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CECILIA L’ORIUNDA

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Non sappiamo chi del Nazareno abbia avuto la geniale idea di poter catapultare come capolista la romana Cecilia D’Elia, peraltro già impegnata in piena cantilena agostana sulle sue origini lucane che però s’è guardata bene d’esibire quando in parlamento c’era da aiutare la Basilicata a sbrogliare i suoi tanti guai ed invece ha scelto d’occuparsi di Trastevere, Testaccio e dintorni, sotto l’egida municipale di Roberto Gualtieri, a cui è fortunosamente succeduta nel collegio elettorale e che ora proprio la sua cerchia zingarettiana, colta da fifa d’estinzione, le vuole scippare, traslocandola dov’è nata e dove non s’è fatta più vedere. Eppure, perfino con un certo sollievo, credevamo che fosse del tutto tramontato il feudalesimo romano con cui si risolvevano i problemi d’iconografia femminile con il calpestio dell’onore democratico della Basilicata, come peraltro accaduto con Emma Fattorini eletta e subito dileguata. Ora però la questione in gioco è ben più grande dello scappello romano ed è quella di preservare come bene comune e possibilità di vittoria l’unità del Pd lucano, evitando che la supponenza elettiva s’afflosci nei vocalismi funerari delle solite prefiche messe colpevolmente all’opera del lutto democratico. Cantano i mitici Ace of Base: “Cecilia, chi era lei?”.

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