ANTROPOLOGI E STUDIOSI CERCANDO L’ETHOS LUCANO
L’approfondimento di Tanino Fierro
Nord, Sud, due punti cardinali, uno all’opposto dell’altro. Due sistemi geoeconomici che, ancora oggi, determinano eventi e differenze sociali di notevole portata nel paese Italia. È l’aspetto che ci interessa e sul quale indugiamo. Andiamo con ordine. Il Nord, prossimo al cuore dell’Europa, ha vissuto pienamente le fasi salienti del Rinascimento, dell’Illuminismo, dell’Unità d’Italia, del boom economico, con la consapevolezza di cambiare i paradigmi della storia d’Italia. Il Sud, forte del legame atavico con le sponde del Mediterraneo, ha vissuto quei periodi in uno stato di palese subordinazione che, emotivamente, lo ha visto dimesso verso quei processi di trasformazione sociale ed economica in atto nel Paese. Eventi storici che hanno fatto la differenza e che, ancora oggi, ci portano a dire che le condizioni di subalternità esistono ed acuiscono in modo evidente le disuguaglianze esistenti nelle due realtà, pur in presenza di diversi interventi fatti dallo Stato italiano nel tempo per lenire le disparità. C’è stata una inversione di tendenza da parte dello Stato italiano a favore del Sud, va ricordato per onestà intellettuale, all’indomani della seconda guerra mondiale quando con il Progetto Marshall si pensò al Mezzogiorno come ad un’area geografica cui indirizzare risorse, uomini e mezzi per risollevarla dallo stato di miseria cui versava. Osserviamo che dagli anni 50’ in poi molte opere di civiltà furono realizzate nel campo delle infrastrutture viarie, sanitarie e della pubblica istruzione, come anche si assicurò la presenza di studiosi di mezzo mondo, americani in prevalenza, in diversi paesi meridionali per analizzare le cause dell’atavica arretratezza ivi esistente. Giunse, così, soprattutto in Basilicata, una pletora di intellettuali del calibro di Friedrick Friedmann, Edward Banfield, George Peck, Ann Cornelisen, Adriano 0livetti che, facendo proprie le esperienze vissute sulla propria pelle da Carlo Levi, de visu capirono che le cause dell’arretratezza della gente lucana dipendevano si dal suo isolamento geografico, ma in gran parte anche dal carattere e dalla mentalità, accentuatamente retrograde. Riscontrarono la presenza di una letale rassegnazione e malinconia che lacerano nell’intimo gli angoli più nascosti dell’animo umano. Eppure, si chiesero, la retorica sul diritto alla felicità del retto vivere è un fatto moderno, sancito dalla Costituzione, perchè, invece, accadeva il contrario? La felicità era ed é uno stato d’animo sereno. Non può essere un diritto garantito dalla legge e non passa dalle Istituzioni e dai poteri costituiti anche se essi hanno delle implicazioni. Era ed è una personale condizione spirituale, forse effimera, ma combaciante con la vita. La scontentezza era una condizione interiore e sociale, civile e politica; nasceva da uno squilibrio tra aspettative e realtà. Quello che loro definivano rancore, odio, frustrazione, era una rivalsa sempre preceduta dalla scontentezza. Un alibi piagnone per non agire, non assumersi responsabilità e scaricare sempre sugli altri i propri doveri. Non solo: ma tutto ciò che apparteneva alla loro civiltà era vissuto con un senso di colpa e, spesso, con vergogna. E l’effetto collaterale di quel modo di vivere e ragionare era incentrato sulla propria individualità, vissuta in modo egocentrico ed opportunistico. A distanza di anni da quelle analisi, che furono contestate per la loro crudezza dalle autorità locali e non solo, notiamo che la realtà lucana onestamente è cambiata, è progredita, ma conserva ancora dei tratti comportamentali dell’individuo che non si discostano molto da quelle realistiche rappresentazioni. In aggiunta osserviamo che le nuove generazioni, afflitte dal desiderio “di altrove”, come una volta fuggono purtroppo dai propri luoghi e dalle proprie responsabilità, anche per colpa delle politiche mancate, solo per appagare una originaria insoddisfazione. La tendenza prevalente é uniformarsi alla civiltà occidentale, ad una forma culturale globale, senza rendersi conto che nella propria realtà c’è l’esperienza della vita vera, la forza dei legami e dell’identità che, proprio partendo dalla generale scontentezza, può dar luogo ad una svolta, a una rivoluzione conservatrice, a un cambio dei paradigmi sociali esistenti.
Di Tanino Fierro