LUCIANA BORSATTI : “L’IRAN AL TEMPO DELLE DONNE”
La giornalista Luciana Borsatti, esperta delle vicende iraniane degli ultimi decenni, proporrà una chiave di lettura degli eventi in corso, un approfondimento delle motivazioni che sono alla base delle proteste e delle prospettive future per la società iraniana
Giovedì 27 Ottobre a Potenza
presso la libreria Ubik in Via Pretoria, alle ore 18,30 si svolgerà
“L’Iran al tempo delle donne”
un incontro con la giornalista Luciana Borsatti che è stata inviata dell’ANSA in Iran ed autrice dei libri “L’Iran ai tempi di Biden” e “L’Iran al Tempo di Trump”, due affreschi politici e sociali del Paese negli anni delle due presidenze della Casa Bianca
Infatti le drammatiche notizie che ormai da settimane provengono dall’Iran sulla violenta repressione delle proteste delle donne iraniane, a seguito della morte della Signora Masha Amini, non possono lasciarci indifferenti per il trattamento brutale e repressivo adottato dalla polizia nei confronti dei manifestanti.
Di fronte a questa situazione la Fondazione Città della Pace per i Bambini Basilicata
fondata dal Premio Nobel per la Pace Betty Williams
ritiene che sia importante conoscere quanto accade in Iran e manifestare la solidarietà alle persone che in questi giorni stanno continuando a protestare.
Per questo è stata invitata la giornalista Luciana Borsatti, esperta delle vicende iraniane degli ultimi decenni, che proporrà una chiave di lettura degli eventi in corso, un approfondimento delle motivazioni che sono alla base delle proteste e delle prospettive future per la società iraniana.
Parteciperanno all’incontro :
Margherita Perretti – Presidente della Commissione regionale Pari Opportunità Basilicata
Paolo Pesacane – Presidente Arci Basilicata e Pegah Moshir Pour -attivista e content creator sui diritti civili e digitali
L’ingresso è libero fino all’esaurimento dei posti disponibili e si invita a partecipare all’incontro quanti vogliano testimoniare attivamente la loro solidarietà alle donne iraniane ed il ripudio per la violenza.
info: www.cityofpeace.it – info@cityofpeace.it
Mobile: +39 3338363473
LUCIANA BORSATTI :
“”In generale, sembrano strani questi formalismi sulla vendita di armi da parte di Teheran in violazione della risoluzione Onu che recepiva, l’accordo sul nucleare ormai da quattro anni violato dagli Usa.
Detto questo, entrando nel merito, questo articolo precisa che l’embargo sulle armi all’Iran, già scaduto nell’ottobre 2022, prevedeva che la stessa limitazione alle vendite (e agli acquisti) di armi da parte dell’Iran scadesse solo nel 2023 per missili balistici e alcuni tipi di droni.
Quindi formalmente la reimposizione delle sanzioni Onu avrebbe senso, e comporterebbe nei fatti un crollo definitivo degli ultimi brandelli di Jcpoa ancora in piedi.
(… ) L’affermazione di Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti secondo cui le presunte vendite di droni iraniani alla Russia violano la risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU si riferisce al divieto di esportazione di armi che non è ancora stato revocato dal testo del 2015.
La risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza dell’ONU ha imposto la revoca dell’embargo sulle armi all’Iran nell’ottobre 2020, che l’ex amministrazione Donald Trump (2017-21) ha contestato senza successo.
Tuttavia, la revoca dell’embargo sulle armi all’Iran esclude i missili balistici e alcune categorie di droni fino a ottobre 2023.
Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti probabilmente credono che l’Iran stia violando questa clausola della risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Il futuro: data la crescente ricerca della Repubblica Islamica della sua dottrina “guardare a est“, sembra improbabile che l’Iran invertirà la rotta sulla cooperazione militare con la Russia.
D’altra parte, vista la loro attenzione sulla guerra in Ucraina, l’Europa e gli Stati Uniti non prenderanno con leggerezza alcun sostegno militare a Mosca.
L’attivazione europea del meccanismo di “snapback” del JCPOA – che è improbabile almeno nel prossimo futuro – significherebbe probabilmente la fine formale dell’accordo nucleare del 2015.
L’Iran ha in passato avvertito che un ritorno delle sanzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU avrebbe innescato la sua uscita non solo dall’accordo nucleare, ma anche dal Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP)
Con le elezioni legislative di metà mandato negli Stati Uniti dietro l’angolo, l’Iran e l’occidente potrebbero aspettare importanti misure escalatorie, poiché i colloqui diplomatici per rilanciare il JCPOA dovrebbero riprendere già alla fine di novembre.””
ACCORDO JCPOA E SANZIONI
Gli Usa chiedono lo “snapback” contro l’Iran, ma l’Europa resiste
Mentre l’accordo Jcpoa
(Joint Comprehensive Plan of Action)
con l’Iran del 2015 segnò uno dei momenti più alti della cooperazione tra gli Stati Uniti e l’Unione europea; il ritiro dell’amministrazione Trump dall’accordo medesimo è divenuto invece un’istanza di divisione transatlantica.
A partire dal 2003 i Paesi E3 (Francia, Germania e Regno Unito; l’Italia non vi si associò) iniziarono a negoziare, insieme agli Stati Uniti, per il raggiungimento di una soluzione epocale alla crisi nucleare iraniana. Nel 2016 subito dopo l’elezione del presidente Trump, il Consiglio europeo si affrettò a ribadire “il suo risoluto impegno nei confronti del Jcpoa e la volontà di sostenerne la piena ed efficace attuazione, anche mediante la revoca delle sanzioni economiche e finanziarie in campo nucleare”. Allo stesso tempo l’allora Alto Rappresentante dell’Ue per la politica estera e di sicurezza Federica Mogherini assicurò che l’accordo “non è un’intesa bilaterale tra Stati Uniti e Iran. È un accordo multilaterale che abbiamo tutti negoziato”.
Europa umiliata da Trump
L’Europa scoprì ben presto che il proprio “risoluto impegno” a revocare le sanzioni nei confronti dell’Iran sarebbe stato impossibile da attuare poiché gli Stati Uniti, oltre a reintrodurre le sanzioni contro l’Iran, applicarono “sanzioni secondarie” contro i Paesi che desideravano continuare a rispettare i loro impegni nell’ambito Jcpoa. L’applicazione di sanzioni americane persino ai propri alleati fu una profonda umiliazione per gli Stati europei: non solo veniva loro impedito di rispettare i propri impegni, ma dovettero rinunciare a promettenti commesse industriali, commerciali e finanziarie con Teheran. Essi tentarono di aggirare questi ostacoli ponendo in essere uno strumento finanziario a sostegno degli scambi commerciali (Instex).
Ad oggi questo meccanismo non è riuscito ad aggirare efficacemente la “massima pressione” esercitata sull’Iran dall’amministrazione Trump. Quest’ultima a sua volta in quattro anni non è stata in grado di realizzare la preannunciata sostituizione del “peggior accordo mai negoziato” con un’intesa alternativa al Jcpoa. Essa ha invece aperto la strada ai suoi concorrenti cinesi e russi nella cui orbita strategica l’Iran sta ora inesorabilmente cadendo.
L’Ue non è riuscita a sfuggire al diktat economico e finanziario americano, ma ha sinora potuto attenersi al suo principio fondamentale di mantenere vivo l’accordo Jcpoa in un quadro multilaterale nonostante il ritiro degli Stati Uniti.
Lo snapback e l’opposizione dell’E3
L’anno scorso i leader dell’Unione boicottarono una conferenza sponsorizzata dagli Stati Uniti tenutasi a Varsavia con l’obiettivo di lanciare una strategia più conflittuale nei confronti dell’Iran. Più di recente non hanno sostenuto l’iniziativa degli Stati Uniti di estendere l’embargo sul commercio di armi delle Nazioni Unite contro l’Iran che scadrà a breve. Infine, l’E3 ha anche mantenuto una linea coerente contro l’ancora più controverso progetto statunitense di avviare il meccanismo di snapback che reintrodurrebbe tutte le sanzioni delle Nazioni Unite contro l’Iran revocate nel 2015. L’E3 considera insostenibile la pretesa degli Stati Uniti di utilizzare questo meccanismo stabilito dal Jcpoa giacché gli stessi Usa non sono più parte di tale accordo.
Sebbene il linguaggio dell’accordo si presti a interpretazioni divergenti, il fatto che gli Stati Uniti, parte inadempiente numero uno del Jcpoa, accusino di inadempienza e invochino sanzioni contro le altre parti dell’intesa (Europa inclusa) – che non sono più in grado di rispettare l’accordo proprio a causa del default americano – offende il sentire comune.
La tesi degli E3, secondo cui Washington non può invocare e far applicare le disposizioni di un accordo dal quale essi stessi si sono ritirati, è stata recentemente ribadita dall’attuale Alto rappresentante dell’Unione, lo spagnolo Josep Borrell, che riveste una posizione super partesin qualità di coordinatore della Commissione congiunta del Jcpoa. E’ interessante notare che il Regno Unito, nonostante la Brexit, si è sinora associato a questa posizione anche se essa irrita notevolmente gli Stati Uniti.
Il 19 settembre 2020 il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha dato il fuoco alle polveri annunciando l’avvio del “processo di snapback per ripristinare praticamente tutte le sanzioni Onu precedentemente terminate” e ha invitato tutti i membri delle Nazioni Unite a fare lo stesso. Nel contempo lo stesso Pompeo sta intraprendendo un tour delle principali capitali nell’intento di piegarle a questa nuova iniziativa unilaterale degli Stati Uniti.
L’imminente Assemblea generale delle Nazioni Unite diventerà anch’essa campo di battaglia sulle sanzioni contro l’Iran.
È auspicabile che l’Europa mantenga un fronte unito coerente con le proprie precedenti posizioni.