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«NON È IMMUNE ALLA MAFIA NEANCHE UNA REGIONE COME LA BASILICATA»

Csm, il giudice Giuseppe Cioffi candidato indipendente: «È ora di andare “oltre” e di ridefinire ruoli e compiti»

In magistratura dal 1986, giudice penale del Tribunale di Napoli Nord, esperto in reati ambientali e criminalità organizzata, ha fatto parte della Commissione Bicamerale Antimafia, Giuseppe Cioffi si candida alla vicepresidenza del Consiglio superiore della Magistratura al di fuori di ogni logica correntizia. Una candidatura favorita dallo spirito e dalle legge delle recenti riforme del Consiglio Superiore della Magistratura che si pone l’obiettivo di superare la logica delle correnti e di rendere davvero l’organo di autogoverno dei Giudici la casa dei magistrati e non delle correnti. Lo abbiamo intervistato per chiedere le peculiarità della sua candidatura. Alla base della sua candidatura c’è una forte rivendicazione di indipendenza dalle correnti. La sua è una storia di un magistrato che si candida senza il supporto delle correnti. Crede che in questi anni il peso delle strutture organizzate all’interno del CSM sia stato eccessivo e, soprattutto, ritiene che i magistrati indipendenti siano maggioranza in Italia? «C’é un gran desiderio di riscatto e di recupero di credibilità da parte di tantissimi magistrati, anzi la stragrande maggioranza, mortificati dalla “rivelazione del sistema” che ha fatto riversare sulla categoria una quantità di critiche e di disappunto da parte della società. Pur riguardando una sparuta minoranza di magistrati particolarmente interessati a far carriera per ricoprire incarichi grazie all’appartenenza correntizia si  é avuto un precipitare di fiducia nelle istituzioni giudiziarie da parte della collettività che non ha saputo distinguere. Negli anni ed in particolare dal 2006 con la riforma Mastella, le strutture organizzate hanno avuto sempre maggiore peso nell’attività consiliare per favorire i propri adepti e tentare di condizionare certe scelte in seno al CSM cui la detta riforma ha conferito un tasso di discrezionalità tanto elevate da rendere talvolta inevitabile l’intervento correttivo del giudice amministrativo. La  storia tuttavia ha radici più remote ed io ne sono testimone. Quando ho avuto un ruolo nella guida associativa, fino a 25 anni fa, era infatti frequente che colleghi interessati a conseguire un incarico direttivo erano adusi a partecipare alle assemblee dei vari gruppi per assicurarsi un consenso. Anche per questo ho inteso di smettere ogni posizione in seno alla corrente di maggioranza nel lontano 1998 e interrompere ogni impegno associativo. Da allora in numerosi scritti e interviste ho rappresentato ed evidenziato il “profondo malessere dell’AMN” come si intitola un mio articolo di oltre 20 anni fa. Pur non avendo i gruppi organizzati in correnti fatto passi indietro e profonde riflessioni critiche sullo stato delle cose emerso in maniera eclatante due anni fa, e non avendo riflettuto a sufficienza sul successo editoriale dei vari libri di recente pubblicati sulle vicende riguardanti il CSM e il sistema giudiziario, questi raggruppamenti, a mio avviso rappresentano ancora centri di eleborazione culturale e non vanno demonizzati. É ora però di andare “oltre”, di ridefinire ruoli e compiti poiché ciò rispecchia l’interesse soprattutto dei tanti magistrati più giovani impegnati in sedi difficili e con carichi di lavoro spesso non sostenibili nonostante impegno, capacità e dedizione nei confronti dei quali un CSM rinnovato deve porsi come dimora accogliente». Parafrasando Cesare, crede che il magistrato non soltanto debba essere indipendente ma debba anche apparire tale? In che modo deve manifestarsi questa indipendenza, al di là della retorica e della forma? «Autonomia e indipendenza sono i connotati che la Costituzione attribuisce alla magistratura quali prerogative di un servizio e sono caratteristiche della giurisdizione nell’interesse dei cittadini, non privilegi di un apparato, cosicché un CSM rinnovato, anche grazie alla nuova normativa in tema di elezioni e di competenze, con la partecipazione di consiglieri eletti fuori dalle logiche di appartenenza potrà e dovrà meglio garantire la indipendenza ad es. con maggiore attenzione alla scelta dei dirigenti degli uffici e alla loro rotazione con rientro nei ranghi a scadenza e più ponderazione nella assegnazione di incarichi fuori ruolo, perché favorire la osmosi di esperienza istituzionale non significhi carriere parallele e posizioni lucrative a discapito della giurisdizione. Un particolare riguardo va dedicato alla questione della cd indipendenza interna, sempre più avvertita soprattutto tra i giovani giudici e PM, minor invadenza con indicazione di CD buone prassi e un più marcato impegno nella scelta dei responsabili degli uffici con criteri di meritevolezza più obiettivi insieme alla anzianità può assicurare una guida della sede giudiziaria più rassicurante e responsabile. Non è più pensabile che un magistrato, pur valido, venga preferito ad uno più anziano di oltre 10 anni con un curriculum di tutto rispetto e persino valutato “eccellente” dallo stesso CSM». Magistratura e Politica, uno scontro iniziato con Tangentipoli che non accenna a ridursi. In molti casi sembra quasi che la magistratura voglia sostituirsi alla politica non solo nel definire i confini etici dell’agire politico ma anche nel legiferare. Come ritiene di affrontare questa questione? «All’indomani della stagione di cd mani pulite o tangentopoli unitamente ad altri colleghi abbiamo fatto un appello al “self restraint” giudiziario, perché non ritenevo e non ritengo ogniqualvolta ancora accade, che la spettacolarizzazione di indagini e attività requirenti in primis, sia, soprattutto quando riguarda soggetti con cariche pubbliche, conforme alla riservatezza e correttezza della funzione giudiziaria. Anche perché ciò fa pensare ad una magistratura che abdica al ruolo di arbitro, schierata in contrapposizione alla politica, mentre invece si tratta di doverose indagini e seguenti processi da fare all’insegna di rispetto, come nei confronti di ogni altro cittadino ovviamente, senza con ciò affievolire l’intervento giudiziario e l’interesse all’accertamento di illeciti. Guarda caso, poi, i protagonisti di quella stagione o di titolari di altre posizione di vertice, sono confluiti in politica o in altre istituzioni governative, grazie alla notorietà ricevuta dalla impropria spettacolarizzazione dell’attività giudiziaria». La lotta alla mafia è sicuramente una priorità per la magistratura e per la Nazione. Come si è trasformata la mafia in questi anni? E, anche alla luce della sua esperienza di magistrato impegnato nel contrasto alle mafie, esiste un pericolo mafioso in Lucania? Possiamo dire che esiste una mafia lucana o si tratta di infiltrazioni occasionali di organizzazioni mafiose operanti nei territori limitrofi? «Le associazioni criminali organizzate sono ancora molto presenti nel tessuto economico del Paese e fanno sentire la loro influenza,nelle regioni meridionali in particolare, pur avendo subito grandi sconfitte per l’azione efficacia della repressione delle FF OO. e della magistratura. I mafiosi, camorristi ndranghetisti ecc esercitano ancora il loro potere laddove ci sono affari, opere pubbliche, si dedicano ancora al traffico di stupefacenti e alle estorsioni e a questa loro presenza non è immune neppure una regione, come la Basilicata, apparentemente più al riparo dalla influenza della criminalità organizzata. Naturalmente va auspicato un ancor più intenso intervento dello stato e delle istituzioni, semmai non solo attraverso interventi repressivi ma con offerte di riscatto culturale e sviluppo economico».

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