IL TERMINE «GENITORE» DEVE ESSERE SOSTITUITO ALLA DICITURA «MADRE» E «PADRE» NEL CASO IN CUI CI SIANO DUE MADRI DI UNA “BAMBINA”
Il termine ’genitore’ deve essere sostituto alla dicitura ’madre’ e ’padre’ nel caso in cui ci siano due madri di una bambina. A stabilirlo è il tribunale civile di Roma, XVIII sezione, che ha accolto il ricorso di due madri che chiedevano la possibilità di essere identificate come genitori sulla carta d’identità elettronica valida per l’espatrio della figlia
Il grande ritorno di Genitore 1 e Genitore 2 (sulla carta d’identità)
Genitore 1 e genitore 2 sulla carta d’identità al posto di padre e madre: i giudici ribaltano il decreto Salvini
Il tribunale di Roma ha accettato il ricorso di due madri che chiedevano di poter usare la dicitura genitore (invece di padre e madre) sulla carta d’identità elettronica della figlia.
Il termine “genitore” deve essere sostituto alla dicitura “madre” e “padre” nel caso in cui ci siano due madri di una bambina.
A stabilirlo è il tribunale civile di Roma, XVIII sezione, che ha accolto il ricorso di due madri che chiedevano la possibilità di essere identificate come genitori sulla carta d’identità elettronica valida per l’espatrio della figlia.
Niente più obbligo, quindi, di riportare la dicitura padre nel caso in cui si tratti di due madri.
Una ordinanza che ribalta quanto previsto dal decreto voluto dall’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, con il quale si eliminava la possibilità di scrivere genitore 1 e genitore 2, obbligando tutti a scrivere sempre madre e padre sui documenti dei figli.
Il tribunale ha accolto parzialmente il ricorso presentato dalle due mamme per la loro figlia adottiva, dichiarando inoltre il difetto di legittimazione passiva di Roma Capitale.
Genitore al posto di madre e padre: l’ordinanza
L’ordinanza dei giudici è rivolta al ministero dell’Interno e al sindaco di Roma, che sono tenuti a indicare le qualifiche neutre di genitore accanto ai nomi delle due ricorrenti.
Quindi non più madre e padre sulla carta d’identità elettronica della figlia.
I giudici chiedono di adoperarsi per le modifiche al software predisposto per la richiesta e l’emissione della carta d’identità elettronica nel caso delle due ricorrenti.
Le motivazioni dei giudici
I giudici ricordano come l’identificazione errata del genitore, dal punto di vista sessuale, possa comportare conseguenze rilevanti anche sul piano del rispetto dei diritti garantiti dalla Costituzione e sull’applicazione del diritto primario dell’Ue.
Inoltre si parla di “rappresentazione alterata e perciò falsa della realtà”, facendo infine riferimento al rischio di “reato di falso ideologico” da parte del pubblico ufficiale.
Il decreto Salvini, secondo l’avvocatessa Federica Tempori, legale delle due madri, non solo violerebbe le norme stando a quanto deciso dal tribunale di Roma, ma sarebbe anche “viziato da eccesso di potere: in quel provvedimento il ministro va oltre le sue competenze, la carta d’identità è un documento certificativo di una realtà già pre-esistente nell’atto della nascita che stabilisce una madre partoriente e una adottiva. Non può quindi esserci discrasia tra documento d’identità e atto di nascita”
Il ricorso contro il decreto Salvini
Il ricorso era stato presentato da due madri con l’aiuto delle associazioni Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno, che dal gennaio 2019 si erano attivate contro il decreto Salvini.
Quando era ministro dell’Interno, infatti, aveva stabilito di modificare la dicitura sulle carte d’identità dei minorenni: nella parte relativa a chi esercita la potestà genitoriale si è stabilito di modificare la voce da genitore a padre e madre.
Anche nel caso di due padri o di due madri.
Il provvedimento è stato contestato perché, a giudizio dei ricorrenti, andava contro le indicazioni del Garante della privacy e della Conferenza Stato-città, causando anche grosse difficoltà alle famiglie omogenitoriali. In particolare le associazioni lamentavano il problema di avere un nominativo femminile sotto la dicitura padre o quello maschile sotto la voce madre.
Il decreto non è mai stato modificato, nonostante gli annunci del 2021 dell’allora ministra dell’Interno Luciana Lamorgese.
Tribunale contro il decreto Salvini:
“Genitore 1 e 2 al posto di madre e padre sulla carta d’identità”
I giudici del tribunale di Roma hanno accolto il ricorso di due madri sull’indicazione delle qualifiche neutre di “genitore”, per rimediare al decreto Salvini sull’introduzione delle diciture “madre” e “padre”
La risposta di Palazzo Chigi
“Genitore” sarà la “qualifica” per le due madri di una bambina, a Roma. I giudici del tribunale civile di Roma (XVIII Sezione) hanno accolto il ricorso di due madri sul campo genitore della carta d’identità elettronica valida per l’espatrio della figlia.
“Il tribunale accoglie parzialmente il ricorso e per l’effetto dichiara il difetto di legittimazione passiva di Roma Capitale”, l’ordinanza del tribunale.
L’ordinanza è rivolta al ministero dell’Interno, e ora il sindaco di Roma Roberto Gualtieri è tenuto “come ufficiale del Governo, ad indicare le qualifiche neutre di genitore in corrispondenza dei nomi delle ricorrenti”
Gualtieri dovrà così apportare “al software e/o dell’hardware predisposto per la richiesta, la compilazione, l’emissione e la stampa delle carte d’identità elettroniche le modifiche che si rendessero all’uopo necessarie”
Palazzo Chigi ha risposto in una nota.
La sentenza
“Il giudice afferma che il decreto oltre a violare le norme, sia comunitarie che internazionali, è viziato da eccesso di potere”, spiega l’avvocata Federica Tempori che ha assistito la coppia nella vicenda giudiziaria. “Avevamo una sentenza di adozione passata in giudicato – spiega l’avvocata – e le mamme si sono presentate al comune per chiedere la carta identità ma allo sportello, giustamente, hanno detto che non si poteva procedere con la dicitura neutra ma occorreva la scritta ‘padre e madre o chi ne fa le veci’. La coppia si è a qual punto rifiutata e dopo un primo ricorso al Tar ci siamo rivolti al tribunale ordinario che con una sentenza bellissima ci ha dato ragione”
“Il giudice – continua l’avvocato – afferma che il decreto oltre a violare le norme, sia comunitarie che internazionali, è viziato da eccesso di potere. In quel provvedimento il ministro va oltre le sue competenze: la carta di identità è, infatti, un documento certificativo di una realtà già pre esistente nell’atto nascita che stabilisce una madre partoriente e una adottiva. Non può quindi esserci discrasia tra documento di identità e l’atto di nascita”
La questione del “Genitore”
Fino al 2019 la dicitura sulla carta di identità elettronica per gli under 14 era “Genitore“, ma l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini cambiò reintroducendo “Madre” e “Padre”
La decisione provocò dei problemi di forma segnalati dal Garante per la Privacy che aveva dato parere negativo sulla sostituzione dell’indicazione di “genitore 1” e “genitore 2” con “padre” e “madre” nei moduli per il rilascio della carta di identità elettronica per i figli minorenni.
Il Garante spiegava che sui profili di protezione dei dati personali “la modifica in esame è suscettibile di introdurre, ex novo, profili di criticità nei casi in cui la richiesta della carta di identità, per un soggetto minore, è presentata da figure esercenti la responsabilità genitoriale che non siano esattamente riconducibili alla specificazione terminologica ‘padre’ o ‘madre’.
Ciò, in particolare, nel caso in cui sia prevista la richiesta congiunta (l’assenso) di entrambi i genitori del minore (documento valido per l’espatrio)”.
Gli esempi di possibili criticità riguardano ad esempio la trascrizione di una sentenza di adozione o la trascrizione di atti di nascita formati all’estero, il riconoscimento in Italia di provvedimenti di adozione pronunciati all’estero, la rettifica di attribuzione del sesso, oppure quando a registrare sia direttamente il sindaco.
In questi casi, il rilascio del documento “potrebbe essere impedito dall’ufficio – in violazione di legge – oppure, potrebbe essere subordinato a una dichiarazione non corrispondente alla realtà, da parte di uno degli esercenti la responsabilità genitoriale”.
La risposta di Palazzo Chigi
“L’ordinanza del Tribunale civile di Roma sulla qualifica di genitore nella carta di identità elettronica risale al 9 settembre 2022 e non è stata impugnata dal Ministero dell’Interno. La decisione sarà esaminata dal Governo con particolare attenzione perché presenta evidenti problemi di esecuzione e mette a rischio il sistema di identificazione personale“
affermano fonti di Palazzo Chigi
Parità e polemiche “Genitore 1 e 2? Si può”
Ma il governo non ci sta: siamo pronti a intervenire
Il tribunale di Roma dà ragione a due mamme di una bambina adottata “Sui documenti della piccola la dicitura dovrà apparire neutra”
Poi la nota di Palazzo Chigi:
“A rischio il sistema di identificazione”
Genitore 1 e Genitore 2? Si può dire, anzi no. Rischia di diventare una nuova querelle la dicitura ’neutra’ che il Tribunale civile di Roma ha concesso sui documenti d’identità, in contrasto con il decreto dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che imponeva l’uso di “padre” e “madre”. “Illegali o discriminanti le parole mamma e papà?, le parole più belle del mondo. Non ho parole, ma davvero”, twitta indignato il leader della Lega.
Ma neanche il tempo che si diffondesse la notizia, che sull’ordinanza dei giudici romani, il governo ha subito annunciato di voler fare attente verifiche: “la decisione – si legge infatti in una nota di Palazzo Chigi –, sarà esaminata dal Governo con particolare attenzione”, perché “presenta evidenti problemi di esecuzione e mette a rischio il sistema di identificazione personale”
L’ordinanza risale al 9 settembre 2022 “e non è stata impugnata dal Ministero dell’Interno”, osserva Palazzo Chigi in una nota.
Il provvedimento del Tribunale Civile arriva dopo una causa intentata da una coppia composta da due mamme, quella legale e quella adottiva, di una bimba.
“La dicitura che dovrà comparire sulla carta di identità della bambina dovrà essere neutra: ‘genitore’” anzichè madre e padre: diede loro ragione il tribunale. La vicenda risale a qualche mese fa: dopo una sentenza passata in giudicato in cui si riconosceva l’avvenuta adozione della bambina, come da prassi le mamme si sono recate all’ufficio anagrafe del Comune per chiedere la carta di identità della piccola.
“Allo sportello, giustamente, hanno detto alle due donne che non si poteva procedere – spiega l’avvocata Federica Tempori che ha assistito la coppia – con la dicitura neutra ma occorreva la scritta ‘padre e madre o chi ne fa le veci’”
La coppia a quel punto ha deciso di non procedere e come primo passo ha presentato una istanza al Tar sperando che i giudici amministrativi dichiarassero illegittimo il decreto ministeriale.
Il Tar non si è però espresso spiegando che la competenza spettava al tribunale ordinario.
“Ci siamo rivolti, quindi, al tribunale ordinario che con una sentenza bellissima ci ha dato ragione – aggiunge l’avvocata –. Il giudice, inoltre, afferma che il decreto oltre a violare le norme, sia comunitarie che internazionali, è viziato da eccesso di potere. In quel provvedimento il ministro va oltre le sue competenze: la carta di identità è, infatti, un documento certificativo di una realtà già pre-esistente nell’atto nascita che stabilisce una madre partoriente e una adottiva. Non può quindi esserci discrasia tra documento di identità e l’atto di nascita”
Sulla decisione del tribunale civile è intervenuta Monica Cirinnà, responsabile Diritti Civili del Pd, affermando che nella ordinanza “si riconosce che le famiglie nel nostro paese sono plurali e diverse tra loro. Il decreto voluto da Matteo Salvini quando era Ministro dell’Interno – e, mi dispiace dirlo, mai modificato in seguito nonostante le tante sollecitazioni del Parlamento e le rassicurazioni fornite dai successivi Governi – è illegittimo e non deve essere applicato”.
Il tribunale cancella il decreto Salvini e “riabilita” genitore 1 e genitore 2
Due madri avevano una sentenza passata in giudicato e hanno ottenuto un’ordinanza dal giudice civile per riavere la dicitura neutra sui documenti della figlia
Non più ‘madre’ e ‘padre’ sulla carta di identità della bambina, ma una dicitura neutra con la scritta: ‘genitore’.
Lo ha deciso il Tribunale civile di Roma con un’ordinanza in relazione al ricorso presentato dalle due madri delle piccola (legale e adottiva) contro un decreto del 31 gennaio del 2019, dall’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini.
Secondo quanto si apprende, le mamme avevano una sentenza di adozione passata in giudicato e per questo si sono presentate al Comune per chiedere la carta di identità, ma allo sportello era stato detto che non si poteva procedere con la dicitura neutra, ma occorreva la scritta ‘padre e madre o chi ne fa le veci’.
La coppia si è a quel punto rifiutata e dopo un primo ricorso al Tar si è rivolta al tribunale ordinario che, con la sentenza di oggi, ha dato ragione alle mamme.
Sui documenti «Genitore 1 e genitore 2» diventano realtà
Il tribunale di Roma ha reputato ingiusto dover indicare la dicitura «madre e padre» nei documenti, reputando più corretto parlare di «genitori».
Forse, uno dei peggiori incubi di Giorgia Meloni (da donna-madre-italiana-cristiana) si è realizzato
La «colpa» è tutta di una recente sentenza del tribunale Civile di Roma (XVIII Sezione), la quale ha stabilito che sarà possibile per le due madri di una bambina essere indicate sulla carta d’identità della piccola come «genitore 1 e genitore 2» al posto che «madre e padre».
Una notizia che porta immediatamente alla mente il comizio del 2019 in cui Giorgia Meloni, allora solamente leader di Fratelli d’Italia e non la seconda carica più importante dello Stato, si lamentava della proposta della sinistra di inserire la dicitura
«genitore 1 e genitore 2» in tutti i documenti, venendo poi trasformata in un eterno meme.
Ma ora è tutto vero. Grazie all’ordinanza del tribunale capitolino il primo cittadino Roberto Gualtieri, in qualità di ufficiale del Governo, sarà tenuto ad indicare le qualifiche «neutre» di «genitore» in corrispondenza dei nomi delle ricorrenti.
Il ricorso era stato presentato dalle associazioni Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno, a rappresentanza di due mamme, per contrastare il decreto Salvini che aveva imposto, nel 2019, l’obbligo di modificare la dicitura sulle carte d’identità elettroniche rilasciate ai minorenni, le quali non dovevano più indicare i «genitori», ma «padre» e «madre», escludendo volutamente in questo modo tutte quelle famiglie dove i genitori sono due madri o due padri.
Un provvedimento, quello dell’allora capo del Viminale, che era contrario alle indicazioni del Garante della privacy e della Conferenza Stato-città, capace di mettere in difficoltà numerose famiglie omogenitoriali (che, piaccia o meno a chi Governa, esistono e godono come le altre di diritti inviolabili).
È proprio per far fronte a una compilazione della documentazione equa e che garantisse i diritti di tutti, che due mamme hanno deciso di presentare ricorso tramite vie legali, vincendo la causa.
Per il giudice territoriale, al fine di ottenere il rilascio della Carta d’Identità Elettronica valida per l’espatrio di una bambina minorenne, «la falsa rappresentazione del ruolo parentale di una delle due genitrici, in evidente contrasto con la sua identità sessuale e di genere, comporta conseguenze (almeno potenziali) rilevanti sia sul piano del rispetto dei diritti garantiti dalla Costituzione, sia sul piano della necessaria applicazione del diritto primario e derivato dell’Unione europea».
Il tribunale nella sua pronuncia, ha specificato che «La carta d’identità è un documento con valore certificativo, destinato a provare l’identità personale del titolare, che deve rappresentare in modo esatto quanto risulta dagli atti dello stato civile di cui certifica il contenuto. Ora, un documento che, sulla base di un atto di nascita dal quale risulta che una minore è figlia di una determinata donna ed è stata adottata da un’altra donna, indichi una delle due donne come “padre”, contiene una rappresentazione alterata, e perciò falsa, della realtà ed integra gli estremi materiali del reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico (artt. 479 e 480 cod. penale)»
La sentenza è destinata a fare la storia, potenziale propulsione verso il definitivo cambiamento di una normativa la cui ingiustizia è più palpabile che mai
«Il tribunale di Roma ha dichiarato illegittima la circolare Padre e Madre, che Salvini fece nel 2019, per vietare ai figli delle coppie LGBT+ di avere i nomi di entrambi i padri o le madri sui propri documenti, causando un danno ai minori, ad esempio scuola, negli ospedali, alle frontiere ed in molti altri casi dove veniva riconosciuto un solo genitore. Ora richiediamo che Salvini e la ex Ministra Lamorgese, che non vollero modificare questa circolare discriminatoria, siano sanzionati, non si può fare politica sulla pelle delle persone, creando danni senza mai avere alcuna sanzione».
Lo dichiara Fabrizio Marrazzo, portavoce del Partito Gay LGBT+, Solidale, Ambientalista, Liberale.
Tribunale di Roma, stop al decreto Salvini: si scrive «genitori» sulla carta di identità dei bambini, non «padre e madre»
«Genitore» è l’ unica qualifica possibile per le due madri di una bimba. I giudici del tribunale civile di Roma (XVIII Sezione) hanno accolto il ricorso di due madri per l’identità da scrivere sulla carta d’identità elettronica valida per l’espatrio della figlia.
«Il tribunale accoglie parzialmente il ricorso e per l’effetto dichiara il difetto di legittimazione passiva di Roma Capitale».
È una sentenza importantissima, che spiana la strada all’abolizione della norma Salvini, che imponeva la dicitura «padre» e «madre», e al riconoscimento del ruolo genitoriale di due mamme o due papà anche sui documenti del minorenne.
L’ordinanza è rivolta al ministero dell’Interno e ora il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, « come ufficiale del Governo», «è tenuto ad indicare (apportando al software e/o dell’hardware predisposto per la richiesta, la compilazione, l’emissione e la stampa delle carte d’identità elettroniche le modifiche che si rendessero all’uopo necessarie) le qualifiche «neutre» di «genitore» in corrispondenza dei nomi delle ricorrenti (…)».
La vicenda
Il ricorso delle due mamme era stato portato avanti dalle associazioni Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno, che fin dal 31 gennaio 2019 si erano attivate per contrastare il decreto Salvini.
L’allora ministro dell’Interno aveva emanato un decreto per modificare la dicitura impressa sulle carte di identità elettroniche rilasciate a minorenni: non più genitori, nei campi previsti per i nominativi delle persone che esercitano la potestà genitoriale, ma «padre» e «madre», anche nei casi in cui le famiglie sono composte da due papà o due mamme. L’adozione del provvedimento andava infatti contro le indicazioni del Garante della privacy e della Conferenza Stato- città e metteva in seria difficoltà le famiglie omogenitoriali: «Migliaia di mamme e di papà, già legalmente tali in forza di legge o di intervenute sentenze di adozione, sono state costrette ( e lo sono ancora oggi) a vedere il proprio nominativo femminile indicato sotto la dicitura «padre» e viceversa il proprio nominativo maschile indicato sotto la dicitura «madre», scrivono le due associazioni che si sono battute per il riconoscimento dei diritti dei genitori dello stesso sesso. La ministra Lamorgese, nel gennaio 2021, aveva annunciato la modifica del decreto durante un question time in Parlamento. Una modifica mai portata avanti, anche a causa del cambio di compagine politica: il secondo governo Draghi aveva anche l’appoggio della Lega, il partito di Salvini, che non avrebbe gradito un disconoscimento del suo operato. Per cui di fatto le famiglie omogenitoriali in tutti questi anni si sono trovate a doversi adeguare alla procedura»; oppure ricorrere per via legale. Cosa che hanno fatto le due mamme che hanno vinto al tribunale di Roma, dopo una tortuosa vicenda giudiziaria.
L’ordinanza
L’ordinanza, ampiamente motivata, precisa: «Discutendosi, nella fattispecie, del rilascio della Carte d’Identità Elettronica valida per l’espatrio, la falsa rappresentazione del ruolo parentale di una delle due genitrici, in evidente contrasto con la sua identità sessuale e di genere, comporta conseguenze (almeno potenziali) rilevanti sia sul piano del rispetto dei diritti garantiti dalla Costituzione, sia sul piano della necessaria applicazione del diritto primario e derivato dell’Unione europea». Inoltre, riconoscendo di dover «chiudere un ormai troppo lungo discorso su una questione la cui soluzione dovrebbe risultare di immediata percezione», il Giudice ha aggiunto: «La carta d’identità è un documento con valore certificativo, destinato a provare l’identità personale del titolare, che deve rappresentare in modo esatto quanto risulta dagli atti dello stato civile di cui certifica il contenuto. Ora, un documento che, sulla base di un atto di nascita dal quale risulta che una minore è figlia di una determinata donna ed è stata adottata da un’altra donna, indichi una delle due donne come “padre”, contiene una rappresentazione alterata, e perciò falsa, della realtà ed integra gli estremi materiali del reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico (artt. 479 e 480 cod. penale)». Si attende, ora, un’altra pronuncia, sempre del Tribunale di Roma, relativa a un caso del tutto analogo di due mamme, assistite dall’avv. Mario Di Carlo e dall’avv.ta Susanna Lollini.
«La sentenza rappresenta un importante risultato, raggiunto dopo uno straordinario lavoro di squadra di professionisti e professioniste a cui esprimo la mia gratitudine. Purtroppo, il Governo non ha ancora annullato il decreto e, così, continua ancora oggi a offendere la dignità e l’identità di tante famiglie, che volta per volta dovrebbero chiedere a un Tribunale di disapplicare il ‘Decreto Salvini’ per vedersi riconosciuti i propri diritti fondamentali. Reputiamo questo profondamente ingiusto sia per i tempi e sia per i costi della giustizia», commenta l’avvocato Vincenzo Miri, presidente di Rete Lenford. «Il giudice ha messo nero su bianco quello che già sapevamo: le istituzioni devono tutelare i diritti dei più deboli, in questo caso i minorenni, e non scrivere per legge su documenti ufficiali informazioni false e lesive della dignità delle persone- sottolinea Alessia Crocini, presidente di Famiglie Arcobaleno- Chiediamo che il Decreto Salvini venga annullato perché bambini con due mamme o due papà hanno il diritto di veder riconosciuta la loro storia e la loro famiglia»
#sapevatelo2022