LUIGI SCAGLIONE: LA BASILICATA PERDE POPOLAZIONE E LE NUOVE MIGRAZIONI SONO RIPARTITE ~ I DATI UFFICIALI PRESENTATI OGGI A ROMA
NON BASTANO I PROCLAMI SULLA RIGENERAZIONE DEI BORGHI SE NON CE POLITICA PER IL TURISMO DI RITORNO E DELLE RADICI
REPORT CONVEGNO AIRE
LUIGI SCAGLIONE: LA BASILICATA PERDE POPOLAZIONE E LE NUOVE MIGRAZIONI SONO RIPARTITE ~ I DATI UFFICIALI PRESENTATI OGGI A ROMA
NON BASTANO I PROCLAMI SULLA RIGENERAZIONE DEI BORGHI SE NON C’È POLITICA REGIONALE PER IL TURISMO DI RITORNO E DELLE RADICI
Sono 698 (301 donne e 397 uomini) le persone che ufficialmente, in un anno alla data del 1 Gennaio 2022, hanno lasciato la Basilicata per trasferirsi all’estero iscrivendosi all’Aire a fronte di una riduzione netta di 7580 lucani nell’arco di un anno, tra saldo negativo e trasferimenti in Italia.
L’incidenza sul fenomeno migratorio in generale è pari all’0,8% del totale degli espatriati che nel complesso portano i lucani ufficialmente residenti all’estero a quota 139.792.
Dove sono e dove sono andati i nuovi migranti, lo ha spiegato nel suo rapporto annuale presentato questa mattina la Fondazione Migrantes con la quale il Centro Studi Internazionale Lucani nel Mondo, interloquisce e collabora attivamente per studiare il fenomeno, che, come si noterà, ha subito un rallentamento nell’ultimo anno (nel 2020 i lucani, perlopiù giovani emigrati erano stati 1080) ma che continua a mantenere un flusso continuo e costante in uno con il sistema migratorio italiano votato alla ricerca di lavoro, ma anche di stabilità familiare.
Non è casuale che tra questi 698 si annoverano anche una buona percentuale di pensionati o di familiari che seguono i loro figli, pur essendo questo un fenomeno circoscritto ai trasferimenti in altre regioni italiane o nei paesi europei che garantiscono una migliore fiscalità.
I flussi lucani, come abbiamo sempre evidenziato come Centro Studi Internazionali Lucani nel Mondo, continuano a privilegiare la residenzialità in Argentina, Germania, Svizzera (che segna un leggero decremento), Brasile (con un leggero incremento).
Nella speciale classifica dei luoghi di origine nel mondo, in testa nella Basilicata resta in termini assoluti Marsico Nuovo (con 3337 iscritti all’Aire rispetto ai precedenti 3289), seguito da Potenza (con 3229 ed un balzo netto in avanti rispetto ai 3070 del 2021) e Lauria che sorpassa di poco San Fele rispettivamente con 3068 e 3067 iscritti all’Aire).
In valore assoluto in testa alla classifica dei luoghi di partenza dei lucani per incidenza percentuale sulla popolazione, resta Castelgrande (1422) seguito da Montemurro (1750) e con uno strano avanzamento di migrantes all’estero da Sasso di Castalda che passa da 832 unità del 1 gennaio 2021 a 1010 unità alla data del 1 Gennaio 2022.
Al 1° gennaio 2022 i cittadini italiani iscritti all’AIRE, è stato rilevato, sono 5.806.068, il 9,8% degli oltre 58,9 milioni di italiani residenti in Italia.
Mentre l’Italia ha perso in un anno lo 0,5% di popolazione residente (-1,1% dal 2020), all’estero è cresciuta negli ultimi 12 mesi del 2,7% che diventa il 5,8% dal 2020. In valore assoluto si tratta di quasi 154 mila nuove iscrizioni all’estero contro gli oltre 274 mila residenti “persi” in Italia 🇮🇹
Il 53,7% (poco più di 45 mila) di chi ha lasciato l’Italia alla volta dell’estero per espatrio nell’ultimo anno lo ha fatto partendo dal Settentrione d’Italia, il 46,4% (38.757), invece, dal Centro-Sud
La Lombardia (incidenza del 19,0% sul totale) e il Veneto (11,7%) continuano ad essere, come da ormai diversi anni, le regioni da cui si parte di più.
Seguono: la Sicilia (9,3%), l’Emilia-Romagna (8,3%) e la Campania (7,1%).
Tuttavia, dei quasi 16 mila lombardi, dei circa 10 mila veneti o dei 7 mila emiliano-romagnoli molti sono, in realtà, i protagonisti di un secondo percorso migratorio che li ha portati dapprima dal Sud al Nord del Paese e poi dal Settentrione all’oltreconfine.
NON BASTANO I PROCLAMI SULLA RIGENERAZIONE DEI BORGHI SE NON CE POLITICA PER IL TURISMO DI RITORNO E DELLE RADICI
“Lo avevamo detto tre anni fa e poi due anni fa e poi durante la pandemia – rileva Luigi Scaglione Presidente del Centro Studi – e qualcuno, anche a livello istituzionale, ci aveva sorriso sopra (per loro parlano i verbali ufficiali) lo abbiamo ripetuto pochi mesi fa, lo diciamo ora: senza una politica seria di incentivazione e conoscenza del fenomeno del turismo di ritorno anche i fondi di rigenerazione dei borghi rischiano di essere pane per pochi eletti senza risultati e i lucani continueranno inesorabilmente a sparire e partire.
Bisogna incentivare i flussi attraverso il nostro sistema delle associazioni, delle federazioni e degli Sportelli lucani, altrimenti finanziare le agenzie turistiche produce effetti marginali e senza prospettive.
Altre regioni stanno lavorando alla grande e sono avanti da tempo su promozione e sviluppo del turismo delle radici per il quale il livello istituzionale è sordo ai richiami ed incapace di organizzare la rete.
E soprattutto incentivare forme di residenzialità defiscalizzata per avere nuovi cittadini attraverso i flussi che si ipotizza di movimentare.
Altrimenti si distribuiscono risorse a pioggia alle agenzie di viaggi e basta. Tutto e niente”
Da questo quadro che seguiamo ormai da anni ed è stato sottolineato nel rapporto Migrantes che a breve presenteremo in Basilicata, emerge come il livello rappresentativo più capillare, ancorché non formale ma libero e spontaneo degli italiani nel mondo, è quello dell’associazionismo in emigrazione, nonostante gli attuali problemi strutturali e generazionali che questa preziosa presenza storica sta attraversando. In passato, tenendo conto di una forma di emigrazione definita “catena migratoria”, legata cioè al flusso di migranti che si insediavano in alcuni limitati paesi esteri e per di più nelle stesse aree interne ad essi, era del tutto naturale l’istituzione di svariati sodalizi di corregionali, foriere di numerose adesioni, nell’intento di condividere esperienze, informazioni e tempo libero. Oggi, i pionieri che hanno fondato tali sodalizi, sono in età avanzata o perfino scomparsi, perciò la consistenza numerica delle associazioni si è assottigliata e parecchie di esse non sono più in attività.
A differenza di un tempo, la nuova emigrazione si dispiega in oltre 180 paesi del mondo, non più attraverso catene migratorie, ma in forma individuale e in luoghi distanti tra di essi, con un’alta propensione a spostarsi facilmente da un paese all’altro.
BASILICATA Popolazione residente 539.999 (dato al 01/01/2022) – erano 547.579 01/01/2021)
Iscritti all’AIRE 139.792 (dato al 01/01/2022) Incidenza % 25,9
Il Presidente Luigi Scaglione
Roma-Potenza, 8 Novembre 2022
Al 1° gennaio 2022 i cittadini italiani iscritti all’Aire sono 5.806.068, il 9,8% degli oltre 58,9 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l’Italia ha perso in un anno lo 0,5% di popolazione residente (-1,1% dal 2020), all’estero è cresciuta negli ultimi 12 mesi del 2,7% che diventa il 5,8% dal 2020.
L’Italia fuori dall’Italia: sono 5,8 milioni gli iscritti all’Aire, ma l’onda lunga del Covid frena la mobilità
FONTE : REDATTORE SOCIALE
Redattore Sociale: L’Italia fuori dall’Italia: sono 5,8 milioni gli iscritti all’Aire, ma l’onda lunga del Covid frena la mobilità
I dati del rapporto “Italiani nel mondo 2022” di Fondazione Migrantes. L’attuale comunità italiana all’estero è costituita da oltre 841 mila minori (il 14,5% dei connazionali iscritti all’Aire) moltissimi di questi nati all’estero, ma tanti altri partiti al seguito delle proprie famiglie. Ai minori occorre aggiungere oltre 1,2 milioni di giovani tra i 18 e i 34 anni. Le comunità più numerose sono quella argentina (903.081) e tedesca (813.650)
martedì 8 novembre 2022
ROMA – Dal 2006 ad oggi la presenza degli italiani all’estero è progressivamente cresciuta passando da 3,1 milioni a oltre 5,8 milioni. Oggi gli italiani risultano residenti in ogni luogo del mondo e ogni singolo territorio italiano ha visto in passato, e continua a vedere oggi, gli italiani partire e salutare i confini nazionali.
“Si era soliti affermare che l’Italia da paese di emigrazione si è trasformato negli anni in paese di immigrazione: questa frase non è mai stata vera e, a maggior ragione, non lo è adesso perché smentita dai dati e dai fatti. Dall’Italia non si è mai smesso di partire e negli ultimi difficili anni di limitazione negli spostamenti a causa della pandemia, di recessione economica e sociale, di permanenza di una legge nazionale per l’immigrazione sorda alle necessità del tessuto lavorativo e sociodemografico italiano, la comunità dei cittadini italiani ufficialmente iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (Aire) ha superato la popolazione di stranieri regolarmente residenti sul territorio nazionale”. Così il Rapporto “Italiani nel mondo 2022” della Fondazione Migrantesfotografa la situazione dei nostri connazionali all’estero, partendo dalla situazione di una Italia interculturale, in cui l’8,8% dei cittadini regolarmente residenti sono stranieri (in valore assoluto quasi 5,2 milioni), mentre il 9,8% dei cittadini italiani risiedono all’estero (oltre 5,8 milioni).
“In generale, la popolazione straniera in Italia è più giovane di quella italiana”, segnala la Fondazione Migrantes. I ragazzi nati in Italia da genitori stranieri (“seconde generazioni” in senso stretto) sono oltre 1 milione: di questi, il 22,7% (oltre 228 mila) ha acquisito la cittadinanza italiana. Se ad essi si aggiungono i nati all’estero (245 mila circa) e i naturalizzati (quasi 62 mila), la compagine dei ragazzi con background migratorio supera 1,3 milioni e rappresenta il 13% del totale della popolazione residente in Italia con meno di 18 anni. “Una popolazione ‘preziosa’ – si afferma – vista la situazione demografica ogni anno più critica vissuta dall’Italia, caratterizzata da inesorabile denatalità e accanito invecchiamento e considerando il fatto che tra i sogni di queste nuove generazioni vi è sempre più presente quello di vivere in altri paesi del mondo: il 59% degli alunni stranieri delle scuole secondarie, infatti, vorrebbe da grande spostarsi all’estero, un dato molto più alto rispetto ai loro compagni italiani (42%)”.
Per gli stranieri assume rilevanza anche il paese di nascita (proprio o dei propri genitori), che verrebbe scelto come destinazione di vita una volta adulti dall’11,6%. Il 47,7%, però, sceglierebbe un paese diverso sia dall’Italia sia dal paese di origine e gli Stati Uniti sono la meta più desiderata in assoluto.
“Fino a quando l’estero rimane per i giovani e i giovanissimi attualmente residenti in Italia un desiderio, il problema, per il nostro Paese, resta poco grave e circoscritto; la storia nazionale, però, insegna che la mobilità è qualcosa di strutturale per l’Italia e il passato più recente ha visto e vede proprio le nuove generazioni sempre più protagoniste delle ultime partenze. D’altronde non potrebbe essere altrimenti considerando quanto la mobilità sia entrata a far parte pienamente dello stile di vita, tanto nel contesto formativo e lavorativo quanto in quello esperienziale e identitario”, afferma la Fondazione Migrantes.
L’Italia sempre più transnazionale
L’attuale comunità italiana all’estero è costituita da oltre 841 mila minori (il 14,5% dei connazionali complessivamente iscritti all’Aire) moltissimi di questi nati all’estero, ma tanti altri partiti al seguito delle proprie famiglie in questi ultimi anni. Ai minori occorre aggiungere gli oltre 1,2 milioni di giovani tra i 18 e i 34 anni (il 21,8% della popolazione complessiva Aire, che arriva a incidere per il 42% circa sul totale delle partenze annuali per solo espatrio). “Non bisogna dimenticare, infine, tutti quelli che partono per progetti di mobilità di studio e formazione, che non hanno obbligo di registrazione all’Aire e chi è in situazione di irregolarità perché non ha ottemperato all’obbligo di legge di iscriversi in questo Anagrafe”, si sottolinea.
Una popolazione giovane, dunque, che parte e non ritorna, spinta da un tasso di occupazione dei giovani in Italia tra i 15 e i 29 anni pari, nel 2020, al 29,8% e quindi molto lontano dai livelli degli altri paesi europei (46,1% nel 2020 per l’Ue-27) e con un divario, rispetto agli adulti di 45-54 anni, di 43 punti percentuali.
I giovani occupati al Nord, peraltro, sono il 37,8% rispetto al 30,6% del Centro e al 20,1% del Mezzogiorno. Al divario territoriale si aggiunge quello di genere: se i ragazzi residenti al Nord risultano i più occupati con il 42,2%, le ragazze della stessa fascia di età ma residenti nel Mezzogiorno non superano il 14,7%.
Si legge nel Rapporto: “Il triplice rifiuto percepito dai giovani italiani – anagrafico, territoriale e di genere – incentiva il desiderio di estero e soprattutto lo fa mettere in pratica. Dal 2006 al 2022 la mobilità italiana è cresciuta dell’87% in generale, del 94,8% quella femminile, del 75,4% quella dei minori e del 44,6% quella per la sola motivazione ‘espatrio’. Una mobilità giovanile che cresce sempre più perché l’Italia ristagna nelle sue fragilità; ha definitivamente messo da parte la possibilità per un individuo di migliorare il proprio status durante il corso della propria vita accedendo a un lavoro certo, qualificato e abilitante (ascensore sociale); continua a mantenere i giovani confinati per anni in ‘riserve di qualità e competenza’ a cui poter attingere, ma il momento non arriva mai. Il tempo scorre, le nuove generazioni diventano mature e vengono sostituite da nuove e poi nuovissime altre generazioni, in un circolo vizioso che dura da ormai troppo tempo”.
In questa situazione, già fortemente compromessa, la pandemia di Covid-19 si è abbattuta con tutta la sua gravità rendendo i giovani italiani una delle categorie più colpite dalle ricadute sociali ed economiche. “La presa di coscienza di quanto forte sia stato il contraccolpo subito dai giovani e dai giovanissimi, già in condizioni di precarietà e fragilità, in seguito all’esplosione dell’epidemia mondiale, è stata al centro della creazione e formalizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e di diverse politiche adottate a livello europeo. Le azioni del Pnrr sono volte a recuperare il potenziale delle nuove generazioni e a costruire un ambiente istituzionale e di impresa in grado di favorire il loro sviluppo e il loro protagonismo all’interno della società. Il Pnrr è, detto in altri termini, un punto da cui ricominciare per pensare e programmare un futuro diverso, che risponda e valorizzi i giovani, le loro capacità e le loro competenze rispondendo anche ai loro desideri e alle loro attese”, si legge.
L’Italia fuori dall’Italia: 5,8 milioni iscritti all’Aire
La via per l’estero si presenta per i giovani italiani quale unica scelta da adottare per la risoluzione di tutti i problemi esistenziali (autonomia, serenità, lavoro, genitorialità, ecc.). E così ci si trova di fronte a una Italia demograficamente in caduta libera se risiede e opera all’interno dei confini nazionali e un’altra Italia, sempre più attiva e dinamica, che però guarda quegli stessi confini da lontano.
Al 1° gennaio 2022 i cittadini italiani iscritti all’Aire sono 5.806.068, il 9,8% degli oltre 58,9 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l’Italia ha perso in un anno lo 0,5% di popolazione residente (-1,1% dal 2020), all’estero è cresciuta negli ultimi 12 mesi del 2,7% che diventa il 5,8% dal 2020. In valore assoluto si tratta di quasi 154 mila nuove iscrizioni all’estero contro gli oltre 274 mila residenti “persi” in Italia.
Non c’è nessuna eccezione: tutte le regioni italiane perdono residenti aumentando, però, la loro presenza all’estero. La crescita, in generale, dell’Italia residente nel mondo è stata, nell’ultimo anno, più contenuta, sia in valore assoluto che in termini percentuali, rispetto agli anni precedenti.
Il 48,2% degli oltre 5,8 milioni di cittadini italiani residenti all’estero è donna (2,8 milioni circa in valore assoluto). Si tratta, soprattutto, di celibi/nubili (57,9%) o coniugati/e (35,6%). I/le divorziati/e (2,7%) hanno superato i/le vedovi/e (2,2%). Da qualche anno si registrano anche le unioni civili (circa 3 mila).
I dati sul tempo di residenza all’estero indicano che il revival delle partenze degli italiani non è recentissimo, ma risale alla profonda crisi vissuta nel 2008-2009 dal nostro Paese. Infatti, il 50,3% dei cittadini oggi iscritti all’Aire lo è da oltre 15 anni e “solo” il 19,7% è iscritto da meno di 5 anni. Il resto si divide tra chi è all’estero da più di 5 anni ma meno di 10 (16,1%), e chi lo è da più di 10 anni ma meno di 15 (14,3%).
“La presenza italiana nel mondo cresce, lo si è detto, ma la crescita avviene attraverso elementi esogeni ed endogeni – afferma il rapporto della Fondazione Migrantes -. Tra gli elementi esogeni il più importante e più discusso, a seguito dei profondi cambiamenti del nostro Paese, dovuti a quasi 50 anni di immigrazione e a causa della legge n. 91 del 1992 oggi distante dalla realtà interculturale del Belpaese, è l’acquisizione di cittadinanza: i cittadini italiani iscritti all’Aire per acquisizione della cittadinanza dal 2006 al 2022 sono aumentati del 134,8% (in valore assoluto si tratta di poco più di 190 mila italiani; erano quasi 81 mila nel 2006). L’elemento endogeno per eccellenza è, invece, la nascita all’estero dei cittadini italiani, ovvero figlie e figli che si ritrovano a venire al mondo da cittadini italiani che risiedono già oltreconfine e che, sempre da italiani, crescono e si formano lontano dall’Italia ma con un occhio rivolto allo Stivale. Gli italiani nati all’estero sono aumentati dal 2006 del 167% (in valore assoluto sono, oggi, 2.321.402; erano 869 mila nel 2006). Si tratta di italiani che restituiscono un volto ancora più composito del nostro Paese rendendolo interculturale e sempre più transnazionale, composto cioè da italiani che hanno origini diverse (nati e/o cresciuti in paesi lontani dall’Italia o nati in Italia in famiglie arrivate da luoghi lontani) e che si muovono con agilità tra (almeno) due paesi, parlando più lingue, abitando più culture”.
Gli oltre 5,8 milioni di italiani iscritti all’Aire hanno, quindi, un profilo complesso: sono giovani (il 21,8% ha tra i 18 e i 34 anni), giovani adulti (il 23,2% ha tra i 35 e i 49 anni), adulti maturi (il 19,4% ha tra i 50 e i 64 anni), anziani (il 21% ha più di 65 anni, ma di questi l’11,4% ha più di 75 anni) o minori (il 14,5% ha meno di 18 anni).
Oltre 2,7 milioni (il 47%) sono partiti dal Meridione (di questi, 936 mila circa, il 16%, dalla Sicilia o dalla Sardegna); più di 2,1 milioni (il 37,2%) sono partiti dal Nord Italia e il 15,7% è, invece, originario del Centro Italia. Il 54,9% degli italiani (quasi 3,2 milioni) sono in Europa, il 39,8% (oltre 2,3 milioni) in America, centro-meridionale soprattutto (32,2%, più di 1,8 milioni).
Gli italiani sono presenti in tutti i paesi del mondo. Le comunità più numerose sono, ad oggi, quella argentina (903.081), la tedesca (813.650), la svizzera (648.320), la brasiliana (527.901) e la francese (457.138).
L’onda lunga della pandemia frena la mobilità italiana
L’Italia è irrimediabilmente legata alla mobilità e inevitabilmente chiamata, oggi, a fare i conti con le difficoltà degli spostamenti dovuti alla pandemia, evento globale i cui effetti si stanno sentendo sul lungo periodo con modalità e accenti diversi.
Questo non significa non spostarsi, non significa essersi fermati, ma aver ridotto gli spostamenti “ufficiali” che, comunque, riguardano un numero consistente di giovani, partiti soprattutto dal Nord Italia alla volta prevalentemente dell’Europa. Molti probabilmente lo hanno fatto ricorrendo all’irregolarità, non ottemperando, cioè, all’obbligo di legge di iscriversi all’AIRE poiché, in tempi di emergenza sanitaria, suona forte – e non potrebbe essere altrimenti – il campanello di allarme relativo alla perdita di assistenza sanitaria che rappresenta, da sempre, il principale motivo che trattiene chi parte per l’estero a iscriversi all’Aire.
Da gennaio a dicembre 2021 si sono iscritti all’AIRE 195.466 cittadini italiani, il -12,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente quando erano, in valore assoluto, 222.260.
Le partenze per “espatrio” avvenute lungo il corso del 2021 sono state 83.781, la cifra più bassa rilevata dal 2014, quando erano più di 94 mila. In realtà, il trend di continua crescita si è fermato già lo scorso anno, quando comunque le partenze non sono scese al di sotto delle 109 mila unità. Si è trattato, quindi, di una frenata dolce, diventata però brusca nei dodici mesi successivi. Quello che si pensava potesse accadere alla mobilità italiana durante il 2020 è avvenuto, invece, nel corso del 2021: la pandemia, cioè, ha impattato sul numero degli spostamenti dei nostri connazionali, riducendoli drasticamente e trasformando, ancora una volta, le loro caratteristiche. Rispetto al 2021 risultano 25.747 iscrizioni in meno, una contrazione, in un anno, del -23,5% che diventa -36,0% dal 2020.
Il decremento ha interessato, indistintamente, maschi (-23,0%) e femmine (-24,0%), rispettivamente, in valore assoluto, oltre 47 mila e quasi 38 mila.
L’identikit che è possibile ricavare dai dati complessivi indica, però, che chi è partito per espatrio da gennaio a dicembre 2021 è prevalentemente maschio (il 54,7% del totale), giovane tra i 18 e i 34 anni (41,6%) o giovane adulto (23,9% tra i 35 e i 49 anni), celibe/nubile (66,8%). I minori scendono al 19,5%. I coniugati si attestano al 28,1%. Nel generale decremento, i dati che appaiono in modo più evidente riguardano quelli che, da diversi anni, sono i protagonisti indiscussi della recente mobilità dall’Italia, ovvero i giovani tra i 18 e i 34 anni diminuiti, in valore assoluto, di 12 mila unità circa e, in termini percentuali, del -25,6%: nell’ultimo anno l’emergenza sanitaria e le conseguenze da questa derivate hanno intaccato il cuore delle par- tenze italiane.
“Sin dallo scorso anno si sono notate le strategie messe in atto per contenere i rischi della pandemia: anche nell’ultimo anno si registra che a partire sono stati sempre più i giovani e sempre meno gli anziani (-19,6%) e le famiglie. In drastica riduzione anche il numero dei minori, che presentano l’incidenza negativa più alta (-25,9%) rispetto alla media nazionale (-23,5%) e maggiore anche rispetto alla classe dei giovani tra i 18 e i 34 anni”, precisa il rapporto. Il 78,6% di chi ha lasciato l’Italia per espatrio nel corso del 2021 è andato in Europa, il 14,7% in America, più dettagliatamente latina (61,4%), e il restante 6,7% si è diviso tra continente asiatico, Africa e Oceania.
Nonostante la riduzione del numero delle partenze si rilevano ben 183 destinazioni differenti: 48 europee, 47 africane, 44 dell’Asia, 24 dell’America settentrionale e 14 latinoamericane, 6 dell’Oceania.
Il 53,7% (poco più di 45 mila) di chi ha lasciato l’Italia alla volta dell’estero per espatrio nell’ultimo anno lo ha fatto partendo dal Settentrione d’Italia, il 46,4% (38.757), invece, dal Centro-Sud.
La Lombardia (incidenza del 19% sul totale) e il Veneto (11,7%) continuano ad essere, come da ormai diversi anni, le regioni da cui si parte di più. Seguono: la Sicilia (9,3%), l’Emilia-Romagna (8,3%) e la Campania (7,1%). Tuttavia, dei quasi 16 mila lombardi, dei circa 10 mila veneti o dei 7 mila emiliano-romagnoli molti sono, in realtà, i protagonisti di un secondo percorso migratorio che li ha portati dapprima dal Sud al Nord del Paese e poi dal Settentrione all’oltreconfine.