IN VAL D’AGRI: MEDICO RIPRESO DALL’ASP PERCHÉ LAVORA TROPPO
L’Azienda avrà certamente agito in buona fede, ma le maglie regionali ormai portano all’impazzimento
L’altro giorno, da quanto riferito dallo stesso, un medico di Medicina Generale della Val D’Agri si vede recapitare sulla propria email una nota dal Direttore delle Cure Primarie nella quale si avverte il medico che le “prestazioni aggiuntive” vengono retribuite solamente fino al raggiungimento del 16.8% della quota capitale degli assistiti. Sembrerebbe un atto dovuto se non fosse che il medico in questione non aveva mai espresso alcuna rivendicazione in merito e non si era neanche mai preso la briga, ponendo assoluta fiducia nella buona fede degli impiegati dell’Asp, di verificare gli importi che gli venivano corrisposti. A questo si aggiunga che tali calcoli sono complicati e da quanto riferito dagli addetti del settore è il sistema informatico stesso ad allertare l’operatore quando si è raggiunta la quota massima retribuibile.
L’IMPORTANZA DELLE PRESTAZIONI SANITARIE EXTRA
L’episodio diviene oggetto di riflessione se si pensa al momento critico che la sanità sta vivendo in questo momento, soprattutto in un’area decentrata come la Val D’Agri che ha subito un depotenziamento dei servizi sanitari e che sta affrontando una nuova ondata di contagi da Covid-19. Le prestazioni extra, o aggiuntive, sono prestazioni fuori contratto che fino ad una certa cifra stabilita vengono retribuite dalla Asp. Ci sono tra queste gli esami ecografici, gli elettrocardiogrammi, le spirometrie, la rimozione dei tappi di cerume, le medicazioni, le suture, la rimozione dei punti e molte altre prestazioni mediche che esulano dal contratto della medicina generale. A pensarci bene tali prestazioni rappresentano un ausilio prezioso che se utilizzato in modo appropriato assolve a quella importante funzione di filtro che permette di scremare il più possibile gli accessi impropri che vanno ad intasare inutilmente i pronto soccorsi e gli ambulatori specialistici con abbattimento dei costi e snellimento delle liste d’attesa senza considerare i disagi evitati ai pazienti che non saranno costretti a girovagare inutilmente nelle strutture ospedaliere. Considerando l’importanza di tali prestazioni e il fatto che per più dell’ottanta per cento delle stesse vengono erogate gratuitamente e prendendo atto che i Medici di Base firmando il contratto ne accettano anche le condizioni in esso contenute e quindi nulla potrebbero recriminare perché un tale richiamo dell’attenzione su questo punto? Se il medico vuole completare il proprio esame obiettivo con una ecografia, perfettamente consapevole di quanto previsto dall’accordo, perché ammonirlo, disincentivarlo, mortificarlo ponendo all’attenzione di almeno una mezza dozzina di colleghi dell’ASP “tale appunto”?
LA RELATIVA TUTELA DELLA SALUTE
Viene legittimo sospettare che pur inconsapevolmente, in buona fede, in certi ambienti si possa risentire di una serie di una serie di dinamiche che nulla hanno a che vedere con la tutela della salute. Proviamo a fare qualche ipotesi: se un paziente ha un dolore addominale e il suo curante esclude una patologia acuta questo paziente non si recherà da uno specialista privato sborsando soldi per la prestazione? Altra ipotesi: forse un medico che assolve bene al proprio compito risulta inviso a qualcuno che veleggia sul mare piatto del minimo sindacale? A vederla dall’esterno questa vicenda risulta inspiegabile se si pensa che nell’accordo con la Regione queste prestazioni vengono recepite “in coerenza di un più appropriato livello di erogazione delle prestazioni in ragione dell’efficienza, dell’efficacia, della economicità, degli aspetti etici e deontologici” e poi continua: “l’aumento dell’offerta delle prestazioni diagnostiche di 1° livello contribuisce a garantire la risposta ai bisogni di salute dei cittadini specie di coloro che per motivi anagrafici o sanitari hanno sempre più difficoltà a rivolgersi a strutture di II° livello”. Cicerone era solito redarguire i zelanti di ogni specie con la massima: «Summum ius summa iniura», che sta a significare che le leggi e i regolamenti applicate ottusamente non servono la giustizia ma possono, al contrario, generare conseguenze opposte ai buoni propositi per cui sono state scritte. Il medico redarguito insieme a tutti i suoi colleghi potrebbe chiedere qual’è il tetto massimo rimborsabile ed informare i pazienti che dal raggiungimento di quel tetto tutte le prestazioni aggiuntive verranno erogate a pagamento o dovranno rivolgersi ad altre strutture: questa sarebbe la logica conclusione di tanta pedanteria. Ci auguriamo che la ragione ritorni al suo posto e che prevalga sempre e comunque l’interesse collettivo, soprattutto quello del malato, su qualunque altra dinamica si discosti da esso e soprattutto che i lavoratori volenterosi e capaci possano, in futuro, ottenere un riconoscimento vedendosi garantita la possibilità di svolgere serenamente il proprio lavoro, in particolare quello non retribuito.