L’ASP REPLICA: «L’AZIENDA NON RIPRENDE I MEDICI DI FAMIGLIA CHE LAVORANO TROPPO»
Il Dg D’Angola risponde a Cronache per le «imprecisioni riferite». E chiarisce: «Con una nota dei giorni scorsi si pone un limite non alle prestazioni erogate, ma ai rimborsi da richiedere»
All’indomani dell’articolo pubblicato su queste colonne in merito al medico ripreso dall’Asp perché «lavora troppo», non si è fatto attendere il commento del Direttore Generale facente funzione dell’Azienda Sanitaria Locale di Potenza Luigi D’Angola il quale precisa quanto segue: «La Asp Basilicata non pone nei confronti dei propri medici di Medicina Generale alcuna limitazione allo svolgimento della professione, né tantomeno frena le erogazioni delle prestazioni a favore degli assistiti. La fattispecie su cui l’azienda interviene è, invece, quella dell’eventuale sforamento del tetto di prestazioni extra ammissibili a liquidazione ». A riprova, la nota inviata dall’Asp ai MMG lo scorso 23 agosto evidenzia che «in base all’articolo 24, comma E dell’Accordo Integrativo Regionale AIR) vigente, vi è un tetto alle prestazioni aggiuntive nella misura del 16,60% dei compensi mensili previsti come quota capitaria di cui alla lettera A dell’art. 59 dell’ACN. Pertanto, come esempio, per un medico con 900 mutuati, non si possono superare 450 euro totali per le prestazioni extra complessive. Le prestazioni aggiuntive effettuate in eccedenza al limite previsto – conclude la nota- non saranno liquidabili ». È di evidenza che viene chiarito il massimo da ammettere a liquidazione e, quindi, effettivamente liquidabile. «Di pari evidenza – spiega D’Angola – la non sussistenza di qualsiasi richiamo perché si lavora troppo o, diversamente, di invito a lavorare meno. Viene solo loro ricordato quello che è il limite liquidabile delle prestazioni extra quali, a titolo esemplificativo, la rimozione di un tappo di cerume, la medicazione di un’ulcera cutanea o una piaga da decubito, un elettrocardiogramma. Nessun limite viene posto, e non potrebbe essere altrimenti, all’autonoma determinazione di ogni Medico di Medicina Generale rispetto a tipologia e numero di prestazioni che lo stesso può erogare nel libero esercizio della professione». «Né, tantomeno – prosegue D’Angola – vi è nella nota alcun riferimento teso a disincentivare, ammonire, mortificare chicchessia e, ancora meno, la “mezza dozzina di colleghi dell’Asp” come “l’articolista” riporta». «Vi è solo il dettaglio – evidenzia il Dg dell’Asp – di quanto liquidabile in osservanza degli accordi integrativi regionali condivisi e sottoscritti dagli stessi MMG. Appare quantomeno inconferente e gratuita l’eccezione di “pedanteria” rivolta a chi, per compiti di istituto, è tenuto ad applicare e ricordare i vincoli di regolamentazioni contemplati negli accordi che rappresentano la sede naturale in cui vengono discusse e, eventualmente, recepite le istanze. Altro discorso è quello di come strutturare una diagnostica di I livello che costituisca efficace filtro a tutta la domanda di prestazioni di II livello». Al riguardo, però, incalza D’Angola «occorrerebbe una puntuale ed analitica riflessione in termini di “appropriatezza prescrittiva” da parte del medico (profilo operativo) nell’ottica di arginare il fenomeno della domanda indotta quanto delle prescrizioni inappropriate. Tanto cogliendo l’auspicio a chè “la ragione ritorni al suo posto e prevalga sempre e comunque l’interesse collettivo, soprattutto quello del malato”», conclude il Dg D’Angola.