PALOMBARO, META GETTONATA E ANCHE “BULLONATA”
Matera, la grande cisterna di raccolta delle acque, meraviglia Unesco e non semplice contenitore turistico
Il Palombaro di Matera continua ad essere tra le mete più visitate in assoluto nella città dei Sassi, proprio per le sue caratteristiche architettoniche che ne fanno un capolavoro di ingegneria idraulica ed uno egli esempi più importanti al mondo di raccolta delle acque piovane e meteoriche.
A rendere così gettonata la grande cisterna di Matera, che ha una capienza di circa 5mln di metri cubi di acqua, vi è anche il suo strettissimo legame con la vita quotidiana dei nostri antenati che fino ai primi del ‘900 e cioè prima che le condutture dell’acquedotto raggiungessero la città, lo utilizzarono come vitale e preziosa risorsa per attingervi acqua potabile.
Ma il Palombaro ha anche un’altra importante rilevanza oltre a quella funzionale dell approvvigionamento idrico, vale a dire la sua adiacenza alla chiesa rupestre di Santo Spirito, un capolavoro di arte di scavo risalente all’VIII secolo, abbellita con affreschi seicenteschi e interamente intarsiata nella tenera calcarenite con tutta una sequenza di volte a crociera, cordoli decorativi e arcatelle che tratteggiano l’ambiente dell’antico altare e delle absidi anch’esse affrescate e le cui piccole nicchie per riporre le suppellettili vengono oggi utilizzate, malgrado i dissuasori, come romantico rifugio per i piccioni che però non sembrano gradire troppo il nostro indiscreto arrivo.
Tra tanta arte, pittura e architettura però ci ha colpito quella che forse è una nota un po’ stonata e cioè che l’afflusso di ingresso e uscita dal Palombaro è stato regimentato usando due pesanti semi-ringhiere di ferro battuto bullonate nella pavimentazione storica anziché ricorrere a strutture ‘innocenti’ o meglio ancora picchetti rimovibili.
Garantire un accesso sicuro e ordinato al Palombaro è senz’altro utile ma magari farlo in modi e con strutture meno invasive e più adeguate e armonizzate con l’ambiente circostante e con la peculiarità e fragilità della calcarenite, forse sarebbe preferibile e più consono ad un luogo definita una delle meraviglie dell’ Unesco.