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UE, UN ALTRO MAXI DANNO ERARIALE

Agricoltura, la «scatola vuota» della Primo Srls: dalla Corte dei Conti di Basilicata pioggia di condanne

Il caso lucano della «scatola societaria vuota» Primo Srls unipersonale: pioggia di condanne dalla Corte dei Conti di Basilicata per illecite percezioni di contributi comunitari finanziati dall’Unione europea a valere sulle risorse del Feasr. La Procura contabile regionale aveva chiesto un risarcimento in favore della Regione Basilicata per complessivi 1 milione e 245 mila euro. La pretesa risarcitoria, come emerso dall’esito processuale, è apparsa, sia pur parzialmente, fondata.

LE CONDANNE

I giudici hanno condannato in solido al pagamento di 507 mila euro in favore della Regione, la società Primo Srls, Gennaro Rondinelli ed il geometra Giuseppe Abitante, direttore dei lavori per tutte le aziende agricole in causa e, con riferimento alle stesse, socio della Agripollino, nonchè coniuge della titolare della ditta Perretta Maria, come contestato dall’accusa. Condannati inoltre in solido con la Primo, Gennaro Rondinelli e Giuseppe Abitante, Silvestro Rondinelli (18 mila euro), Marcello Golia (48 mila euro), Domenico Caputo (51 mila e 712 euro), Maria Perretta (126 mila e 515 euro), Luca Tufaro (29 mila e 297 euro), Isabella Tufaro (32 mila e 314 euro), la società agricola Massarella in solido con Rossella Di Salvo (116 mila e 612 euro), la società agricola Agripollino in solido con Lucio Vitale (9 mila e 967 euro), la società agricola Vernilos in solido con Giuseppina De Salvo (30 mila e 435 euro), e, infine, la società agricola Gensimon in solido con Simone Di Giorgio (44 mila e 243 euro).

LA «PURA E SEMPLICE SCATOLA VUOTA»

Vagliate le carte dell’inchiesta svolta dalla Guardia di Finanza di Lauria, alla Corte dei Conti di Basilicata è apparso «incontestabile» che la Primo fosse una «“mera scatola societaria” le cui attività erano fittizie». Anche il legale rappresentante della società, «è risultato essere un prestanome»: tale Constantin Beligan, di nazionalità straniera, che nel periodo immediatamente successivo a quello in cui è documentata l’ingente emissione delle fatture finite nel mirino della Procura, da fine luglio a dicembre 2015, ha lasciato l’Italia, risultando al marzo del 2016 al confine con la Slovenia. La società, inoltre, che dal novembre al dicembre del 2015 ha avuto solo 2 dipendenti, tra cui Gennaro Rondinelli, successivamente al periodo citato non è risultata attiva ed ha presentato dichiarazioni fiscali solo per il 2015, senza versare imposte, fatta eccezione per un versamento di 130 euro. Dalle indagini la Primo è risultata «non proprietaria di immobili o mobili registrati, non ha mai stipulato contratti di locazione finanziaria, non ha fruito di beni strumentali, fatta eccezione per un comune Pc portatile». Per l’accusa, a fronte di un volume d’affari di oltre 984 mila euro, la società risultava aver sostenuto costi corrispondenti a quasi 43 mila euro, ritenuti «frutto anch’essi di operazioni di comodo, posto che, come si è visto, non si ha evidenza di nulla di riconducibile all’attività asseritamente prestata nei confronti dei percettori di fondi comunitari coinvolti nella vicenda in analisi». Per i giudici, «innegabile inoperatività» societaria. In sostanza, la Primo non aveva a disposizione struttura, personale e mezzi strumentali idonei a fornire le numerose prestazioni documentate nelle fatture emesse alle aziende. Dettaglio che ha condotto accusa e giudici a ritenere «inesistenti» le prestazioni stesse.

IL SISTEMA

Nel definirlo, la Procura contabile regionale, ha bollato quella della Primo come «uno dei più tipici schemi fraudolenti ai danni del bilancio della Ue». Per l’attuazione, l’intermediazione della società unipersonale, la Primo Srls, che a fronte di progetti presentati da diverse imprese agricole per ricevere contributi comunitari, interveniva nella realizzazione di alcuni dei lavori ed o dei servizi previsti. L’indagine ha fatto emergere come le attività fossero «fittizie» e, conseguentemente, «completamente false le prestazioni fatturate alle aziende beneficiarie dei contributi», come risultante, in alcuni casi, anche dal fatto che, «avvalendosi di causali fasulle e interposizioni di persone, l’apparente corrispettivo delle prestazioni fatturate, al netto talvolta di un importo, costituente il margine di lucro della frode, veniva restituito alle aziende committenti che in tal misura non sopportavano alcun effettivo esborso economico, con conseguente illecita percezione della cedola comunitaria». Cioè, in estrema sintesi, le aziende pagavano bonifici alla Primo che, però, poi ritornavano sui conti corrente dei titolari delle aziende coinvolte. Il tutto avveniva tramite la «ripetizione del medesimo schema frodatorio».

I «FLUSSI DI RITORNO» ED IL «GIRO PERFETTO»

I molti elementi raccolti, per la Corte dei Conti di Basilicata, hanno pure «facilmente» condotto alla conclusione che l’intervento della Primo al fine della predisposizione di una fittizia documenta- zione di supporto per l’illecita percezione di contributi comunitari «non possa non essere stata conosciuta e voluta da parte di tutte le società e ditte percipienti», considerando anche «i flussi di ritorno dei quali i percipienti, o loro stretti congiunti, sono stati beneficiati». Per cui, seguendo il medesimo schema, quello che doveva costituire il sinallagma delle prestazioni fatturate e finanziate da pubbliche contribuzioni, a fronte del trasferimento di beni «che di fatto non è mai avvenuto», veniva «inspiegabilmente restituito dalla Primo o da soggetti interposti», al netto, in alcuni casi, di una differenza che, all’evidenza, «non poteva bastare a giustificare la transazione economica dalla stessa effettuata». Qualora la compravendita rappresentata fosse stata effettiva, è stato il ragionamento seguito, in nessun caso l’effettiva acquisizione dei relativi beni poteva ragionevolmente essere abbandonata da parte della Primo, così perdendo non solo il guadagno ma, forse ed anche, lo stesso recupero delle spese sostenute. In pratica, «il giro perfetto», con i soldi dal priva- to alla Primo per il progetto assistito da contributo Ue, in modo da creare l’evidenza contabile del pagamento alla Srls, e poi, «chi operava dietro la “Primo”» restituiva la somma ricevuta al privato, ad interposte persone o all’azienda agricola beneficiaria di fondi Ue: «le partite di “dare” ed “avere”, sono sovrapponibili». La Primo, «una pura e semplice scatola vuota».

Ferdinando Moliterni

3807454583

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