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ALBINO LUCIANI, PAPA GIOVANNI PAOLO I, È BEATO

E dalla Basilica Vaticana continua a sorridere il beato Giovanni Paolo I

È BEATO
L’immagine svelata di Papa Luciani
La veglia in preparazione della beatificazione di Giovanni Paolo I, il “Papa del sorriso”

Si è svolta questa sera nella basilica di San Giovanni in Laterano in attesa della celebrazione che domani proclamerà Papa Luciani beato. A promuovere la veglia la diocesi di Roma. Tra i presenti anche fedeli provenienti da Belluno Feltre, Vittorio Veneto e Venezia con i vescovi e i sacerdoti. Nell’omelia il cardinale vicario De Donatis sottolinea l’umiltà come il filo rosso dell’esistenza del Pontefice. Nelle testimonianze la sua semplicità e il suo costante affidamento al Signore

Adriana Masotti – Città del Vaticano

“Posso assicurarvi che vi amo, che desidero solo entrare al vostro servizio e mettere a disposizione di tutti le mie povere forze, quel poco che ho e che sono”. Sono alcune delle parole che Papa Giovanni Paolo I pronunciava, rivolgendosi ai romani, il 23 settembre 1978, nell’omelia della celebrazione per la presa di possesso della Cathedra romana a San Giovanni in Laterano. La sua voce di allora risuona in basilica durante la veglia di preghiera di questa sera presieduta dal cardinale vicario Angelo De Donatis con la partecipazione dei vescovi ausiliari della diocesi di Roma. Ricordando quanto diceva il diacono romano Lorenzo, in quell’occasione Luciani aveva affermato, tra l’altro: “i poveri sono i veri tesori della Chiesa”, pensando alle tante persone in necessità della capitale.  

Le letture del 23 settembre 1978 e la voce di Luciani

Cuore della veglia l’ascolto della Parola di Dio. Le letture scelte per il momento di preghiera che precede di poche ore la Messa di beatificazione di Papa Luciani, sono le stesse della celebrazione di quel 23 settembre. La prima è tratta dal libro del profeta Isaia (60, 1-6); la seconda dalla Lettera agli Ebrei (13, 7-8. 15-17. 20-21); il brano del Vangelo è di Matteo (28, 16-20) dove Gesù promette ai suoi: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. A ciascuna lettura segue, diffuso dagli altoparlanti, l’audio del commento di Giovanni Paolo I a quelle pagine della Scrittura, conservato negli Archivi Vaticani, mentre su alcuni maxischermi scorrono le immagini del “Papa del sorriso”: fotografie e brevi frammenti video di quella sua visita alla chiesa madre della diocesi di Roma. 

Tre testimonianze con i ricordi più belli

Dopo ogni lettura e commento, una testimonianza a cui segue un momento di silenzio. Lina Petri, della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I, nipote di Luciani; suor Margherita Marin, delle suore di Maria Bambina, che fu al suo servizio nel breve tempo del pontificato; e padre Juan José Dabusti, sacerdote dell’arcidiocesi di Buenos Aires che ha impetrato il miracolo per l’intercessione di Giovanni Paolo I a favore dell’allora undicenne Candela Giarda. Sono loro a raccontare con commozione i ricordi più intensi legati a Papa Luciani, le ultime parole, l’ultimo saluto ricevuto, gli insegnamenti più importanti rimasti nel cuore e portati nella memoria per sempre. 

Di Albino Luciani, Lina Petri mette in evidenza, tra l’altro, la sobrietà. Racconta. “Lo zio io l’ho sempre conosciuto povero: nel patriarcato di Venezia, al di là degli arredi ‘storici’ non c’era nulla di sfarzoso o di particolare valore. (…) Lo rividi infine disteso nel suo letto dopo la morte. Ricordo la sua camera nell’appartamento papale… da dove ero seduta lo guardavo e davanti a me sulla destra – tra le due finestre ad angolo della stanza – la scrivania… c’erano solo un crocifisso e la fotografia dei suoi genitori”. 

“Ci accolse con semplicità, senza metterci in soggezione – dice suor Margherita Marin-. Ci disse di pregare, che il Signore gli aveva dato un peso, ma che con il Suo aiuto e le nostre preghiere lo avrebbe portato avanti. (…) Nel corso di quel mese io l’ho veduto sempre tranquillo, sereno, sicuro. Sembrava che avesse fatto da sempre il Papa. Anche nella preghiera si vedeva che era unito al Signore. Sapeva trattare con i suoi collaboratori con molto rispetto, scusandosi per recare disturbo. Non l’ho mai visto avere gesti di impazienza con qualcuno, mai”. Poi l’immagine dell’ultima sera: “dopo averci già salutato, il Santo Padre è stato sulla porta dello studio, si è girato ancora una volta e ci ha salutato di nuovo, con un gesto della mano, sorridendo… mi sembra di vederlo ancora lì sulla porta. Sereno come sempre”.

Infine padre Juan José Dabusti, facendo riferimento al suo essere sacerdote, confida: “Conservo nella mia memoria l’impatto che la sua morte improvvisa mi ha causato. Crescendo l’ho pregato di aiutarmi a discernere la vocazione da seguire. Essere prete o cosa?… E sono certo che Albino Luciani fu un misterioso padre spirituale e un silenzioso ma efficace intercessore per me nel decidere di abbracciare la vocazione sacerdotale”

De Donatis: anch’io ero qui con Papa Luciani 44 anni fa 

L’omelia del cardinale vicario Angelo De Donatis è pronunciata quasi alla fine della veglia, quasi a dar voce ai pensieri e alle emozioni di ciascuno dei presenti. Il porporato parla di “gioia e profonda consolazione” nel ricordo dell’evento vissuto con Papa Luciani quarantaquattro anni fa. “Anch’io partecipai all’Eucarestia in questa Basilica gremitissima di fedeli e sacerdoti venuti per accogliere il nuovo vescovo – afferma- . Ero un giovane seminarista prossimo all’ordinazione diaconale, ma ho un ricordo vivo della gioia dell’assemblea diocesana festante riunita in questa Cattedrale e del dolore che colpì tutti, pochi giorni dopo, in occasione della celebrazione del funerale di Papa Luciani, durante il quale ebbi l’onore di prestare servizio liturgico”

La veglia
L’umiltà è stata la forza della sua vita cristiana 

De Donatis sviluppa quindi la sua riflessione sulla parola Humilitas, Umiltà che “racchiude meglio di altre, la testimonianza di santità di Albino Luciani, scelta non a caso nel suo motto episcopale”.  “Albino – prosegue il cardinale vicario – era diventato uno dei ‘piccoli’ che Gesù esalta nel Vangelo”, aveva fatto “dell’umiltà la forza della sua vita cristiana”. “Infatti, l’umiltà per Albino Luciani non è stato mai un pensare basso di sé, ma un vivere accogliendo la propria piccolezza, confidando totalmente in Dio e non nelle proprie forze, donandosi agli altri con semplicità e gratuità”. 

Come un bambino davanti alla sua mamma

Il cardinale fa poi riferimento a due brani tratti dalla prima catechesi pronunciata da Papa Giovanni Paolo I all’udienza generale del 6 settembre 1978, dedicata proprio alla virtù dell’umiltà: “Davanti a Dio – aveva sottolineato – la posizione giusta è quella di Abramo, che ha detto: ‘Sono soltanto polvere e cenere davanti a te o Signore!’. Giusto, piccoli dobbiamo sentirci davanti a Dio. Quando io dico: ‘Signore io credo; non mi vergogno di sentirmi come un bambino davanti alla sua mamma’; si crede alla mamma; ‘io credo al Signore quello che egli mi ha rivelato’”.

Dio permette perfino il peccato per insegnarci l’umiltà

Papa Luciani aveva poi concluso quella catechesi con un invito all’umiltà che, afferma De Donatis, tutti noi ci auguriamo di accogliere questa sera.  “Mi limito – erano state le parole di Giovanni Paolo I – a raccomandare una virtù tanto cara al Signore. Ha detto: ‘imparate da me che sono mite e umile di cuore’. Io rischio di dire uno sproposito, ma lo dico: il Signore tanto ama l’umiltà che, a volte, permette dei peccati gravi. Perché? Perché quelli che hanno commessi, questi peccati, dopo, pentiti, restino umili. Non vien voglia di credersi dei mezzi santi, dei mezzi angeli, quando si sa di aver commesso delle mancanze gravi. Il Signore ha tanto raccomandato: ‘siate umili’. Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: ‘siamo servi inutili'”.

Al termine della veglia il porporato dà a tutti i presenti l’arrivederci a domani alle 10.30 in Piazza San Pietro per la Messa di beatificazione di Giovanni Paolo I, presieduta da Papa Francesco.

Il Papa: Luciani, la gioia del Vangelo vissuta senza compromessi

https://youtu.be/QT8bKod4A1Q

Francesco celebra sul sagrato della Basilica Vaticana, sotto la pioggia e alla presenza di 25mila fedeli, la beatificazione di Giovanni Paolo I, pastore mite e umile che ha saputo seguire Gesù senza riserve. Dopo la Messa, all’Angelus, il Pontefice invita a pregare per la pace nel mondo e in Ucraina. E al termine si concede un giro in papamobile in una piazza San Pietro dove il sole ha spazzato via le nuvole

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Auctoritate nostra Apostolica facultatem, facimus, ut venerabilis servus Dei Ioannes Paulus I, papa, beati nomine in posterum appellatur…

“Con la nostra autorità apostolica concediamo che il venerabile servo di Dio Giovanni Paolo I, Papa, d’ora in poi sia chiamato beato”

con questa formula Francesco eleva agli onori degli altari Albino Luciani. 

Dispone che lo si celebri ogni anno il 26 agosto, a ricordo del giorno in cui, nel 1978, venne eletto 263.mo successore di Pietro. È una celebrazione bagnata dalla pioggia quella della beatificazione del Papa del sorriso, che Francesco presiede in piazza San Pietro con oltre 500 concelebranti, fra cardinali, vescovi, sacerdoti e diaconi. Ma nell’atmosfera grigia c’è l’arcobaleno degli ombrelli dei 25mila fedeli raccolti sul sagrato della Basilica Vaticana, mentre il canto di giubilo dell’Alleluia accompagna il momento più toccante: nella loggia centrale della Basilica Vaticana viene svelato quell’indimenticabile volto dai tratti gentili e dall’espressione gioiosa. Con la candida veste talare, ritratto dall’artista cinese Yan Zhang, eccolo Giovanni Paolo I, con quel suo caratteristico sorriso che sembra abbracciare teneramente la piazza.  

La reliquia di Giovanni Paolo I: uno scritto di suo pugno sulle virtù teologali

Albino Luciani, che da vescovo aveva scelto come motto la parola humilitas, presa in prestito da San Carlo Borromeo e da Sant’Agostino, che sentiva particolarmente vicino, ora si può venerare con pubblico culto. All’altare viene portata una sua reliquia: uno scritto autografo su un foglio bianco risalente al 1956 in cui si legge una riflessione spirituale sulle tre virtù teologali – fede, speranza e carità – che richiama il Magistero delle sue udienze generali del 13, 20 e 27 settembre 1978. A custodirla un reliquiario, opera dello scultore Franco Murer, con un basamento in pietra proveniente da Canale d’Agordo, paese natale di Giovanni Paolo I, sormontato da una croce intagliata su legno di un noce abbattuto dalla tempesta “Vaia”, nel Triveneto, nella notte tra il 29 e il 30 ottobre 2018.  

Viene intonato il Gloria e la giornata uggiosa non scalfisce il clima di preghiera e di raccoglimento di fedeli e pellegrini. Fra le delegazioni ufficiali presenti quella dell’Italia, con il presidente Sergio Mattarella, e quella della Cina (Taiwan). La pioggia continua a cadere durante la Liturgia della Parola, poi, mentre Papa Francesco tiene la sua predica comincia a spiovere. Quel sorriso rassicurante di Giovanni Paolo I su piazza San Pietro, rassicurante e benevolo, e dal quale sembra irradiarsi luce, conforta, trasmette speranza. E in un angolo di cielo si fa spazio l’azzurro.

La reliquia di Papa Luciani
Albino Luciani, “la polvere su cui Dio si era degnato di scrivere”

Nella sua omelia Francesco spiega che Papa Luciani ha vissuto “nella gioia del Vangelo, senza compromessi, amando fino alla fine”, e “ha incarnato la povertà del discepolo, che non è solo distaccarsi dai beni materiali, ma soprattutto vincere la tentazione di mettere il proprio io al centro e cercare la propria gloria”. È stato un pastore mite e umile, seguendo l’esempio di Gesù, e si considerava “come la polvere su cui Dio si era degnato di scrivere”. Il Papa ricorda quel suo invito ad essere umili, come raccomandava Cristo, “anche se avete fatto delle grandi cose – affermava – dite: siamo servi inutili”.

Con il sorriso Papa Luciani è riuscito a trasmettere la bontà del Signore. È bella una Chiesa con il volto lieto, il volto sereno, il volto sorridente, una Chiesa che non chiude mai le porte, che non inasprisce i cuori, che non si lamenta e non cova risentimento, non è arrabbiata – una Chiesa non arrabbiata – non è insofferente, non si presenta in modo arcigno, non soffre di nostalgie del passato cadendo nell’indietrismo.

Oltre 400 tra cardinali, vescovi e sacerdoti hanno partecipato alla Messa di beatificazione di Giovanni Paolo I
Lo stile di Dio

Papa Francesco inserisce il ritratto di Giovanni Paolo I commentando il Vangelo odierno, che narra di una folla numerosa che seguiva Gesù. A questa gente Cristo “fa un discorso poco attraente e molto esigente: non può essere suo discepolo chi non lo ama più dei propri cari, chi non porta la sua croce, chi non si distacca dai beni terreni”. C’è da immaginare, osserva il Pontefice, “che molti siano stati affascinati dalle sue parole e stupiti dai gesti che ha compiuto; e, quindi, avranno visto in Lui una speranza per il loro futuro”. È quello che “capita anche oggi: specialmente nei momenti di crisi personale e sociale”, “quando “diventiamo più vulnerabili”. “Ci affidiamo a chi con destrezza e furbizia”, fa notare Francesco, “approfittando delle paure della società” e promette che risolverà i problemi, “mentre in realtà vuole accrescere il proprio gradimento e il proprio potere, la propria figura, la propria capacità di avere le cose in pugno”.

Lo stile di Dio è diverso da questa gente, perché Egli non strumentalizza i nostri bisogni, non usa mai le nostre debolezze per accrescere sé stesso. A Lui, che non vuole sedurci con l’inganno e non vuole distribuire gioie a buon mercato, non interessano le folle oceaniche. Non ha il culto dei numeri, non cerca il consenso, non è un idolatra del successo personale. Al contrario, sembra preoccuparsi quando la gente lo segue con euforia e facili entusiasmi. Così, invece di lasciarsi attrarre dal fascino della popolarità – perché la popolarità affascina -, chiede a ciascuno di discernere con attenzione le motivazioni per cui lo segue e le conseguenze che ciò comporta.

L’immagine svelata di Papa Luciani
L’apparenza religiosa

Molti di quelli che seguivano Gesù forse vedevano in lui “un capo che li avrebbe liberati dai nemici”, prosegue Francesco, “che avrebbe conquistato il potere” per poi spartirlo, o “uno che, facendo miracoli, avrebbe risolto i problemi della fame e delle malattie”.

Si può andare dietro al Signore, infatti, per varie ragioni e alcune, dobbiamo riconoscerlo, sono mondane: dietro una perfetta apparenza religiosa si può nascondere la mera soddisfazione dei propri bisogni, la ricerca del prestigio personale, il desiderio di avere un ruolo, di tenere le cose sotto controllo, la brama di occupare spazi e di ottenere privilegi, l’aspirazione a ricevere riconoscimenti e altro ancora. Questo succede oggi fra i cristiani. Ma questo non è lo stile di Gesù. E non può essere lo stile del discepolo e della Chiesa. Se qualcuno segue Gesù con questi interessi personali, ha sbagliato strada.

La sequela di Cristo è scelta totalitaria facendosi carico della propria croce

Ma Gesù dice apertamente che seguirlo “significa anche ‘portare la croce’: come Lui, farsi carico dei pesi propri e dei pesi degli altri, fare della vita un dono, non un possesso, spenderla imitando” il suo amore generoso e misericordioso per noi. Sono “scelte che impegnano la totalità dell’esistenza”, chiarisce il Papa, e per questo Gesù invita a non anteporre nulla a questo amore, né “gli affetti più cari” né “i beni più grandi”. E per questo occorre “guardare a Lui più che a noi stessi, imparare l’amore, attingerlo dal Crocifisso”, lì dove esso “si dona fino alla fine, senza misura e senza confini”. Perchè “la misura dell’amore è amare senza misura”. Francesco attinge agli insegnamenti di Papa Luciani per far comprendere che l’amore di Dio per gli uomini “non si eclissa mai dalla nostra vita, risplende su di noi e illumina anche le notti più oscure”, Giovanni Paolo I diceva infatti che “siamo oggetto da parte di Dio di un amore intramontabile”.

E allora, guardando al Crocifisso, siamo chiamati all’altezza di quell’amore: a purificarci dalle nostre idee distorte su Dio e dalle nostre chiusure, ad amare Lui e gli altri, nella Chiesa e nella società, anche coloro che non la pensano come noi, persino i nemici. Amare: anche se costa la croce del sacrificio, del silenzio, dell’incomprensione, della solitudine, dell’essere ostacolati e perseguitati. Amare così, anche a questo prezzo, perché – diceva ancora il beato Giovanni Paolo I – se vuoi baciare Gesù crocifisso, “non puoi fare a meno di piegarti sulla croce e lasciarti pungere da qualche spina della corona, che è sul capo del Signore”.

Vivere la vita fino in fondo, non a metà

Occorre puntare in alto, rischiare, non accontentarsi “di una fede all’acqua di rose”, esorta il Papa, perché “se per paura di perderci, rinunciamo a donarci” lasceremo incompiute “le relazioni, il lavoro, le responsabilità che ci sono affidate, i sogni, e anche la fede”, e finiremo col vivere a metà e “senza fare mai il passo decisivo, senza decollare, senza rischiare per il bene, senza impegnarci davvero per gli altri”. E invece, sottolinea Francesco, Gesù ci chiede di vivere il Vangelo, perché solo così si potrà vivere una vita fino in fondo. Senza compromessi. Che è quello che ha fatto Albino Luciani.

Preghiamo questo nostro padre e fratello, chiediamo che ci ottenga “il sorriso dell’anima”, quello trasparente, quello che non inganna: il sorriso dell’anima; chiediamo, con le sue parole, quello che lui stesso era solito domandare. E diceva così: “Signore, prendimi come sono, con i miei difetti, con le mie mancanze, ma fammi diventare come tu mi desideri”.

Quando Francesco conclude l’omelia la pioggia è totalmente cessata. Le parole del Papa, a suggello degli insegnamenti di Giovanni Paolo I, regalano un senso di pace. L’esempio limpido di fede di Albino Luciani, quella semplicità che lo rendeva vicino alla gente, appaiono mete possibili per tutti. La liturgia prosegue e le nuvole cominciano a diradarsi. Viene consacrata l’Eucaristia, quell’offerta totale a Dio di Cristo che Papa Luciani ha incarnato è vivida. In maniera composta, tra i fedeli, si snodano sacerdoti e diaconi per distribuire le particole. Prima di terminare la Messa Francesco recita l’Angelus e invita a pregare Maria per la pace nel mondo e in Ucraina. E intanto, in piazza San Pietro, fa capolino il sole. Il Pontefice sale sulla papamobile e percorre i viali tra i posti a sedere nell’emiciclo del Bernini e lo salutano centinaia di pellegrini. Ora la giornata è totalmente cambiata, le nuvole sono sparite e hanno fatto spazio ad un celeste cielo terso e pulito.
E dalla Basilica Vaticana continua a sorridere il beato Giovanni Paolo I.

Papa Francesco a bordo della papamobile

Guarda il video integrale della Messa di beatificazione di Giovanni Paolo I : 

https://youtu.be/8EV_35EHYwA

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