dibisceglia è stata eseguita la misura cautelare della custodia in carcere mentre allo Shaban è stata notificata la misura cautelare degli arresti domiciliari.

Contestualmente, a carico di tutti gli indagati, è stato eseguito il provvedimento di sequestro preventivo, diretto e per equivalente, avente ad oggetto disponibilità finanziarie per l’importo corrispondente al profitto diretto del reato.

Il provvedimento cautelare è stato emesso all’esito di una delle di attività d’indagine coordinate dalla Procura di Potenza e condotte dalle Sezioni Polizia Stradale del capoluogo lucano e quelle di Bergamo e Brescia, che hanno materialmente eseguito l’ordinanza cautelare, i due sono stati arrestati in Lombardia, nel corso delle quali è stata ricostruita la «truffa subita e denunciata da un cittadino di Muro Lucano, vittima della cosiddetta truffa dello sportello Bancomat».

Secondo quanto accertato a livello di gravità indiziaria nel corso delle investigazioni, «la tecnica innovativa ed insidiosa», utilizzata dagli indagati, «consisteva nel creare artatamente un equivoco sulle modalità del passaggio del denaro dal conto corrente alla carta di pagamento ricaricabile».

In particolare, le investigazioni hanno fatto emergere come gli indagati, dopo avere mostrato interesse all’acquisto di prodotti e merci su internet, «si presentavano con false identità al venditore e poi fornivano allo stesso indicazioni fuorvianti sulle modalità pagamento ».

In particolare, hanno indotto la vittima a recarsi presso un Atm per ricevere il pagamento della merce, per poi impartirgli, telefonicamente, delle istruzioni che, invece, di fatto, comportavano, al contrario, non un loro pagamento, ma un trasferimento di fondi dal conto corrente del venditore a quello nella loro disponibilità ».


 

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