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PD, DIO NON SALVA LA REGINA

Finisce la breve e rocambolesca esperienza del giovane segretario: dopo Roma, perde pure la Basilicata.

Alle 17 il segretario La Regina inizia a parlare. A porte chiuse senza stampa e esterni. Come chiuso in una sorta di castello di Kafka. Regola d’ingaggio diversa da quella della Direzione nazionale che ha deciso di trasmettere tutto in streaming, anche se l’ascolto a Roma è stato basso con non più di 1700 collegati. Fuori piove e tutti sanno che è pronta la mozione di sfiducia da far discutere all’Assemblea. Una sorta di plotone d’esecuzione con 35 firme che ha deciso di contestare l’alto tradimento al suo comandante in capo. L’annuncio di La Regina secondo schema classico arriva dopo l’analisi internazionale e nazionale: «Rimetto il mio mandato a disposizione della Direzione regionale, dell’Assemblea regionale da tenersi aperta che potrà decidere come andare avanti tenendo conto del processo nazionale ed evitando forzature di sorta, in quanto non esiste nessuna volontà di ostacolare i processi ma si agisce sempre e comunque negli interessi esclusivi di una comunità politica». Non sono dimissioni, ma martedì 11 ottobre 2022 Primo Piano 5 www.lecronache.info poco manca alla semantica considerato il documento di sfiducia presentato da Cosimo Muscaridola esperto mossiere di questioni interne. Un ordine del giorno da Gran Consiglio del 25 luglio 1943 firmato da ben 35 big del Pd lucano che controllano circa due terzi delle tessere. E i nomi sono blasonati a partire dai parlamentari uscenti Salvatore Margiotta e Vito De Filippo, assente alla Direzione e che dal post scrutinio delle politiche per il rinnovo del Parlamento sta mantenendo un profilo basso, e poi a scendere per i rami gerarchici del gotha democratico. Si fa prima a dire che il segretario regionale ha truppe molto ridotte al suo fianco. Documento secco e stringente nelle accuse ad una gestione sbagliata dei mesi recentemente trascorsi sul filo del rasoio perenne. Dura la reprimenda sulle colpe e le omissioni personali: «Riteniamo che il segretario La Regina abbia una responsabilità che va oltre l’esito del voto e che riguarda il fatto di avere nascosto al partito regionale, fino all’ultimo minuto, la sua candidatura umiliando così l’intero gruppo dirigente che gli aveva affidato un mandato preciso». E si rincara la dose nel racconto di sfiducia: «Il segretario ha consapevolmente deciso di subire le scelte sbagliate del partito nazionale che ha approvato le liste disattendendo i criteri che lo stesso aveva definito nel Regolamento per le candidature; non abbiamo registrato alcuna sua dichiarazione la sera della composizione delle liste, né alcuna difesa della mancata rappresentanza di genere di cui pur si era fatto garante e, infine, cosa ancor più grave, ha sacrificato l’unità del partito per non compromettere il suo posto in lista. Non si deve inoltre dimenticare il preciso mandato di tornare in direzione in caso di modifiche alla rosa dei nomi approvata nella direzione regionale di fine luglio, mandato disatteso colpevolmente dal segretario». Insomma l’accusa è quella di alto tradimento. E non finisce qui quando si rincara la dose sul fatto che «dopo la rinuncia alla sua candidatura, inoltre, abbiamo dovuto assistere ad un Segretario regionale che ha lasciato le chiavi del partito, abbandonando non solo la sede dello stesso ma i compagni e gli amici che sono stati costretti ai salti mortali per comporre e chiudere la lista del partito, scongiurando l’imminente e pericolosissimo rischio di non presentarla affatto». Sul punto La Regina ha dato la sua versione di parte che pubblichiamo integralmente (vedi pagina a lato) per potere confrontare le due versione dei fatti. Dal fronte dei ribaltatori per non far mancare nulla a La Regina è stata contestata anche anche la vittoria della Provincia di Potenza rubricata a una sorta di delirio da uomo solo al comando che s’intesta da solo un successo di molti. Il prima del contendere da parte del segretario era stato disquisire con lessico attrezzato di Biden, della pace, esaltare Mattarella e il Papa. Attestazione di stima ad Amendola per il suo ruolo a Praga, ma il diretto interessato sulle contese locali ha preferito rivestire il ruolo di ospite inatteso non sporcandosi le mani in questione locali. La Regina ha adoperato le vicende dell’Iran per lodare la defenestrata Lucia Sileo, già in mattinata da lui omaggiata su Twitter per essersi tagliata una ciocca di capelli. Nella relazione di La Regina anche strali a Moles e Casellati dati per certi rappresentanti del Governo Meloni: «Nessuno dei due ha speso mezza parola per i preoccupanti fatti di Basilicata» Con passaggio anche per «la sanità, una ferita aperta da molto tempo»; pur se con garantismo la vicenda Piro è stata invece apostrofata dal celebre detto di Peppino Impastato «la mafia è una montagna di merda» che per sillogismo ha dato del mafioso all’ex capogruppo di Forza Italia. Quasi niente dibattito. Una sorta di de profundis per La Regina che aspetta il verdetto dell’assemblea a breve. È nelle chat gia’ si sentenzia con pasquinata meridionale, come quella di chi ha scritto: «Pd Basilicata a chi aspiette stasera? Nun ‘o vide, aggio aperta ‘a cajola La Regina è vulata, e tu vola bola e canta, nun chiagnere ccà t’he’ ‘à truvà ‘na patrona sincera ca è cchiù degna ‘e sentirte ‘e cantà».

Di Paride Leporace

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