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Il viadotto sul Polcevera: l’analisi del crollo della pila 9 – seconda parte
Lo studio sul viadotto Polcevera per definirne il comportamento in esercizio e individuare le cause più probabili del disastro, mostrando i risultati delle analisi alla luce delle conoscenze acquisite

La prima parte dell’articolo è proposta sul fascicolo n° 154 Luglio/Agosto 2022 a pag. 58 e online su https://www.stradeeautostrade.it/ponti-e-viadotti/il-viadotto-sul-polcevera-lanalisi-del-crollo-della-pila-9-prima-parte/.

Foto in primo piano – photo credit: Eugenio A. Merzagora

Con riferimento alla prima puntata in cui è illustrato nel dettaglio il modello fisico-matematico della pila 9 1, al fine di tarare lo stesso rispetto a quanto progettato dal Prof. Morandi e nel rinviare alle valutazioni effettuate nel citato articolo circa la corrispondenza dei risultati ottenuti con quelli di progetto, in questa sede vengono illustrate e motivate le cause del disastroso collasso della pila stessa.


1 Come proposto anche da altri autori [4].


Lo stato di fatto (ex built)

Da un’approfondita analisi sia documentale [1, 2 e 3] che sul campo, si è potuto constatare come la struttura effettivamente realizzata presentasse notevoli differenze geometriche e costruttive rispetto al progetto originario.

Pertanto, si è aggiornato il modello agli elementi finiti descritto nella prima parte di codesto articolo, portando in conto non solo le varianti progettuali ma anche tutte le modificazioni strutturali – e non solo – avvenute in corso d’opera e negli anni successivi alla sua realizzazione, in modo da apprezzare le eventuali variazioni delle caratteristiche della sollecitazione e della deformazione che dette modifiche avrebbero potuto comportare.

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La variazione geometrica fondazione pila 9

Una modifica, come si vedrà nel seguito, affatto trascurabile è consistita nella variazione della geometria della zattera di fondazione su pali (Figure 1A e 1B); infatti, la sua forma in pianta da rettangolare (Figura 1A) fu variata modificando [1 e 2] l’inclinazione (∼6°) dei due lati lunghi in direzione trasversale al ponte (Figura 1B).

Di conseguenza, la geometria delle suddette antenne e dei quattro cavalletti a telaio risultò variata tant’è che il loro allineamento non risultava più ortogonale all’asse dell’impalcato (Figure 2A, 2B, 3A e 3B).

Si chiarisce, se ce ne fosse bisogno, che tutte le valutazioni e le determinazioni fatte per il sistema simmetrico sono state ripetute su quello appena descritto sia riguardo alle sollecitazioni e deformazioni sia con riferimento ai fenomeni reologici considerati fino alla data del crollo (2018).

Dal confronto si desume che sostanzialmente nulla varia per ciò che concerne il comportamento sotto carico dell’intero complesso strutturale, tranne che per il traverso di sommità di collegamento delle antenne ad “A”, evidenziato in Figura 4.

Infatti, dai calcoli svolti e dall’individuazione – tramite il tracciamento delle linee di influenza – delle condizioni di carico più gravose per gli elementi considerati si è potuto accertare come il traverso, invece, abbia subito modifiche affatto trascurabili nel valore di alcune caratteristiche di sollecitazione.

Invero, l’evidente emisimmetria della struttura produce nel suddetto traverso e sotto i soli pesi permanenti a t = 0 (1967) variazioni notevoli sia nei valori del momento flettente fuori dal piano (Mz) che in quelli del momento torcente (Mx) come, peraltro, mostra chiaramente la Figura 5.

Altro aspetto di grande rilevanza considerato nell’analisi del comportamento strutturale del cavalletto n° 9 è stato il fatto che il traversone di sommità delle pile ad “A” fosse poco armato soprattutto a taglio e torsione; circostanza questa, peraltro, accertata grazie all’esame degli elaborati grafici di progetto e dei reperti a valle del crollo (Figure 6A e 6B).

Quanto sopra è stato determinante nella decisione di indagare più approfonditamente sulle effettive resistenze del traversone alle azioni indotte non tanto dai carichi di esercizio dettati dalle varie Normative che si sono succedute negli anni quanto dai carichi ripetuti di intensità certamente inferiore.

Il collasso della rastrelliera di sostegno dei cavi

Vale evidenziare, inoltre, come il comportamento della pila sia stato ulteriormente modificato a causa di importanti carenze esecutive e difformità tra quanto progettato e quanto effettivamente realizzato e il cui accertamento, peraltro, è stato reso possibile solo a crollo avvenuto; dette insufficienze hanno interessato principalmente gli stralli in direzione Genova, lato mare.

Come è possibile desumere dalle Figure 7 e 8 in cui sono rappresentate le selle di rinvio di tutti cavi (principali e secondari), un graticcio di barre verticali e orizzontali creava una successione di punti di appoggio opportunamente distanziati nelle due direzioni per i cavi in modo da garantirne la posizione reciproca e i necessari interassi (Figura 7).

Ebbene, come è stato possibile accertare solo dopo il crollo esaminando i reperti (Figura 8), le rastrelliere sopra descritte, necessarie al posizionamento ed alla deviazione dei fasci di cavi “c” e “c’”, sono collassate all’atto della messa in tensione degli stessi e dopo l’eliminazione dei cavi provvisori e delle arpe.

Il collasso ha comportato un “affastellamento” dei fasci di cavi principali e secondari che, oltre a modificarne non poco la posizione all’interno della guaina in c.a. ingenerando una non trascurabile eccentricità “e” rispetto al progetto, ha impedito di mettere in opera su ciascun cavo nel suo tratto finale di sommità (∼1,80 m) le previste guaine metalliche utili e necessarie all’applicazione della precompressione dello strallo.

Quanto appena sottolineato ha impedito, altresì, che in tale tratto si sviluppasse correttamente il previsto stato di coazione impressa con una conseguente riduzione nello stesso tratto della capacità di fronteggiare sforzi di trazione conservando sezioni omogeneizzate interamente reagenti e, quindi, con un aumento della probabilità di parzializzazione delle stesse (Figura 9).

La citata eccentricità, considerata in maniera del tutto cautelativa pari a 7 cm – a dispetto di diversi rilievi e documentazioni che mostravano abbassamenti ben più marcati – ha di fatto prodotto nel traversone di sommità un ulteriore aggravio del momento torcente (Mx) già rilevante in virtù della emisimmetria delle antenne (Figura 5) incrementandolo di oltre il 20% e facendogli attingere valori superiori alle 220 tm (Figure 10 e 11).

Il tiro prematuro dei cavi secondari degli stralli della pila 9

A differenza di quanto avvenuto per il tiro dei cavi secondari della pila 10 e 11, nella pila 9 – parrebbe a causa dei ritardi accumulati nell’andamento dei lavori – lo sforzo di precompressione è stato applicato solo dopo 9÷10 giorni dal getto delle guaine in c.a. degli stralli rispetto ai circa 70 giorni della pila 10 e ai 365 della pila 11.

Tale aspetto ha avuto un ruolo fondamentale nella definizione e nell’evoluzione della curva reologica del materiale calcestruzzo; infatti, nelle Figure 12A e 12B si può notare uno spiccato incremento del fenomeno di viscosità che ha provocato un altrettanto spiccata caduta di tensione nei cavi di precompressione [5, 6 e 7].

Le modifiche alle azioni permanenti

Non ininfluenti, poi, sono state le modifiche delle azioni permanenti avvenute negli anni. Infatti, esse hanno contribuito alla ulteriore variazione in aumento del momento torcente nel traverso di sommità, hanno amplificato lo sviluppo dei fenomeni lenti sull’intera struttura e contribuito a decomprimere ulteriormente le guaine degli stralli [8].

Le principali variazioni dei carichi sono risultate:

  • la sostituzione dei sicurvia metallici con New Jersey in c.a. con il conseguente ringrosso delle travi di bordo e degli sbalzi;
  • l’inserimento delle protezioni in c.a. dell’attacco degli stralli all’impalcato;
  • l’aumento dello spessore della massicciata.

Nelle Figure dalla 13 alla 18B è possibile apprezzare la notevole variazione – in diminuzione – della tensione di precompressione conseguente alle suddette modifiche.

Nelle Figure 18A e 18B è rappresentata l’evoluzione della tensione di precompressione nel concio di sommità dello strallo sia sotto l’azione dei soli carichi permanenti (Figura 18A) che anche di quelli accidentali (Figura 18B) nei due casi di studio:

  • precompressione agente dopo adeguata stagionatura del cls delle guaine (40 giorni);
  • precompressione prematura (9÷10 giorni).

Vale evidenziare come le determinazioni di cui sopra sono state condotte nella favorevole ipotesi di piena efficacia della coazione impressa anche nel citato tratto terminale, ipotesi che nei fatti è risultata non del tutto attendibile.

Premesso, come è facile verificare, che i carichi permanenti sull’impalcato erano ben più gravosi di quanto fosse stato previsto in fase di progettazione e che la loro azione nel tempo aveva eroso quasi del tutto la tensione residua di precompressione agente sulla guaina in c.a.p. (Figure 17 e 18A), l’applicazione dei massimi carichi di esercizio 2 di Normativa vigente all’epoca del crollo aveva come conseguenza la inequivocabile parzializzazione della sezione resistente dello strallo, e ciò addirittura nella ipotesi favorevole di assenza di degrado dei materiali che la costituivano, con compromissione del previsto funzionamento a sezione interamente reagente.


2 Carico proposto dalla vigente Norma NTC 2018 risulta meno gravoso di quello della Circ. Min. LL. PP. n° 384 – 14 Febbraio 1962 e paragonabile con quello del D.M. 4 Maggio 1990.


Le cause del crollo

Dall’esame della Figura 19 si può notare come il valore del momento torcente nel traverso di sommità risulti notevolmente influenzato dalle modifiche strutturali e di carico sopra descritte.

A tal proposito, vale evidenziare che la verifica di resistenza allo Stato Limite Ultimo del suddetto elemento strutturale 3 risulta appena soddisfatta con un grado di sfruttamento superiore al 90% (Figura 20), circostanza questa che acclara una intrinseca vulnerabilità del traverso.


3 Portando in conto tutte le caratteristiche della sollecitazione agenti tra cui il Mx, Ty e Tz.


Inoltre, dall’esame dei fotogrammi tratti dal filmato del crollo è possibile individuare uno spostamento del traverso e specificamente una rotazione antioraria dello stesso intorno al nodo di incastro con l’antenna lato monte immediatamente prima del collasso.

Pertanto, si è ritenuto plausibile considerare l’eventualità che sia stato il traverso all’origine del collasso dell’intera struttura (Figura 22) e che, attesa l’assenza di suoi evidenti dissesti nel tempo, esso potesse essere stato sollecitato negli anni da cicli di tensione, sia pure tutti contenuti nell’ambito dei limiti di resistenza, che lo hanno condotto all’improvviso collasso per fatica.

Si è considerata, quindi, una condizione di carico cosiddetta frequente 4 che desse luogo a escursioni di tensione sulle armature del traverso 5 tali da portarlo a rottura dopo un numero di cicli congruente con i probabili effettivi transiti veicolari sul ponte: le verifiche effettuate [9] hanno mostrato la rottura a fatica dopo 51 anni (Figura 21).


4 Ai sensi della Normativa attualmente in vigore (NTC 2018).

5 Armatura traverso: St. 1φ12/25”, (3+3)φ16 alle pareti, 2φ16+5φ30 fil. sup., 9φ30 fil.inf.


Questa circostanza ha indotto a valutare le sollecitazioni sui vari elementi strutturali in corrispondenza della condizione di carico del 14 Agosto 2018 e, in particolare, sugli stralli e sul traverso di sommità (Figure 23 e 24).

Quest’ultimo, per quanto sopra detto, non ha potuto esprimere resistenze residue sufficienti a fronteggiare sia il momento torcente (Mx) che il taglio agenti per quel carico ed è quindi collassato rompendosi a taglio-torsione con un quadro fessurativo sinteticamente rappresentato nella Figura 23.

La torsione, in uno con la sollecitazione tagliante fuori dal piano, all’atto della rottura si è ridistribuita tra gli altri elementi strutturali quali i ritti delle antenne e gli stralli in funzione delle loro rigidezze (Figura 23); le conseguenti verifiche delle sezioni più cimentate sono state ovviamente condotte portando in conto l’effettivo livello di decadimento di resistenza delle stesse.

Occorre ribadire, a questo punto, che la mancata precompressione del tratto terminale della guaina in c.a. dello strallo in esame, compromettendone la capacità di resistere a trazione sotto l’azione dei carichi accidentali, ne ha provocato la fessurazione più o meno diffusa innescando il degrado progressivo delle armature fino a importanti livelli di corrosione finanche fessurante.

Nel seguito viene consegnata l’evoluzione dello stato tensionale nello strallo GE – lato mare – a seguito della rottura del traverso di sommità dell’antenna sotto l’azione dei carichi agenti il 14 Agosto 2018 (Figura 25).

La condizione di carico al crollo
25. La condizione di carico all’atto del crollo

A tal proposito, ci si è basati sui risultati delle prove effettuate in laboratorio sui fasci di cavi principali (A) e secondari (B) ricavati dai reperti del crollo che hanno consentito di assumere, per i primi, una percentuale di corrosione del 40% mentre per i secondi si è considerata una percentuale di corrosione variabile a seconda della loro posizione all’interno della guaina deducendola sempre dalle valutazioni sperimentali di cui sopra 6.


6 Mediamente pari al 62%.


È a chiarirsi che non si è tenuto conto -in modo conservativo dell’effetto dinamico impulsivo dovuto alla liberazione dell’energia di deformazione accumulata al momento della rottura che ha di sicuro incrementato i valori delle sollecitazioni trasmesse agli altri elementi strutturali.

Nei paragrafi successivi viene illustrato in primo luogo il comportamento dello strallo – fessurato – sotto l’azione dei carichi agenti con il traverso di sommità integro e, successivamente, lo stesso comportamento viene confrontato con quello a collasso avvenuto. 

L'eccentricità del fascio di cavi
26. Traverso integro: eccentricità del fascio di cavi nel corpo della guaina

Traverso di sommità integro

Come è possibile desumere dai diagrammi riportati nel seguito è stata rideterminata l’effettiva posizione dei fasci di cavi A e B all’interno della sezione della guaina e, per essa, si è valutato lo stato di tensione negli stessi conseguente all’applicazione del tiro provocato dalla condizione di carico suddetta.

Ciò avviene al variare della percentuale di corrosione dei cavi B, avendo assunto quale tensione ultima quella ridotta per il fenomeno della tenso-corrosione e considerando il traverso di sommità ancora integro ed efficace (Figure 26, 27A, 27B, 27C e 28).

In ciascuna figura, il cambio di colore dei cavi (giallo => rosso) nella sezione A-A posta a destra del valore limite ne evidenzia la crisi, mentre la loro eliminazione nelle Figure 27B, 27C e 28 ne indica la rottura.

Dalle Figure 27A, 27B e 27C è possibile individuare per ciascun registro di cavi secondari il valore di corrosione che conduce alla rottura progressiva dello stesso fino a rendere inefficace il contributo di tutti i cavi secondari chiarendo, laddove fosse necessario, che tutti i valori di corrosione individuati appaiono compatibili con l’effettivo grado di danno valutato sperimentalmente sui reperti.

A questo punto vale notare come, nonostante la massiccia percentuale di corrosione ipotizzata sui cavi principali, la possibile rottura progressiva di tutti i cavi B (Figura 28) non conduca al collasso anche di quelli principali ancora caratterizzati da un sia pur minimo margine di sicurezza.

I cavi A
28. Traverso integro: cavi A

Rottura del traverso di sommità

A valle di queste determinazioni si è proceduto ad esaminare il caso in cui, per la rottura del traverso, si sia verificata la ridistribuzione delle caratteristiche della sollecitazione tra i vari elementi resistenti ancora efficaci peraltro evidenziata nelle Figure 23 e 24.

Nella Figura 29 è indicata l’aliquota di torsione ridistribuita sullo strallo GE – lato mare – a incrementare la caratteristica flettente agente sullo stesso.

In conseguenza di quest’ultima, si sono rivalutate le tensioni sui cavi della sezione dello strallo – certamente fessurata – considerando ovviamente la sola resistenza offerta dagli stessi [10].

Flessione nello strallo
29. Rottura traverso: incremento della flessione nella sezione terminale dello strallo

Nel chiarire che a sezione fessurata i cavi – primari e secondari – sono gli unici elementi resistenti in grado di fronteggiare le azioni esterne, si fa notare che – qualora si portasse in conto l’effetto dinamico del collasso improvviso del traverso a taglio-torsione – l’ovvia sollecitazione impulsiva che ne deriva avrebbe contribuito all’incremento dei valori delle caratteristiche ridistribuite favorendo vieppiù il meccanismo di rottura progressivo dei cavi dello strallo appresso descritto.

Come è immediato rilevare dalle Figure 30A, 30B e 30C, essendo i cavi principali e secondari anche in questo caso gli unici elementi resistenti in corrispondenza della sezione fessurata dello strallo, gli sforzi che li cimentano dipendono, oltre che dal tiro indotto dai carichi agenti, anche dagli sforzi conseguenti alla quota di momento torcente ridistribuito .

Questa circostanza comporta per lo strallo lato Genova-SE la rottura dei cavi secondari del primo registro e, per il trasferimento progressivo dello stato di tensione agente, la rottura anche dei rimanenti. In particolare, la Figura 30C corrisponde alla crisi del primo registro di cavi principali che avviene per un valore di corrosione dei cavi secondari del terzo registro pari al 58%.

A causa di detta crisi, per essere i residui cavi sollecitati – a parità di sforzo – a valori di tensioni di gran lunga superiori a quelle di rottura, il collasso dello strallo è certo e inevitabile. 

Conclusioni

Le valutazioni condotte dimostrano come il traverso di sommità dell’antenna ad “A” rappresentasse un elemento della struttura intrinsecamente vulnerabile e ciò per essere da un lato poco armato e dall’altro essere stato sollecitato negli anni da azioni ripetute non previste e non prevedibili nella loro entità 7.


7 Cfr. – Variazione geometrica fondazione pila 9; Cfr. – Collasso rastrelliera dei cavi; Cfr. – Tiro prematuro dei cavi secondari; Cfr. – Modifica azioni permanenti.


La vulnerabilità del traverso si è quindi estrinsecata nella sua rottura a fatica, come precedentemente dimostrato, che ha preceduto lo strappo dello strallo lato Genova-SE, avvenuto per rottura progressiva dei cavi secondari e principali.

Il collasso a fatica del traversone ha cambiato significativamente lo schema statico della struttura segnando una nuova ridistribuzione tensionale nei vari elementi; infatti esso, unitamente al cedimento della rastrelliera delle selle di rinvio dei cavi dello strallo, all’applicazione prematura del tiro di precompressione nei cavi secondari della guaina dello stesso, alla incompleta precompressione della parte terminale della stessa guaina e, infine, alle modifiche negli anni dei carichi permanenti, può essere considerato la causa scatenante la rottura dello strallo Genova-Lato mare.

Nella Figura 31 è riportata la sequenza degli accadimenti che hanno portato al crollo dell’intero sistema bilanciato n° 9 a partire dal citato collasso del traverso di sommità, seguito dal conseguente strappo dello strallo Genova-SE che ha compromesso l’equilibrio della sommità dell’antenna innescando il collasso della stessa a causa del tiro non più equilibrato dall’omologo strallo lato Savona.

La sequenza degli accadimenti
31. La sequenza degli accadimenti

L’impalcato, non più sostenuto da entrambi i lati, ha subito un’improvvisa variazione del suo schema statico passando da quello di trave continua su quattro appoggi a quello di cantilever in cui le sollecitazioni nelle zone di momento negativo hanno attinto valori insostenibili dalle sezioni resistenti provocandone la rottura e quindi il crollo. Infine, vale notare come la cinematica di quest’ultimo sia congruente con la tesi esposta nella presente memoria dove la causa prima del crollo del Viadotto Morandi viene individuata nel cedimento del traverso di sommità della pila ad “A”. 

Bibliografia

[1]. R. Morandi – “Il viadotto sul Polcevera per l’Autostrada Genova-Savona”, “Industria Italiana del cemento”, vol. XXVII, p. 849-872, 1967.

[2]. R. Morandi – “Descrizione del metodo di esecuzione, viadotto sul Polcevera dell’Autostrada Genova-Savona”, Roma, 1965.

[3]. R. Morandi – “Strutture strallate in cemento armato, concrete cablestayed structures”, “L’industria italiana del cemento”, vol. X, p. 887-897, 1980.

[4]. G.M. Calvi, M. Moratti, A. Orgnoni, R. Pinho, N. Scattarreggia – “La modellazione della sequenza di costruzione del Polcevera”, “Strade & Autostrade”, n° 141 Maggio/Giugno 2020 e n° 142 Luglio/Agosto 2020.

[5]. L. Della Sala, R. Cerone, A. Gennari Sartoni – “Effetti dei fenomeni viscosi sulle strutture a sbalzo in c.a.p. – un caso di studio”, Giornate AICAP 2002, XXII Convegno Nazionale “Le moderne strategie a garanzia del servizio delle opere in c.a. e c.a.p.”, Bologna, 6-8 Giugno 2002.

[6]. L. Della Sala, R. Cerone, A. Gennari Sartori, M. Tommasini – “Assessment, strengthening and validation of prestressed damaged beams”, the 8th International Conference on Damage Assessment of Structures (DAMAS 2009), Beijing, China, 3rd-5th August 2009.

[7]. L. Della Sala, R. Cerone, M. Franzese – “Assessment and strengthening of prestressed damaged beams”, IABMAS ‘10 Fifth – International IABMAS Conference Philadelphia, USA: Bridge Maintenance, Safety and Management, edited by Dan M. Frangopol, Richard Sause and Chad S. Kusko, Taylor & Francis Group London, 2010.

[8]. L. Della Sala, N. Auciello, S. Forte – “Il ponte Morandi sul Polcevera: analisi del crollo”, Tesi di Laurea specialistica UNIBAS, Potenza, 2021.

[9]. Eurocode 2 – “Design of concrete structures”.

[10]. L. Della Sala, R. Cerone – “Tecniche di rinforzo di impalcati in c.a.p.”, XXVI Convegno Nazionale AICAP 2011 “Le prospettive di sviluppo delle opere in calcestruzzo strutturale nel terzo millennio”, Padova 2011.

La prima parte dell’articolo è proposta sul fascicolo n° 154 Luglio/Agosto 2022 e online su https://www.stradeeautostrade.it/ponti-e-viadotti/il-viadotto-sul-polcevera-lanalisi-del-crollo-della-pila-9-prima-parte/.

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