ELENA DEL POZZO : INGANNATA, SEVIZIATA E TRUCIDATA
QUANDO L’ORCO È SEMPRE LA MADRE
UN CASO ALLA VOLTA FINO ALLA FINE
QUANDO L’ORCO È SEMPRE LA MADRE
Ne discutiamo con la dottoressa SIONIS
Elena Del Pozzo: ingannata, seviziata e uccisa con efferata crudeltà dalla madre
Sono di ieri le prime indiscrezioni su alcuni esiti degli esami autoptici e relativi alla ultima versione confessoria della madre assassina.
Secondo quanto dichiarato da Carmelo Zuccaro, Procuratore di Catania, le accuse sono di omicidio premeditato e pluriaggravato anche dalla crudeltà.
I funerali sono previsti per il 22 Giugno alle ore 17, nella Cattedrale di Catania.
La città osserverà il lutto cittadino
La piccola Elena sarebbe stata accoltellata con più di undici fendenti e sepolta in limine vitae.
Avrebbe agonizzato per circa un’ora, prima di soccombere alla furia assassina della madre.
La assassina, approfittando del suo ruolo di madre, la avrebbe tratta in inganno convincendola di dover effettuare un gioco.
La parziale, ulteriore confessione, svelata solo poche ore fa dagli organi di informazione, conferma quanto ipotizzato dalla criminologa clinica Elisabetta Sionis ai nostri microfoni il 15 Giugno scorso, ossia, ben quattro giorni prima delle odierne emergenze scientifiche ed investigative.
Abbiamo nuovamente contattato la dottoressa Sionis al fine di fornirci eventuali sue considerazioni in merito a questo brutale omicidio
Riportiamo di seguito la dichiarazione del 15 Giugno della dottoressa Sionis, che trovate al link:
LA DOTTORESSA ELISABETTA SIONIS SUL CASO DELLA PICCOLA ELENA (lecronachelucane.it)
Dottoressa Sionis, ben quattro giorni fa, non appena consumato il barbaro infanticidio, così come certificato dalla schermata della sua dichiarazione qua in alto, Lei ipotizzò, ai nostri microfoni, che la piccola Elena potesse essere stata tratta in inganno dalla madre col pretesto di un gioco vicino alla buca in cui poi sarebbe stata parzialmente sepolta e precisò che, con alta probabilità la assassina avesse utlizzato come arma, anche uno degli attrezzi atti a scavare la fossa.
Sono di poche ore fa gli aggiornamenti resi dal Procuratore di Catania, che rivelano come l’assassina abbia ingannato la piccola vittima col pretesto di un gioco e si sia servita di una zappa per portare a termine il suo progetto criminale.
Dopo averle ed esserci rivolti i complimenti per essere stati i primi e gli unici ad aver evidenziato detta ipotesi, (anche se non sono mancati i soliti scopiazzatori che evitano di citare la fonte delle considerazioni altrui spacciate falsamente per proprie), alla luce di questi ulteriori risvolti, quali sono le sue considerazioni in merito?
Prima di addentrarmi in ulteriori considerazioni tecniche, rispondo circa il presunto plagio premettendo che non mi soffermo quasi mai sulle meschinerie di chi si vorrebbe fregiare di meriti che non possiede e lo fa attraverso razzie anche giornalistiche.
Non so chi possa aver ripreso i miei contenuti facendoli passare per propri, ma credo che la cronologia delle pubblicazioni, da quel che mi pare di capire, non lasci dubbi di sorta in merito alla paternità di chi per prima, ossia io, abbia effettuato determinate ipotesi relative alla trappola del gioco dello scavo e all’utilizzo di uno degli strumenti, utilizzati, precedentemente per creare la fossa e poi per offendere la sfortunata vittima.
Concludo questa parentesi col dire che non è importante rilevare chi faccia plagio o furto del lavoro intellettuale altrui, quanto è fondamentale non rivestire il ruolo di sciacallo e frodare l’opinione pubblica facendo figurare di essere l’autore di determinati contenuti quando non è così.
In soldoni: meglio essere derubato, frodato e plagiato che rubare, frodare e plagiare. Un conto è essere ed un altro è tentare di apparire. Alla lunga, ciascuno si svela per quel che è o per quel che non è.
In merito alla assassina, insisto col dire che sia un soggetto lucido, avvezzo alla menzogna e impregnata di nefasti sentimenti di odio, vendetta e rabbia pervasiva.
L’azione criminale è l’esito di un preciso piano rimuginato e organizzato nei minimi dettagli che riguardava:
?evitare che i sospetti ricadessero su di lei. Pertanto, ha ritirato Elena dall’asilo alle 13 in luogo delle 15.30 come ha falsamente dichiarato agli inquirenti. A quell’ora, appena terminato il servizio mensa, i genitori che prendono i figli sono molto pochi. Quell’orario, oltre ad essere funzionale alla messa in opera della parte terminale del piano criminale, serviva per fissare nella mente degli insegnanti (futuri testimoni) con quale serenità si fosse svolto l’incontro tra la “amorevole mamma” e la figlia felice di rientrare con lei a casa.
? Il progetto delittuoso è stato programmato molto tempo prima della data dell’omicidio. Potrebbe essere coevo, se non addirittura precedente, alla missiva di minacce di morte ricevute da Alessandro Del Pozzo. Non a caso, l’assassina, nel riportare quanto le avrebbero detto i presunti quanto inesistenti rapitori della figlia, ha fatto riferimento a quel biglietto e ha rincarato la minaccia, precisando che il padre di Elena, stavolta avrebbe visto sua figlia cadavere.
Va evidenziato che SOLO CHI SAPEVA CHE ELENA FOSSE MORTA poteva ipotizzare una minaccia di morte verso la piccola.
?Martina Patti, contrariamente a quanto ipotizzato anche dai familiari del suo ex, non nutriva alcun autentico sentimento d’amore ed empatia nei confronti della figlioletta. Elena ha sempre e solo rivestito il triste ruolo di oggetto/strumento finalizzato a soddisfare i bisogni egoistici materni e teso a legare a sé l’oggetto della sua arrogante ed insana brama di possesso: Alessandro.
La presunta affezione manifestata pubblicamente verso Elena, era soltanto la artefatta facciata di un penoso copione che si svelava rovinosamente ogni qualvolta la sua rabbia le faceva perdere il controllo e non le impediva di malmenare Elena. Le violenze psicologiche, inoltre, non sono facili da percepire, soprattutto se si è coinvolti emotivamente e sicuramente Elena ne era vittima.
Chi cerca di attribuire alla assassina le caratteristiche tipiche della Sindrome di Medea, evidentemente non ha chiari quali siano i sintomi , le motivazioni e le condotte di chi rientra in questa categorizzazione: per farla breve, non sono di certo lucide, crudeli, gelide ed efferate assassine che, in primis, odiano le loro stesse creature, come nel caso di specie.
Non siamo davanti ad un soggetto affetto da Sindrome di Medea: Martina Patti è una assassina sadica, crudele, efferata a tutto tondo.
?Martina Patti è una bugiarda patologica che nella vita ha sempre indossato la maschera della vittima e della incompresa. Amante del rischio e delle sensazioni forti ha da subito tradito il suo compagno, sebbene ne bramasse il controllo e possesso e nonostante fosse da poco diventata madre. Per lei tutto è ammesso e concesso, persino il tradimento, mentre per il suo partner o per la figlia, la mera espressione di sentimenti d’amore nei confronti di terzi soggetti hanno decretato la loro condanna definitiva: di morte per Elena e all’ergastolo del dolore per Alessandro.
?La assassina ha parzialmente svestito la piccola e riposto le mutandine e gli short accanto alla buca, col precipuo intento di ingannarla col pretesto del gioco (sia che si sia verificato a casa che nel campo) e simulare uno scenario di abuso sessuale, finalizzato a depistare ed allontanare da sé il sospetto.
Dottoressa Sionis, tuttavia, pare che la Patti abbia precisato di aver scavato la fossa dopo l’omicidio e non prima, come aveva invece ipotizzato Lei
La Patti ha scavato la buca molte ore prima di andare a ritirare Elena dall’asilo.
Tenta infruttuosamente di contestualizzare lo scavo e collocarlo successivamente al barbaro delitto, nel maldestro tentativo di sfuggire alla aggravante della premeditazione.
La fossa è stata scavata precedentemente al delitto
Sostiene di aver accoltellato la bimba dopo averla riposta in uno dei cinque sacchi con i quali la ha confezionata prima di sepellirla agonizzante. (naturalmente gli accertamenti scientifici sui sacchi saranno in grado di dirimere anche questa questione)
Come vede, è scaltra, lucida ma non brilla di intelligenza (come la maggior parte degli assassini che hanno un profilo personologico simile al suo)
La tradisce la baldanzosa sicurezza di poter raggirare sempre e comunque il prossimo che percepisce come intellettivamente inferiore.
In realtà, se la versione rilasciata dovesse essere ritenuta veritiera, la sua posizione sarebbe ancora più grave: avrebbe praticato ulteriori atti di crudeltà sulla figlia dopo averla rinchiusa in un sacco, le avrebbe sferrato oltre undici fendenti recidendole l’arteria succlavia e la avrebbe sepolta in limine vitae, spingendo violentemente il corpicino, fino a spezzarle le vertebre del collo, con l’intento criminale di farle assumere la posizione voluta.
Si tratta di un omicidio atroce, brutale ed espressione dell’odio di cui è pervasa quella donna.
Un essere malvagio e per niente vittima, così come cacofonicamente qualcuno si ostina ad echeggiare nel vano tentativo di sgravarla da tutte o parte delle sue responsabilità.
Martina Patti non è mai stata in grado di provare amore ed empatia
Il delitto, la premeditazione, il tentativo di crearsi un alibi, depistare, attirare l’attenzione investigativa sull’ex compagno e simulare il falso rapimento correlando la precedente missiva di morte alle inesistenti frasi proferite dai fantomatici quanto inesistenti rapitori, con l’unico fine di creare sospetti verso Alessandro Del Pozzo, dimostrano l’indole malevola e la pericolosità sociale di una personalità camaleontica e completamente avulsa dai valori etico-morali superiori.