IL PERIMETRO DELLE NOTIZIE GIUDIZIARIE
L’approfondimento
La notizia di ieri rispetto all’inchiesta giudiziaria che scuote le fondamenta della politica lucana è che l’ex capogruppo di Forza Italia, Francesco Piro, ha lasciato il carcere per tornare a casa agli arresti domiciliari. Nonostante la richiesta conferma della misura da parte dei Pm competenti, il Gip dimostrando serenità di giudizio ha accolto in parte le motivazioni dell’avvocato Sergio La Penna, difensore di Piro, ritenendo non ci fossero esigenze per la custodia cautelare in prigione. Per i colpiti da provvedimenti sono arrivati altri ridimensionamenti. All’assessore regionale Cupparo e al consigliere regionale Leone sono stati revocati gli obblighi di dimora a Francavilla in Sinni e Policoro ma resta valido il divieto di dimora a Potenza, con le conseguenze politiche ben note. Mentre all’ingegnere Giuseppe Spera è stato revocato il divieto di dimora a Potenza ma viene confermata l’interdizione dai pubblici uffici. Resta ai domiciliari il sindaco di Lagonegro, Maria Di Lascio, sospesa dalle sue funzioni. Il dato dimostra che la clamorosa inchiesta della Dda è ancora in una fase iniziale orientata ad appurare e verificare molto sulle persone coinvolte. Bene sempre sarebbe non eccedere nella detenzione preventiva, soprattutto per persone incensurate. Nella mia trasmissione “Oltre il giardino” e nella mia pillola quotidiana “Il giudizio di Paride”, colgo l’occasione per ringraziare il direttore Maria Fedota e l’editore Giuseppe Postiglione per la totale autonomia organizzativa che mi si concede, ho sempre ribadito che tutte le persone coinvolte devono essere considerate degli innocenti in attesa di processo. È una posizione garantista che difendo per cultura di appartenenza e anche esperienza sul campo. Osservo che il clima giustizialista si è molto affievolito nel corso del tempo. Anche gli stessi Cinque stelle, ho avuto ospite il senatore Lomuti, hanno molto rivisto il loro antico populismo giudiziario. Ho cercato di avere in trasmissione esponenti del mondo legalitario, protagonisti di trascorse stagioni politiche e giudiziarie, ma incontro difficoltà ad avere la loro posizione pubblica. È in corso un revisionismo sfiduciato su questo versante. Lo ha scritto anche don Marcello Cozzi, protagonista di quelle stagioni, in un recente documento in cui si legge: «Si resta a corto di parole, con il rischio di essere sopraffatti dallo sconforto di chi pensa che le consolidate logiche del sistema Basilicata avranno sempre la meglio su chi sogna un radicale cambiamento e spera in una regione finalmente libera dai vincoli clientelari». Analisi che meritano ulteriori approfondimenti. Il ruolo del giornalista nell’epoca digitale è cambiato e non sempre in peggio come qualcuno dice. Il lettore e chi ti segue in video è ormai in contatto diretto e personale attraverso social e servizi di messaggistica con chi scrive articoli o conduce trasmissioni televisive. Tra chi ha la bontà di ritenere utile la mia narrazione, ho ricevuto molte sollecitazioni e qualche reprimenda per non aver fatto mai cenni e approfondimenti su aspetti estranei alla recente ordinanza sulle vicende di Lagonegro e Potenza e che riguardano amicizie dei coinvolti con politici illustri, episodi collaterali ritenuti dagli inquirenti non utili alle indagini, aspetti privati come incontri e riunioni, pensieri in libertà su Tizio o Caio. Premesso che ogni testata giustamente pubblica quello che ritiene utile alla sua linea editoriale d’informazione assumendosene rischi e onori, personalmente da tempo adotto un metro diverso di valutazione. Per esperienza e cultura ormai non cerco e non considero utili come un tempo fonti documentali rimaste fuori dell’inchiesta e che spesso fanno parte delle informative di servizio accluse nei documenti collaterali ai provvedimenti di custodia cautelare. Il perimetro delle notizie può benissimo stare tra i lati ben definiti dell’ordinanza. Ampliato solo da fatti che diventano rilevanti nel dibattito pubblico per varie circostanze. Come giornalista mi sono formato guardando all’esperienza dei pistaroli degli anni Settanta quando le controinchieste avevano il compito di smentire tesi dell’accusa che vedevano gli anarchici autori di stragi; chi ha i capelli bianchi ricorderà il giovane Bruno Vespa an- nunciare in diretta al telegiornale dell’epoca che Pietro Valpreda il mostro era stato preso. Anni dopo ne abbiamo constatato l’innocenza. Mani Pulite portò invece la gran parte del giornalismo italiano a sedersi, spesso passivamente, sulle posizioni dell’accusa, perdendo senso critico e terzismo, a volte rischiando di trasformare i giornalisti in semplici passacarte. Quando ho iniziato ad avere responsabilità di direzione di giornali, ho fatto mia la massima di un mio maestro, invitando il cronista di giudiziaria a mettere virtualmente il proprio nome al posto della persona che stava mettendo in pagina, per valutarne meglio l’impatto mediatico. Un buon antidoto, non risolutivo, ma spesso utile. Non in modo definitivo. Ho spinto anch’io in passato sul pedale delle accuse, premurandomi sempre del diritto di replica, ma non frenando a volte il processo mediatico dei grandi titoli e cavalcando l’indignazione sociale che colpiva il potente di turno. Maturando nel tempo l’esperienza professionale raggiunta ho constatato che questo tipo di informazione poteva essere sbilanciata. Ho rafforzato ancora di più questi convincimenti anche in seguito a delle mie vicende personali. Da direttore della Film Commission, mi sono ritrovato con il mio nome pubblicato su giornali con titoli a caratteri cubitali nell’ambito di vicende totalmente estranee a qualunque mia responsabilità, non avendo mai ricevuto nessuna comunicazione giudiziaria, e faticando non poco a recuperare nel corso del tempo l’avvenuta archiviazione nei miei confronti. Altro che sostituire il mio nome con quello dell’indagato, ho vissuto sulla mia pelle cosa significa la gogna mediatica senza aver commesso il fatto. Una riflessione finale sulla riforma Cartabia che doveva riparare a queste disfunzioni. Una toppa peggiore del buco, fatta passare in silenzio da Ordine dei giornalisti e sindacati dei giornalisti, che poco ha risolto per scarsa chiarezza di norma e per variegata applicazione. Si spera che il nuovo Parlamento sappia porvi rimedio salvaguardando diritto di cronaca e rispetto della persona come avviene in tutti i paesi normali.
Di Paride Leporace