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SGOMINATA LA BANDA DELL’IVA

Dalla procura di Lagonegro alla procura europea: 5 nei guai, un lucano di Atella in carcere. Operazione “Corto Circuito”, “scatole” societarie e prestanome: evasione da 57 milioni di €

Maxi evasione fiscale milionaria, gli inquirenti lucani chiudono il cerchio della complessa e internazionale operazione denominata “Corto Circuito”. I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Potenza hanno dato esecuzione a un provvedimento emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari di Lagonegro, su richiesta della Procura della Repubblica a quella sede, con cui è stata disposta una misura cautelare personale nei confronti di 5 persone e il sequestro preventivo di disponibilità economiche e finanziarie per un ammontare di oltre 57 milioni di euro. I profili modali delle frodi, in tempi diversi consumate da più persone fisiche e giuridiche, oltre che lo svolgimento delle condotte in diversi Paesi dell’Unione Europea, faranno approdare l’indagine alla Procura Europea, recentemente costituita. Le operazioni di servizio sono state eseguite in Campania, Lazio, Piemonte e Lombardia, oltre che in Basilicata con la collaborazione dei Reparti competenti per territorio ed ha visto impiegati una novantina di militari della Guardia di Finanza.
ORGANIZZAZIONE PER EVADERE L’IVA: MODALITÀ D’AZIONE
Le attività d’indagine hanno permesso di neutralizzare un’organizzazione criminale dedita all’evasione dell’Iva sugli acquisti di elettrodomestici e prodotti hi-tech, effettuati in diversi Paesi europei, quali Olanda, Bulgaria, Cipro, Germania, Repubblica Ceca e Slovacchia. L’organizzazione si avvaleva di una vasta filiera di imprese “cartiere” dislocate prevalentemente in provincia di Salerno, che ometteva di versare l’Iva all’erario. Tali società, erano prive di strutture aziendali, di personale dipendente, di capacità economiche e operative e spesso addirittura totalmente sconosciute presso gli indirizzi dichiarati quale sede legale o amministrativa; per ostacolare le attività investigative, le società sono state tenute in “vita” per un breve lasso temporale, generalmente di appena due-tre anni, per poi essere sostituite da altre società.
LA CABINA DI REGIA, LE “SCATOLE” SOCIETARIE VUOTE E I PRESTANOME
L’articolata frode è risultata coordinata da un’unica cabina di regia, composta dai cinque soggetti destinatari delle misure cautelari personali, che si occupava in una prima fase di reclutare i “prestanome”, ovverosia i soggetti formalmente soci ed amministratori delle società che hanno consumato la frode Iva. Questi erano destinati a fare da paravento in caso di controlli e di assumersi le relative responsabilità in luogo degli organizzatori della frode. In una seconda fase, l’organizzazione a delinqueresi occupava della costituzione delle società e dell’amministrazione di fatto delle stesse, provvedendo a corrispondere un compenso ai prestanome.
LUCANO DI ATELLA IN CARCERE
Il dominus dell’associazione a delinquere è stato individuato in un soggetto di Roma, amministratore di fatto di tutte le società coinvolte, che unitamente ad un cittadino di Atella, suo fiancheggiatore e stretto collaboratore, è stato destinatario della misura cautelare in carcere. Altri due romani, invece, sono stati molto attivi nell’organizzazione, che hanno coadiuvato nella fase operativa della frode il dominus, affinché si potesse realizzare l’evasione dell’Iva per il considerevole importo di oltre 57 milioni di euro. Per loro il Gip, da ricordare che i provvedimenti cautelari intervengono nella fase delle indagini preliminari e sono basati su imputazioni provvisorie, vale, dunque, nei confronti di tutti gli indagati la presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva, che si avrà solamente al termine delle varie fasi processuali, ha disposto l’obbligo di firma. Agli arresti domiciliari, invece, è finito un commercialista di Napoli, consulente di alcune società cartiere, che si è prestato, altresì, all’esecuzione di quegli adempimenti tecnici, quali la costituzione delle imprese, l’avvicendamento degli amministratori, necessari per infittire e ulteriormente complicare la trama criminale. Oltre a tali soggetti, vi è, poi, l’intero sottobosco costituito da 22 amministratori, solo sulla carta, delle società, destinatari di una perquisizione finalizzata al sequestro di disponibilità economiche e finanziarie per tutelare l’Erario e soddisfare il debito di oltre 57 milioni di euro accumulato in poco più di cinque anni oggetto di indagine.

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