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SFRUTTAMENTO BADANTI, IL RISULTATO STORICO

Tratta moldave l’ufficio consigliera di parità parte civile nel processo penale a Potenza. Pipponzi: «Per delitti in danno di una pluralità di lavoratrici è il 1° caso in Basilicata»

La Corte d’Assise di Potenza, presieduta dal dottor Rosario Baglioni, ha ammesso la costituzione di parte civile dell’Ufficio della Consigliera regionale di parità, patrocinato dell’avvocato Luca Lorenzo, nel procedimento a carico di una organizzazione dedita alla tratta di persone e all’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Soddisfazione è stata espressa dalla Consigliera regionale di Parità, Ivana Pipponzi, deputata istituzionalmente al contrasto delle discriminazioni di genere sul lavoro, e dall’avvocato Lorenzo poiché «l’ammissione alla costituzione di parte civile per i delitti commessi in danno di una pluralità di lavoratrici per condotte discriminatorie rappresenta il primo caso in Basilicata, a dimostrazione della sempre crescente sensibilità e tutela verso la questione di genere». Gli sviluppi dell’originario filone investigativo a carico di 4 persone di nazionalità moldava, 3 donne e 1 uomo, proprio una donna, la classe ‘66 Valentina Duca, era per gli inquirenti a capo del gruppo, hanno col tempo fatto emergere anche il coinvolgimento di altri soggetti italiani. La vasta, capillare e complessa attività d’indagine, svolta dalla Squadra Investigativa Comune grazie al fondamentale supporto offerto dal Desk Italiano di Eurojust, ha sviluppato due diverse, ma analoghe, indagini, una delle quali coordinata dalla Dda lucana e l’altra dalla Procura moldava di Chisinau, che, come spiegò il Procuratore distrettuale del capoluogo Francesco Curcio nell’informare dei dettagli relativi all’operazione “Women transfer”, hanno consentito di acquisire elementi indiziari ritenuti gravi dagli inquirenti italiani e moldavi, in ordine alla esistenza di medesimo sodalizio criminoso che operava, per l’appunto, fra l’Italia e la Moldavia. Per ciò che attiene alle emergenze investigative che saranno oggetto del processo penale al Tribunale di Potenza, dopo essere state reclutate attraverso profili Facebook, le lavoratrici, tutte donne moldave, entrate nel territorio italiano con visto turistico, erano costrette a lasciare il passaporto nelle mani dell’organizzazione e a lavorare come badanti, in nero e in condizioni di sfruttamento, versando come tangente una quota del salario maturato. Le lavoratrici, inoltre, erano segregate e trattenute in alloggi gestiti dall’organizzazione in condizioni sociali, familiari ed economiche di vulnerabilità e di degrado. La condizione di grave sfruttamento lavorativo è stata dettagliata dalla Procura in ordine agli orari di lavoro, «massacranti e continui, senza adeguato riposo», all’assenza di «alloggio dignitoso», nonchè delle garanzie previdenziali ed assistenziali, «con paghe che, al netto delle trattenute per i debiti maturati dalle donne e degli orari di lavoro, sono risultate di gran lunga inferiori a quelle previste».

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