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LA BASILICATA ALLA PROVA DELLA RETE DEI SERVIZI

L’appuntamento con le tematiche sociali che attanagliano il nostro tempo

Quello della rete dei servizi è un concetto che non tutti riescono ad afferrare nella sua complessità ma che nello stesso tempo rappresenta la vera pietra angolare della medicina moderna rispetto a quella tradizionale. Purtroppo, ed è questa un’amara constatazione, in troppi casi, anche all’interno degli stessi ambienti sanitari, si è costretti a prendere atto di una certa ignoranza nei confronti di un elemento organizzativo ed innovativo tanto importante. Diverse sono le ragioni che, almeno in Basilicata, alimentano a monte tanta disinformazione, confusione o difetti interpretativi della normativa. Tra queste al primo posto vi sono le storiche resistenza da parte della classe dirigente e della classe medica che tende a mantenere quei poteri clientelari che da sempre vanno a connotare lo stato di arretratezza feudale della Basilicata: più i servizi sono accentrati, meno sono regolamentati, più discrezionalità viene garantita agli operatori di gestire arbitrariamente l’acceso a quei servizi. Poi vi è l’aspetto dei guadagni: pochi servizi pubblici, lunghe file d’attesa, grandi spazi per l’attività libero-professionale. Altro fattore fondamentale è quello del nepotismo politico: questa è la Regione dove con i soldi pubblici vengono assegnati incarichi temporanei, solamente nella forma, ad amici e commilitoni affidabili o anche facendo concorsi dai quali, chi sa perché, escono vincitori sempre coloro che già “ravanavano” nel truogolo delle amicizie di sistema. A queste, che potremmo definire le cause interne dello stato di arretratezza dei servizi sanitari in Basilicata, si aggiunge l’ignoranza del bolzo cittadino, del tutto assente quando non militante, rassegnato, accondiscendente, disincentivato dalle paroline sussurrate all’orecchio dai referenti di quartiere nell’ombra occulta di una cappella al solenne cospetto  di una fonte battesimale o ancor più efficacemente dalle feroci rappresaglie messe in atto dal sistema ogni qual volta che qualcuno cerca di alzare la testa o cerchi di affermare un proprio diritto. Tutto risulta confuso e nebuloso. Questi lucani sanguigni, che pur saprebbero far valere le loro ragioni, disperdono la loro rabbia e le loro energie in modo assolutamente inadeguato, dissanguati al loro interno da un intrigato groviglio di va-si comunicanti, chiusi in un labirinto che pregiudica la visione d’insieme: una sublime rappresentazione, in piccolo, di quel “sistema Italia” che finisce con il fiaccare ogni sforzo del cittadino che non sa dove e come rappresentare e far valere le proprie ragioni, riducendolo ad un mite animale da soma. L’ignoranza del costume provinciale eretta a sistema: lo scettro della burocrazia. Ma per tornare all’argomento del nostro articolo ricordiamo come il Ministero della salute sia intervenuto più volte e con numerosi provvedimenti legislativi nel tentativo di riordinare una materia tanto delicata quanto strategica sulla quale grava una grande attenzione da parte dei cittadini. Per questo risulta doverosa una certa pedanteria nell’affrontare l’argomento. Prima di tutto la moderna visione della tutela della salute esce dai vecchi schemi dell’intervento sanitario puro e dei compartimenti stagni per estendersi nella maniera più ampia alla presa in carico dell’individuo per quelle che sono le sue necessità di benessere. Partendo da questo presupposto disturbi come il disagio sociale, il disagio psicologico, la patologia cronica, il sintomo o la manifestazione clinica di una patologia, vengono collocati in un unico contenitore che viene ad essere il servizio sanitario e di cura alla persona. Quindi la vecchia e oramai superata concezione che vedeva nell’ospedale la massima garanzia per la salute in quanto luogo di convergenza di medicina multidisciplinare, strumentazione diagnostica e assistenza infermieristica viene oggi relegata nella storia della medicina. Attualmente l’approccio alle cure si è adeguato in molte regioni ai nuovi schemi trovando gradimento nei cittadini grazie ad un maggiore livello culturale di base che ne ha consentito di coglierne i benefici. La medicina è una scienza pratica e deve seguire di conseguenza anche una logica procedurale. La prima distinzione, accademica, che bisogna operare è quella tra intervento ospedaliero e medicina territoriale. Tale distinzione tiene conto del quadro clinico del paziente. L’accesso alle strutture ospedaliere è richiesto per i casi da gestire in acuzie, per gli interventi chirurgici, per la somministrazione di alcune terapie, per effettuare percorsi diagnostici particolarmente delicati o rischiosi o più in generale per la stabilizzazione del quadro clinico. La presa in carico avviene tramite le strutture di pronto soccorso o tramite ricoveri programmati. Per tutto ciò che esula da tali condizioni i servizi alla persona dovranno essere erogati in strutture collocate sul territorio: “decentramento e snellimento dei servizi”. Non ci vuole molto per comprendere le ragioni di una tale prima, grossolana suddivisione. Prima di tutto i numeri: non è possibile raccogliere nelle strutture ospedaliere una intera popolazione erroneamente convinta che i servizi sanitari siano suddivisi sulla base di una scala di livelli qualitativi al vertice della quale si trova l’ospedale e non, come di fatto è, sulla reale appropriatezza degli interventi. Tutto ciò risulta ancora più irrazionale se si tiene conto della gestione delle risorse economiche a disposizione del comparto sanitario e della loro ottimizzazione: le spese di gestione di un ospedale sono enormemente maggiori di quelle della medicina territoriale proprio perché in ospedale vengono erogate prestazioni di media e alta complessità in regime di ricovero delle quali, fortunatamente, solamente una parte minoritaria della popolazione necessita. Nella nuova concezione vengono introdotte pratiche e procedure volte prima di tutto a tutelare preventivamente la salute sia che si tratti di prevenire la malattia o anche dell’impedire alla stessa di progredire. Il tutto dovrà essere erogato in regime di prossimità che consiste nel facile accesso a “luoghi” dove poter trovare risposte adeguate alle esigenze di salute. Quello della prevenzione, della stratificazione e della medicina di prossimità sono concetti importanti introdotti, in questa ottica, solo nel 2022 dal legislatore, insieme alla telemedicina, alla medicina di rete, agli spoke degli ambulatori dei MMG nei piccoli Comuni. La medicina territoriale, facente capo ai distretti, rappresenta nello stesso tempo una frontiera e un pezzo fondamentale della rete dei servizi proprio come gli ospedali, il servizio di emergenza-urgenza e i pronto soccorsi. Il cittadino moderno potrà, se lo ritiene, rivendicare da oggi una sanità che garantisca tempistiche adeguate nella presa in carico, prossimità delle cure,  adeguatezza assistenziale nella diagnosi e nelle cure, stratificazione della popolazione dei pazienti, prevenzione, tutela sociale, servizi ospedalieri e servizi aggiuntivi in un unico quadro organizzativo che è la rete dei servizi con al centro la salute del cittadino. Se la politica o la burocrazia dovessero disattendere tali aspettative sia ben chiaro che avranno tradito i lucani nei loro diritti fondamentali che sono la tutela della salute, il diritto alla vita, il diritto alla felicità.

Antonio Salierno

 

 

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