MARTINA PATTI : NESSUNA SINDROME DI MEDEA
ELENA INCAPPUCCIATA E GIUSTIZIATA COME UNA PRIGIONIERA IN MANO AI TERRORISTI ISLAMICI
UN CASO ALLA VOLTA FINO ALLA FINE
Verranno celebrati oggi alle ore 17, nel Duomo di Catania i funerali della piccola Elena Del Pozzo
Secondo l’ordinanza del Gip Daniela Monaco Crea, sussistono tutti i presupposti per la custodia cautelare in carcere, in quanto Martina Patti potrebbe reiterare il reato, darsi alla fuga ed inquinare le prove.
Il brutale infanticidio ha sconvolto l’Italia
Tra la moltitudine di esperti e opinionisti che si sono pronunciati al fine di delineare quali potrebbero essere le cause scatenanti l’atroce gesto, c’è chi le intravede nella cosiddetta sindrome di Medea e chi invece esclude che Martina Patti fosse affetta da quel complesso.
Nei giorni scorsi abbiamo sentito il parere della criminologa clinica Elisabetta Sionis, la quale nel delineare correttamente lo scenario delittuoso, successivamente concretamente confermato dalla rea confessa, ha sostenuto che la Patti non sia afflitta dal complesso di Medea.
?MARTINA PATTI : NESSUNA SINDROME DI MEDEA
?ELENA INCAPPUCCIATA E GIUSTIZIATA COME UNA PRIGIONIERA IN MANO AI TERRORISTI ISLAMICI
La abbiamo nuovamente contattata per avere ulteriori delucidazioni in merito
Dottoressa Sionis, continua ad essere del parere che la Patti non abbia agito sotto l’influenza della cosiddetta sindrome di Medea?
Ritengo che l’atroce delitto non abbia alcun collegamento col complesso di Medea: sono i fatti, le circostanze, i pregressi della relazione di coppia, la peculiare personalità della assassina, la crimino-dinamica nel suo insieme e le stesse motivazioni espresse dal Gip nella ordinanza di custodia cautelare in carcere ad escludere che le cause dell’evento criminoso siano da ricercarsi in quella sindrome.
Il mito di Medea narra di una donna che viene lasciata dal marito e per vendicarsi dell’abbandono, uccide i figli.
Il caso di cui ci stiamo interessando non ha niente a che vedere con una situazione simile.
La cognata della assassina, invero, ha dichiarato che fu la Patti a tradire il compagno e non viceversa e ha sostenuto che da quel momento in poi, abbia avuto diverse relazioni.
Di fatto, anche in costanza del barbaro omicidio era legata ad un altro uomo.
Si tratta di condotte che non lasciano spazio a presunte sofferte sindromi abbandoniche o a frustrazioni da tradimento, considerato che fu lei ad avere relazioni clandestine sebbene fosse da poco diventata madre e convivesse col compagno.
L’ideazione omicidiaria, la premeditazione e la feroce modalità esecutiva inducono a pensare che in primis abbia voluto punire sua figlia.
La dinamica delittuosa comunica un profondo odio, rabbia, disprezzo e rancore nei confronti della piccola vittima. Elena è stata giustiziata dalla madre.
Martina Patti ha voluto punire Elena per essersi legata alla nuova compagna del padre.
Questo ha decretato la sua morte: la patologica gelosia per il rapporto che si era creato tra la figlia e la fidanzata dell’ex compagno.
La particolare ferocia e crudeltà con la quale si è scagliata sulla figlia, dopo averla tratta in inganno, sono la dimostrazione che fosse lei l’oggetto, anche mentale, della sua rabbia.
Tante madri uccidono i propri figli, ma questa è una barbara esecuzione.
C’è stato un rapporto prolungato tra carnefice e vittima, l’azione violenta è stata agita tramite vari oggetti e con diverse modalità che si sono dimostrate ultronee rispetto alla mera volontà di sopprimere la vita della bimba.
Il modus operandi rimanda ad una prolungata azione punitiva sulla bambina, agita tramite l’utilizzo di un sacchetto della spazzatura serrato attorno al visino, circa venti coltellate, colpi di zappa, violenza sul corpo in limine vitae spinto dentro il fosso sino a fratturare alcune vertebre al fine di fargli assumere la posizione voluta.
Se l’obiettivo fosse stato unicamente quello di privare Alessandro Del Pozzo del suo bene più grande, avrebbe utilizzato una modalità omicidiaria meno efferata.
Anche il Gip, quando sostiene che vi sia la possibilità di commettere altri omicidi, sostanzialmente esclude un quadro psicologico che richiami la sindrome di Medea: difatti, Elena era figlia unica.
Chi altri potrebbe uccidere la presunta moderna Medea, Martina Patti?
Non di certo altri figli così da vendicarsi nei riguardi dell’ex compagno.
Invero, il Giudice si riferisce alla spiccata potenzialità criminale manifestata prima, durante e dopo l’agire criminale.
Dottoressa Sionis, la Patti ha sostenuto di non ricordare diversi passaggi riguardo l’azione omicidiaria, in quanto a suo dire avrebbe agito senza rivolgere lo sguardo alla bambina. Ritiene plausibile questa confessione?
Escludo categoricamente questa possibilità. In primis, ritengo verosimile che appena andate via dall’asilo si siano recate direttamente al luogo del delitto-occultamento dove la bimba ha consumato parte del budino il cui contenitore è stato riposto a casa quando l’assassina è andata a cambiarsi e crearsi l’alibi.
La Patti ha incappucciato la bimba con un sacco della spazzatura al fine di non farsi vedere.
Questa è una modalità che oltre ad amplificare lo stato di terrore nella vittima, rimanda a certe usanze tipiche dei terroristi islamici durante le esecuzioni dei loro prigionieri, ad esempio.
Gli infedeli, i traditori non hanno diritto di guardare il loro giustiziere.
La crimino-dinamica ci racconta l’ideazione criminale della assassina: una efferata esecuzione punitiva, la simulazione di un abuso sessuale con il denudamento delle parti intime della minore, la falsa pista di un commando armato.
Sono tutti elementi che mal si coniugano con la presunta sindrome di Medea.
L’utilizzo dei sacchi della spazzatura, infine, definisce il disprezzo e l’ulteriore oltraggio riservato alla piccola vittima.
Martina Patti è una sanguinaria, glaciale, crudele e lucida assassina capace di valutare le conseguenze delle proprie azioni.
Ha agito con e per malvagità