«DI TUTTO ABBIAMO BISOGNO MA NON DI ODIARCI»
Lettera aperta del lucano Sabia, una riflessione libera e considerazioni personali sulle “scritte volgari”
I valori identitari hanno un “carattere strutturante, dove per tale si intende la capacità di produrre senso, di orientare l’agire collettivo e il sistema territoriale nel suo incessante processo evolutivo”. Quando però si supera la soglia dell’educazione e del senso civico, si producono situazioni poco edificanti. È il caso raccontato da questo cittadino lucano, che invia a Cronache una sua riflessione:
«Per chi dalla Basentana si reca a Matera sulla destra della carreggiata, prima del primo svincolo per la città, sul muro campeggia da anni, una scritta cubitale, “Potenza merda”, naturalmente uscendo dalla città sulla carreggiata opposta, con lo stesso stile, si ripete l’informazione. Le scritte sono lì da anni ma nessuno pensa che, forse, sia il caso cancellarle. Lunedì mi sono recato a Matera, oltre a rivedere l’epigrafe, in pieno centro noto diversi adesivi, con la stessa informazione, appiccicati vicino ai cartelli, al muro, alle panchine etc. Chi è Lucano sa bene che le identità locali sono forti e io pur non esondo potentino vorrei condividere, con chi ha la bontà di leggere, una riflessione.
Gli italiani, generalmente, sono avversari del rione confinante, del comune confinante, della provincia confinate, della regione confinante, e così via, se questo fosse limitato alla sola goliardia passi (e lo dico io che alle scuole superiore avevo una professoressa che durante i compiti scritti mi faceva sedere al suo posto, in cattedra, e mi canzonava con le dicerie sul dialetto e sugli abitanti del mio paese, tanto da farla divertire da sola) ma quando queste espressioni campeggiano in maniera così evidente e vengono così diffuse senza che nessuno delle autorità preposte interviene mi viene il dubbio che sia una convinzione pesantemente condivisa da quella collettività.
Premesso che se a Potenza vedo la stessa cosa nei confronti di Matera non è che ho un pensiero differente e mi chiedo: già siamo una regione quasi ignota tanto da aver fatto pensare a Carlo Levi che Cristo si è fermato ad Eboli e, credo, che ancora oggi lì è rimasto, per identificarci siamo Lucani ma della Basilicata (come dice Dino Paradiso), di tutto abbiamo bisogno meno che odiarci.
La Basilicata vive una silenziosa e lenta agonia, si chiudono le sedi regionali delle varie amministrazioni pubbliche, delle banche (è rimasta solo qualche BCC) dei servizi (trasporti e comunicazioni in testa), ogni tanto riprende vita la soppressione delle piccole province e della regione con tanto di divisione tra Campania e Puglia. In Campania Potenza sarebbe meno di niente e Matera non credo se la passi meglio nei confronti della Puglia.
Vero è che la Regione non ha fatto molto (direi niente) per facilitare il rapporto e lo scambio tra Potenza e Matera (e Pomarico con il suo autovelox ci ha aggiunto il resto) considerata l’inesistenza di infrastrutture decenti tra le due città favorendo migrazioni di ogni natura ad iniziare dalla frequentazione delle università dei lucani a concludere gli interscambi commerciali. Il Potentino verso Napoli e il Materano verso Bari anche per le vacanze, i potentini sul Tirreno e i Materani sullo Ionio.
Non immagino una evangelica fratellanza che coinvolga la popolazione della nostra regione, così ignota a noi stessi, tanto da farmi asserire che la maggioranza dei lucani non la conosce e che, ancora oggi, per attraversarla, ci vogliono ore anche con distanze non eccessivamente lunghe, ad esempio se da Montemilone mi reco a Terranova del Pollino occorrono più di 4 ore, un tempo inferiore lo impiego per andare a Roma, ma, almeno, possiamo intelligentemente tollerarci e di fare necessità virtù?
Abbiamo la necessità di tutelarci e proteggerci, non viviamo in democrazie mature dove le minoranze (che tale siamo) sono tutelate dalle maggioranze ma in una società predatrice dove chi è più forte comanda e depreda e la Basilicata ha due ricchezze da depredare: acqua e petrolio. Non vogliamo volerci bene, i sentimenti, purtroppo non si gestiscono con il telecomando, ma almeno possiamo avere un briciolo di cervello e fare almeno i nostri interessi e non essere come i capponi di Renzi, di manzoniana memoria, iniziando a togliere le stupide scritte che offendono noi stessi e qualifica chi le scrive e la società del luogo chi le rende permanenti e trovare un equilibrio che ci renda autonomi nel gestire le nostre risorse prima che diventiamo sudditi del nord, che già lo siamo, e sudditi del nostro stesso sud che lo diventeremo o, forse aspetto da non trascurare, scompariremo da soli, mentre ci odiamo, visto il declino demografico che caratterizza la Basilicata».
Ciro Sabia