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ACERENZA,UN CENTRO STUDI SUI PAESAGGI RURALI

Scattone: «Non esiste in Italia un’istituzione scientifica così, nonostante la centralità della tematica»

Si è svolto nella Sala Consiliare del Comune di Acerenza, l’incontro tra amministratori pubblici, associazioni, imprese, cittadini e docenti universitari, per la presentazione del progetto di realizzazione sul territorio di un Centro Studi Internazionale sulla storia dei paesaggi rurali.
La proposta illustrata dal Prof. Alessandro Di Muro, docente di storia medievale presso l’Università di Basilicata, spiega il Sindaco Fernando Scattone «ha lo scopo di fornire Acerenza e l’Alto Bradano, di un centro di eccellenza nel panorama internazionale delle attività culturali che hanno per oggetto i paesaggi rurali. Non esiste, infatti in Italia un’istituzione scientifica di questo genere, nonostante la centralità della problematica anche a livello comunitario».

La Convenzione Europea del Paesaggio afferma, infatti, «che il paesaggio rappresenta un elemento chiave del benessere individuale e sociale, e che la sua salvaguardia, la sua gestione e la sua pianificazione comportano diritti e responsabilità per ciascun individuo, e ancora, il paesaggio coopera all’elaborazione delle culture locali e rappresenta una componente fondamentale del patrimonio culturale e naturale dell’Europa, contribuendo così al benessere e alla soddisfazione degli esseri umani e al consolidamento dell’identità europea».

Ed incalza Scattone: «Le trasformazioni che hanno interessato il paesaggio di Acerenza e dell’alto Bradano nei secoli costituisce un formidabile modello paradigmatico delle vicende di tanta parte delle aree interne del Mezzogiorno, con l’alternarsi e il sovrapporsi nei millenni delle colture che veicolano la braudeliana Triade mediterranea a disegnare il mosaico dei campi, le distese degli oliveti, le parcelle dei vigneti inframmezzati da prati e boschi e lambiti da frammenti di aree lavorate in maniera più intensiva. La modellazione di un tale paesaggio si è accompagnata alla costruzione e alla trasformazione di una piccola nebulosa di insediamenti fatta di aie, palmenti, cantine, frantoi, ville, castelli, santuari, chiese, monasteri, reticoli viari che connettono i campi agli insediamenti e questi ultimi ai centri maggiori».

La singolare testimonianza della presenza nel territorio di Acerenza e dell’Alto Bradano di tali elementi in un ampio arco cronologico (dalla preistoria ai giorni nostri), rende la cittadina naturalmente vocata ad accogliere un centro di ricerca di questo tipo.

L’istituzione di un tale centro porrebbe Acerenza, ribadisce il sindaco Scattone «alla confluenza di alcuni dei filoni di ricerca più frequentati dall’odierna storiografia e alla costruzione di un più saldo rapporto tra il territorio e l’Università della Basilicata.

Il centro studi internazionale sulla Storia dei paesaggi rurali del Mezzogiorno, tra l’altro ha lo scopo di, promuovere ricerche e pubblicazioni scientifiche su argomenti di storia dei paesaggi rurali del Mezzogiorno dall’Antichità ai giorni nostri, anche in relazione alle fonti offerte dagli archivi della Basilicata, di organizzare convegni e seminari incentrati sui temi di storia del paesaggio rurale del Mezzogiorno, di promuovere ed organizzare ricerche (anche attraverso istituzioni di borse di studio) rivolte alla conoscenza delle trasformazioni dei paesaggi rurali e delle problematiche ad esse collegate, di cooperare, con le istituzioni preposte, alla tutela, valorizzazione e promozione nel pubblico interesse dei beni archeologici, storici, artistici, archivistici paesaggistici ricadenti nell’area di interesse».

Infine si avvia a concludere il primo cittadino, «è importante collaborare con le istituzioni scolastiche per la diffusione della conoscenza della vicenda dei paesaggi rurali del Mezzogiorno e organizzare una Summer school internazionale sulla tematica delle trasformazioni dei paesaggi rurali del Mezzogiorno. In linea con quanto ci chiedo il legislatore nazionale, l’attuale proposta progettuale va nella direzione indicata che si propone di riuscire a combinare risorse europee e nazionali, per la promozione di progetti di sviluppo locale e adeguamento infrastrutturale in favore delle aree interne, con l’obiettivo di ridurre i divari territoriali, contrastare lo spopolamento dei piccoli comuni, rendendo nuovamente attrattivi i “territori fragili”, quelli distanti dai centri principali di offerta dei servizi essenziali coprono complessivamente il 60% dell’intera superficie del territorio nazionale, il 52% dei comuni ed il 22% della popolazione. Questi luoghi, spesso abbandonati, rappresentano l’Italia più “vera” e anche più autentica, la cui esigenza primaria è quella di potervi ancora risiedere, oppure tornare».

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