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I BENEFICIARI DEL RMI: «ANDIAMO AVANTI A PROROGHE MA CHIEDIAMO STABILIZZAZIONE, È UN ATTO DI DIGNITÀ»

L’intervista con alcuni rappresentanti che si fanno portavoce delle istanze e delle richieste di tutta la categoria. L’appello alla Regione Basilicata: «Si faccia chiarezza in Consiglio. Crediamo sia doveroso da parte di tutti darci un’identità»

Si affidano alle colonne di Cronache alcuni dei beneficiari R.M.I, reddito minimo di inserimento – Regione Basilicata, che contattandoci, chiedono di dare voce ai loro reclami e alle loro problematiche: ci raccontano di «vivere in una situazione di precariato al quanto sconcertante». Abbiamo così raccolto, nel rispetto dell’anonimato richiesto, la loro testimonianza, le problematiche raccontate ed il loro appello alla Regione.

Andiamo per ordine, quando inizia la vostra storia?

«Correva l’anno 2015 e fummo selezionati tramite un avviso pubblico della Regione Basilicata (dipartimento presidenza) con D.G.R n. 977 del 28 luglio. Categoria B. Vi erano infatti due categorie A e B: la categoria A fu stabilizzata presso i Consorzi di forestazione per vie vantaggiose, dovute al fatto che facevano parte della categoria dei disoccupati che aveva perso il lavoro da poco tempo, mentre la categoria B (noi) fu selezionata come inoccupati (cosa che siamo ancora oggi dopo 5 anni)».

 Cosa chiedete oggi?

«Fatta questa premessa, iniziamo dicendo che ciò che stiamo chiedendo è una stabilizzazione visto le risorse PNRR che stanno arrivando, stile fiume in piena. Chiediamo questa stabilizzazione perché all’origine questo progetto doveva essere da supporto agli impiegati, ma in sostanza non lo è mai stato, dal primo giorno abbiamo sostituito i dipendenti pubblici, data la mancanza di organico nel comuni lucani. Ovviamente con il passar del tempo siamo diventati indispensabili per la macchina amministrativa, sia per quanto riguarda i manutentori esterni che per i collaboratori amministrativi».

Come si è evoluta poi la situazione dopo il 2015?

«Dal 2015 andiamo avanti a proroghe, prestiamo servizio dalle 76 ore alle 80 ore mensili, per un compenso di 550 euro al mese, e credo che qualunque referente beneficiario R.M.I potrebbe confermare che le mansioni e le funzioni svolte da noi sono molteplici».

In questi anni quali sono state le richieste che avete avanzato e le problematiche sollevate?

«Dopo cinque anni cerchiamo una stabilizzazione vera, lavoriamo senza contratto ma è un atto unilaterale, senza contributi e il compenso che prendiamo è inferiore alle ore svolte. Poi c’è la questione del certificato medico che giustifica l’assenza per una giusta causa, anche se consegnato al Dirigente non permette secondo avviso pubblico che giustifichi le assenze, quindi i giorni di malattia non sono retribuiti (Covid19 compreso), lascio immaginare con quanta ansia si vive per non perdere un giorno di lavoro. Addirittura in alcuni comuni è stato imposto il badge. Costretti sotto ricatto a lavorare anche nei giorni di festa o a cercare compromessi da parte dell’amministrazione verso il beneficiario. Inoltre i nostri cinque anni di servizio presso la pubblica amministrazione non maturano nessun titolo di punteggio, ne ai fini di concorsi pubblici ne aventi diritto ad eventuali di assunzione. Anche qui l’avviso pubblico regionale lo permette».

Il vostro è un appello che lanciate forte alla Regione Basilicata. Cosa chiedete?

«Chiediamo alla Regione Basilicata che venga fatta chiarezza in Consiglio regionale e di modificare le linee guida del progetto, perché è davvero surreale che dopo anni di sbattimento la nostra dignità venga ammazzata in maniera crudele e poco ortodossa. Chiediamo che si debbano mettere i Comuni in condizione di dare precedenza a noi progettisti, da anni in servizio presso l’Ente, prima di effettuare una chiamata diretta a partita Iva. La Regione prenda atto che i Comuni stanno dando i servizi, sia amministrativi interni e sia esterni, ad aziende private o a liberi professionisti abilitati con partita Iva, senza tenerci in considerazione dopo anni che si lavora in queste condizioni e dopo aver acquisito anche competenze a riguardo nelle varie aree di lavoro. In sostanza, dopo anni di lavoro regalato ai Comuni e di sfruttamento, stiamo assistendo ad un sorpasso in doppia corsia autorizzato e sfruttando le risorse del PNRR, amici di amici e noi da beneficiari dobbiamo spiegare anche il lavoro da svolgere ai nuovi arrivati. Chiediamo dunque che nel mentre si cerca una soluzione al problema della stabilizzazione, si riunisca il Consiglio regionale e si modifichino le linee guida, che si modifichi il regolamento di questo progetto e soprattutto che ci sia una data ben precisa che indichi il giorno, mese e anno, perché sono anni che andiamo avanti in questo modo e crediamo sia doveroso da parte di tutti darci un’identità oltre che dignità. Dicono che non siamo nella categoria dei lavoratori, però poi impartiscono ordini e pretese. La verità è che la Regione ci ha dato in pasto ai leoni, sono complici entrambi. Chiediamo pertanto solo ciò che dovrebbe essere scontato»

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