L’ETICA E L’ESTETICA POLITICA: BOOMERANG
Regione.
Nella storia della politologia italiana c’è un intellettuale dimenticato, quasi mai citato che risponde al nome di Piero Gobetti. Gobetti fu un autentico antifascista che analizzò il fascismo come vizio degli italiani e, soprattutto, ne esplorò la sua vocazione totalitaria nella negazione della contrapposizione ideale, nel suo voler tenere insieme tutto e il contrario di tutto, nel voler essere contemporaneamente destra e sinistra. Le origini di questo male politico Piero Gobetti le ritrova nel trasformismo di De Pretis, il quale «inaugurò la prassi del trasformismo, che snaturava la lotta politica con la ricerca di maggioranza ottenute a qualunque prezzo e che assorbivano in sé con disinvoltura uomini di qualunque schieramento, annullando in pratica la dialettica governo – opposizione indispensabile ad una vera democrazia». Nella terra degli inciuci, del trasformismo, del compromesso ad ogni costo è chiaro il motivo per il quale Gobetti è fuori dal dibattito politico. Egli addita il male morale alla base del fascismo nella vocazione al compromesso e identifica la democrazia liberale nella difesa della contrapposizione, nella dialettica netta e definita tra maggioranza e opposizione.
LA LEZIONE È ANCORA ATTUALE?
Nella polemica politica di questi giorni, sia in campagna elettorale che dopo l’affermazione della destra di Giorgia Meloni, si è riaccesa nel dibattito politico soprattutto a sinistra, il dibattito sull’antifascismo. Un antifascismo, però, che si riduce ad un manierismo barocco che pretende l’eliminazione delle fotografie, l’attenzione ai gesti e alle parole, la censura delle liturgie folkloristiche e non va al nodo del problema. Una democrazia liberale si nutre di una netta contrapposizione dialogica. La maggioranza governa, l’opposizione si oppone. Una dicotomia semplice, la cui mancanza trasforma una democrazia liberale in un totalitarismo morbido, in una situazione politica in cui manca l’alternativa e l’alternanza, nella quale i confini di diluiscono e scompaiono. La categoria politica gobettiana si svela in tutta la sua interezza in questa stagione del Consiglio Regionale e, chi crede che non sia giusto confondere le piccole e le grandi cose, dovrebbe ricordare che la corruzione morale che determina il compromesso permanente ed oscura la nitidezza dei confini del confronto politico parte dalle piccole cose e ognuno di noi è chiamato ad assurgere a compiere una scelta chiara e netta nella propria funzione. Davanti all’inchiesta che sta sconvolgendo la maggioranza di centrodestra, innanzi alle dimissioni dei Consiglieri Regionali, alle loro sospensioni dal Consiglio, ai litigi interni alla maggioranza, l’opposizione si trova davanti ad un bivio che determinerà non soltanto la sua reale intenzione di rispettare la politica ma anche la sua piena adesione ad un modello di democrazia liberale nella quale maggioranza e opposizione sono l’una nettamente alternativa all’altra. Venerdì si riunisce il Consiglio Regionale che dovrà prendere atto delle dimissioni ed effettuare le surroghe ed ascoltare la relazione del Presidente della Giunta sulla situazione politica anche a seguito delle vicende giudiziarie. Il numero legale per poter iniziare i lavori, stante le sospensioni di Piro, Cupparo e Leone consiste in dieci consiglieri regionali. La minoranza abbia la consapevolezza che il suo ruolo non è quello di sostenere la maggioranza e Bardi la smetta di cercare sostegno dall’altra parte della barricata. L’aiuto che elimina le differenze costituisce la negazione della democrazia liberale, elimina la logica dell’alternanza, crea quel luogo di corruzione morale denunciato da Gobetti come il brodo di coltura del fascismo. La maggioranza faccia la maggioranza, l’opposizione faccia l’opposizione.
LE POSIZIONI IN CAMPO
Mentre il Generale cerca strade per allargare la maggioranza, le posizioni all’interno dell’opposizione risultano quanto mai articolate. Il Movimento Cinque Stelle ha sposato fino in fondo la dicotomia della democrazia liberale e si è dichiarata disponibile a depositare la mozione di sfiducia chiedendo ai colleghi dell’opposizione di sottoscriverla con loro. Le altre aree della minoranza per ora tacciono. Il Partito Democratico che a Roma sventola la vittoria della Destra come fine della democrazia, a Potenza sembra preferire che la destra continui a governare, non sottoscrive la mozione di sfiducia e non fa dichiarazione, anzi, in maniera piuttosto surreale mentre tace sulla sfiducia a Bardi indagato, si prepara a sfiduciare La Regina in un’ottica tutta partitocratica nella quale i bisogni della gente e la visione della politica scompare. Mario Polese, a nome di Italia Viva, dal canto suo è stato molto chiaro e preciso a “Oltre il Giardino”, specificando che non è sua intenzione utilizzare l’indagine contro la maggioranza ma il Governo deve essere autosufficiente. Tace ancora Trerotola ma questo non ci meraviglia. Se le posizioni in campo sono autentiche, almeno al momento della surroga dei Consiglieri dimissionari e all’accettazione delle dimissioni, l’opposizione non dovrebbe presentarsi in Consiglio Regionale in modo da verificare la sussistenza della maggioranza in Aula e la sua autosufficienza. Se il capo cosparso di cenere di Cariello verso Zullino e Vizziello ha conseguito il suo risultato la maggioranza ha il numero legale per procedere all’accettazione delle dimissioni e delle surroghe, se tutto ciò non è avvenuto il Consiglio Regionale ha smesso di esistere. È un modo chiaro anche per far assumere a tutti la propria responsabilità, per delineare in modo definitivo i confini e i contorni di maggioranza e opposizione e per far emergere la dicotomia necessaria per una democrazia liberale. Dal giorno dopo, se l’opposizione farà il suo dovere, noi sapremo definitivamente se Vizziello e Zullino sono parte della maggioranza e della Lega e a che prezzo. Se l’opposizione, invece, coprendosi dietro qualsivoglia alibi si prestasse al gioco di tenere in piedi il numero legale in Consiglio regionale, la sua posizione sarebbe quella di chi nega in nuce una visione liberal democratica per rivolgere la sua fascinazione verso il compromesso permanente e il potere che non conosce opposizione. Insomma, l’antifascismo non si costruisce abbattendo statue e togliendo fotografie ma dimostrando la propria adesione ad un sistema liberal democratico di alternanza. L’opposizione in questo è alla prova del nove, alla definitiva prova della verità.
ETICA ED ESTETICA DELLE ISTITUZIONI
Ovviamente non meno complessa è la situazione della maggioranza. Il Presidente e due assessori regionali sono e restano indagati, sono indagati per reati gravi. Non è nostra abitudine mettere in discussione la presunzione di non colpevolezza ma questo non può essere l’alibi per eliminare la discussione politica sui comportamenti. La presunzione di non colpevolezza riguarda il processo. Bardi, Fanelli e Zullino sono da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva. Questo non elimina la questione etica. È corretto che nessuno della maggioranza prenda posizione sul fatto che il Generale abbia utilizzato il sistema sanitario, i tamponi in modo presuntamente irregolare. Al di là di ogni valutazione giudiziaria, è possibile che la maggioranza non abbia niente da dire su quanto è accaduto? È perfettamente lecito ritenere che “politicamente” quanto fatto dal Generale sia eticamente corretto ma la maggioranza qualcosa sul punto ha intenzione di dirla? Quanto accaduto all’Ospedale San Carlo, il posizionamento nella vicenda Barresi, le intercettazioni che vedono gli assessori agire in tutti i modi per poter togliere un Direttore Generale scomodo, al di là di ogni valutazione penale sull’eventuale sussistenza di un reato, rientrano nella prassi politica della maggioranza? Sono azioni condivise dai partiti che sostengono Bardi? Sono temi politici per affrontare i quali nessuno può nascondersi dietro il dito del garantismo. Sono tutti innocenti fino a sentenza definitiva ma i fatti sono accaduti. Questi fatti sono propri dell’etica e dell’estetica istituzionale della maggioranza o no? Problemi politici che nulla hanno a che vedere con le vicende giudiziarie ma che non possono essere trascurate. L’etica politica è una questione troppo seria per lasciarla soltanto ai magistrati.