“MUSEO DEA”, NEI SASSI SCOPERTE IN CANTIERE
Matera, il ritrovamento di Cronache: rinvenuto un coccio d’anfora e selci, reperti dell’antica civiltà rupestre
Nel cuore dei Sassi, nella loro parte più antica è in corso d’opera la realizzazione della cosiddetta ‘Dea’, il ‘Museo Demo-Etno-Antropologico di Matera’. Ma a ben guardare le enormi tubature nere che spuntano dal cantiere, sembrano proprio i tentacoli di un essere mitologico che tenta di avviluppare e stritolare il fragile banco di calcarenite nel quale ha vissuto per millenni una delle civiltà rupestri più antiche al mondo.
I tubi guaina sono davvero tantissimi e si diramano proprio come tentacoli lungo tutto il percorso di quello che sarà il ‘Museo Dea’. Probabilmente le migliaia di cavi che questi tubi conterranno serviranno per le connessioni tecnologiche e informatiche di cui il nuovo museo sarà dotato, ma non saranno un po’ troppe e un pò troppo invasive rispetto a un’area che dopo tutto è censita come sito archeologico?
Raggiungendo una maggiore profondità di scavo, poi, le grandi tubature si intersecano con le condutture fognarie, dell’acqua e i pozzetti di pescaggio. Impianti necessari, ma non saranno ancora una volta eccessivi considerando che essi giacciono proprio sopra un importante e antico cimitero medievale le cui tombe sono ben visibili e probabilmente circondate da reperti archeologici? Questa zona del rione del Casalnuovo rappresenta inoltre uno dei più importanti sviluppi progettuali e attuativi della legge 771 del 1986 che previde il recupero dei Sassi. E qui, in realtà al posto dell’accantonato museo ‘Dea’, un progetto quest’ultimo concepito già nella seconda metà degli anni ‘50, dai professori Mazzarone e Padula, si era invece pensato più di recente di realizzare il ‘Parco della storia dell’uomo – Museo della civiltà contadina’. Ma, dopo una battaglia argomentativa e storiografica, basata su evidenze e documenti del passato, Cronache è riuscita, mediante articoli e servizi televisivi a persuadere gli artefici istituzionali del nuovo progetto a riconsiderare l’idea di tornare a chiamarlo ‘Museo Dea’ e infatti con delibera comunale di Giunta dello scorso marzo l’originaria denominazione è stata ripristinata. Ma Cronache ha continuato a monitorare l’evoluzione del cantiere del museo ‘Dea’ che come detto è collocato in una delle più antiche zone archeologiche di Matera e proprio vicino l’antico Convicinio di Sant’Antonio. Ebbene proprio qui, in prossimità del cimitero medievale, sparsi sul terreno si rinvengono tranquillamente dei cocci probabilmente il manico di un anfora chiaramente non del periodo greco classico e senz’altro molto più recenti, ma di certo sono reperti da custodire e catalogare, come anche una punta di selce e minuscoli frammenti di terracotta che ci riportano tutti a un’epoca in cui questa zona dei Sassi era frequentata.
In attesa dunque che i lavori di realizzazione del ‘Museo Dea’ vengano realizzati e nel migliore dei modi, e pur confermando l’importanza della tecnologia che caratterizzerà tale innovativo sito museale, forse è davvero giunto il momento, come stabiliscono i documenti ufficiali attuativi del museo Dea, – Di eseguire un approfondimento del percorso narrato dal punto di vista scientifico- e di attivare ora più che mai il previsto -Dialogo inter-istituzionale tra Amministrazione comunale, Museo nazionale ridola e la Direzione Generale Musei presso il Ministero della Cultura che di archeologia urbana se ne intendono!-