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SOLIDARIETÀ L’ANTICORPO CONTRO L’INDIFFERENZA

«un gesto concreto per aiutare e supportare chi, in questo periodo particolare, vive una situazione di difficoltà; un gesto che riduce le distanze e gli effetti della solitudine»

Italiani e generosità

SOLIDARIETÀ L’ANTICORPO CONTRO L’INDIFFERENZA

Raccontare storie sociali senza capovolgerne il senso

Serve un algoritmo‼️

Raccontare le storie dovrebbe essere la via più efficace, e naturale, per far comprendere al pubblico “cosa fa” il volontariato; quali effetti reali produce nel quotidiano; qual è la sua portata culturale.

Ma come gestire le storie nella comunicazione salvaguardando l’intimità e la dignità delle persone coinvolte?

Come definire quell’“algoritmo perfetto” che fa emergere l’originalità (e l’esemplarità) di una storia, evitandone però la spettacolarizzazione?

Non esiste una ricetta “per essere efficaci e onesti”

«un gesto concreto per aiutare e supportare chi, in questo periodo particolare, vive una situazione di difficoltà; un gesto che riduce le distanze e gli effetti della solitudine» 

Non occorre una divisa o una coordinazione, ciò che occorre è essere vicini alle persone in difficoltà. 

La solidarietà, di solito, la si fa senza sbandierarla. Io, invece, ho deciso trasgredire questa “regola” non scritta, semplicemente parlandone. Ho inviato un messaggio solidale, invitando le persone a fare altrettanto. Non è esibizionismo questo, bensì l’inizio di un processo virtuoso a cui tutti possono partecipare.  

Mi piace denominarlo “esibizionismo virtuoso”: è un modo di mettere in mostra una pratica, creando un effetto emulativo.

Direi ad altri, anche politici, di fare proprio questo: ridurre le distanze tra politica e cittadini e tra i concittadini stessi. 

Nessuno si salva da solo. 

Il pensiero di partenza è:

“Cosa puoi dare tu alla comunità?”

ricordando sempre che

“Fare del bene è contagioso”

Tra beneficenza, solidarietà e sostegno istituzionale: dovere, rispetto e sensazionalismo. Tra “invisibili” ed esibizionisti 

Tra l’inizio di marzo 2020 ed oggi, ma anche domani, ci sono state e ci saranno centinaia di migliaia di persone che, in Italia, hanno dato il proprio contributo – piccolo o grande, immenso o minimo -, secondo proprio sentimento e propria disponibilità, per aiutare il prossimo (qualunque veste e qualunque volto avesse) in questi terribili mesi di pandemia.

Centinaia di migliaia di persone che lo hanno fatto in silenzio, senza apparire, senza dover aver medaglie da appuntarsi sul petto. Italiani ed italiane – alcuni dei quali caduti in malattia o che hanno perso la vita – che hanno voluto dare il proprio aiuto concreto. In mille forme diverse.

Con donazioni, con versamenti, con raccolte alimentari, con servizi di vario ed ampio spettro. Con la preghiera. Con l’assistenza. Con la disponibilità e l’ascolto.
Centinaia di migliaia di persone che non hanno atteso un grazie e non lo attendono: persone che continueranno a fare e a dare, secondo disponobilità, anche nei prossimi mesi.

Parallelamente, si sono mosse le macchine istituzionali della solidarietà: i Comuni, le Regioni, lo Stato, le protezioni civili, la Croce rossa, la Caritas.
Con loro le tante associazioni che, tra “dovere” statutario e solidarietà umana, hanno dato e continuano a dare il proprio aiuto.

È lecito dunque chiedersi dove finisca il dovere, da parte delle istituzioni e dove inizi la donazione umana: un confine che non dovrebbe esistere in alcun modo e che non dovrebbe mai essere rimarcato.

Mai.

Eppure, in questi mesi difficili, c’è chi intende – miseramente – il proprio compito istituzionale come una passerella personale: chi, nel silenzio delle centinaia di migliaia di persone sconosciute e “invisibili” che hanno dato e continuano a dare il proprio aiuto, continua a considerare il sostegno al prossimo come una vetrina personale, come un’eccezionale quasi catartica occasione di visibilità.

Chi, dunque – pur agendo in ambiti che hanno nell’assistenza e nel sostegno un proprio preciso dovere – , colto da personalismo ed esibizionalismo, interpreta la propria azione solidale in maniera distorta, marcia, vergognosa.

Penosa.

I nodi verranno presto al pettine ed arriverà il momento del giudizio morale.

Tanto esibizionismo, tanto personalismo, tanta vuota fasulla vicinanza umana appassiranno al cospetto all’esercito degli “invisibili, gli unici in grado di far gonfiare il petto al nostro Paese ferito.

È vero che le donne sono più generose?

Lo dicono i sondaggi: sono più numerose, più stabili e fedeli ai progetti.
Gli uomini si mobilitano in caso di emergenza.

Italiani popolo di santi, poeti, navigatori e donatori (maschi) molto emotivi.

Quando si tratta di aiutare economicamente gli altri, la penisola si spacca in due. Gli uomini si mobilitano solo durante le emergenze, mentre lo zoccolo duro della generosità lo fanno le donne.
Più numerose, più stabili e fedeli ai progetti.

È quanto emerge dal sondaggio Italiani Solidali 2017 di Doxa, che ha messo in luce il popolo dei donatori sopra i 14 anni e il loro comportamento, intervistando a domicilio un campione di 1051 persone in 102 comuni italiani. 15 milioni sostengono le associazioni no profit e 6,3 milioni fanno donazioni informali, ovvero l’elemosina, l’offerta occasionale, la beneficienza a scuola.

Le donne danno di più in entrambi i casi, con un rapporto di 6 a 4 rispetto agli uomini, il 36% contro il 22% del 2017.

«È la fotografia di un’Italia che si impegna. Un altro Paese che va comunicato, non quello della rabbia e del sospetto, ma quello che di fronte alla fatica di una crisi lunga e profonda non si è rinserrato in casa. L’associazione Vita ha stimato le donazioni annue in quasi 5 miliardi di euro, una cifra inaspettata» dice Edoardo Patriarca, presidente dell’Istituto italiano della donazione, che promuove la cultura della solidarietà, certifica le organizzazioni non profit virtuose e ha istituito il Giorno del Dono,

«non c’è futuro per le società chiuse, lo dice la storia»

Secondo Noi Doniamo, il sondaggio annuale dell’Istituto, svolto con modalità telematica insieme alla società di ricerca Gfk, i donatori sono 9,7 milioni di persone, anche in questo caso il numero di donne è maggiore.

La salute è il settore che, in assoluto, motiva di più la generosità.
È un tema che sentiamo più vicino, perché è legato alle nostre relazioni e al futuro di ognuno di noi.

Prima o poi riguarda tutti.

L’investimento emotivo ed economico è ingente, lo dicono i dati sul 5xmille dell’Agenzia delle Entrate, in cui la ricerca medica è di gran lunga la voce più sostenuta. Stando alle ultime rilevazioni disponibili, del 2016, ad Airc, l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro, sono stati devoluti oltre 64 milioni di euro, seguita a lunga distanza da Emergency, 13 milioni di euro.

Le donazioni alla ricerca diminuiscono soltanto in occasione di grandi emergenze, come le catastrofi naturali, secondo il sondaggio Doxa.

È successo nel 2005 con lo tsunami nell’Oceano Indiano, nel 2009 con il terremoto de L’Aquila, nel 2012 con quello dell’Emilia.

Mentre l’urgenza del momento mobilita grandi fondi, la causa della salvaguardia dell’ambiente resta in fondo alle classifiche. «Le persone hanno la percezione di impegnarsi già molto nella vita di ogni giorno, di essere più critiche nei loro consumi» dice Paolo Anselmi, vicepresidente di Gfk Eurisko «quindi sentono meno il bisogno di delegare la questione a un’associazione rispetto, ad esempio, a problemi su cui sanno di non poter dare il proprio contributo, come la ricerca».

L’interesse per le cause di prossimità è aumentato con l’evolversi della crisi e del clima di sfiducia.
La cooperazione internazionale ha visto diminuire i propri fondi. «Se vedi intorno a te persone che fanno fatica pensi meno alle realtà lontane» dice Valeria Reda di Doxa «ecco perché molte onlus si stanno riposizionando su progetti per l’istruzione e l’integrazione dei bambini migranti. Save The Children fa i Punti Luce, spazi educativi nei quartieri svantaggiati delle città».
Fame e povertà nel mondo nel 2011 era al 26% ora è scesa al 7%.

La credibilità, la trasparenza, l’informazione sulla qualità degli interventi sono sempre più centrali. C’è chi preferisce dare una mano a singoli individui e chi sostiene grandi associazioni, perché fanno progetti sostenibili per il territorio, che creano comunità e vanno avanti oltre i tempi del finanziamento.

«Il piccolo dà l’idea di agire su una situazione specifica, corrisponde a una crescente ricerca di concretezza, di avere prove come video e foto, ma appartiene a una sfera di relazione primaria, di amicizia» dice Anselmi, «chi dona sa di alleviare un disagio, ma non sente la pretesa di risolvere un problema. Invece, ci sono cause che richiedono una tale sistematicità che per creare un vero impatto c’è bisogno di una grande organizzazione. Sono piani diversi, ma entrambi etici»

Le cause individuali vanno soprattutto sul web, dove il riscontro di un’azione è più immediato e il bisogno di concretezza presto appagato, tra post che aggiornano sull’andamento delle raccolte e like su Facebook.
Dai crowdfunding ai social, la solidarietà online cresce, soprattutto dagli smartphone, e abbraccia target giovanissimi, ma per ora sfiora solo il 5% del totale.

Anche nel web le donne sono in primo piano. Lo rivela il recente sondaggio Donare 3.0, condotto dalla piattaforma Rete del Dono con Doxa 2.0 e PayPal.

Tra le nuove figure femminili c’è quella del personal fundraiser, che non si limita a versare un importo, ma ci mette la faccia, si attiva in prima persona a raccogliere fondi per i progetti delle associazioni.
Che nel caso di Rete del dono sono il 63%.

«In questo momento storico le donazioni fanno più della politica», dice Patriarca «perché non dimentichiamo che la generosità ha un risvolto culturale.

Siamo tutti convinti che la vita si “consumi”, come dicono gli economisti, nello scambio degli equivalenti, io ti do dieci e tu mi ridai dieci.

Anche se logica del mercato è importante, ricordiamo che il 90% o quasi delle azioni giuste che faremo saranno quelle nel segno della gratuità. Faremo del bene a noi stessi, sì, in questo caso saremo egoisti»

Con l’emergenza sanitaria scende l’aspettativa di una società migliore, ma salgono le donazioni verso le organizzazioni del Terzo settore e la propensione al testamento solidale. I trentenni sono i più altruisti e ottimisti verso il futuro: cresce la propensione degli under 35 alla solidarietà e anche la loro conoscenza del lascito testamentario al non profit.

A dirlo i dati della survey “Gli italiani e la solidarietà ai tempi del Coronavirus” promossa dal Comitato Testamento Solidale

Quale impatto ha avuto la pandemia sulla coscienza collettiva degli italiani?

E che direzione ha preso la generosità in questo anno e mezzo di emergenza pandemica?

Sono alcune delle domande della survey “Gli italiani e la solidarietà ai tempi del Coronavirus”, promossa dal Comitato Testamento Solidale e condotta da Walden Lab dal 17 al 21 giugno 2021, su un campione di 1.015 persone di età compresa tra i 25 e i 75 anni (campione statisticamente rappresentativo di circa 40 milioni di italiani).

I dati che ci restituisce la ricerca ci presentano gli italiani come un popolo generoso: il 70% ha fatto almeno una donazione a un ente benefico nella vita e la pandemia ha ulteriormente sollecitato questa spinta altruistica.
Resta molto solida la conoscenza del testamento solidale: il 73% sa di cosa si tratta, e la percentuale aumenta di ben 10 punti (83%) tra chi ha più di 60 anni.

In crescita si conferma il trend di quanti hanno fatto o sono propensi a fare un lascito: sono il 22% degli over 50, 10 punti in più rispetto al 2018.

La ricerca che rappresenta un follow up di quella condotta lo scorso anno, nello stesso periodo, è stata presentata oggi in occasione della Giornata Internazionale del Lascito Solidale (13 settembre), nel corso di un evento online.

Italiani generosi, con la pandemia cresce la fiducia nel non profit

7 italiani su 10 hanno donato almeno una volta nel corso della propria vita, e – nel corso degli ultimi due anni (2020-2021) – è del 30% la percentuale di chi ha supportato iniziative di contrasto all’emergenza sanitaria (erano 2 su 10 nel 2020).

La pandemia ha aumentato la fiducia verso il Terzo settore: nel corso di quest’anno il 13% degli italiani ha scelto una onlus per sostenere la lotta all’emergenza Covid-19, più del doppio rispetto al 2020, quando la percentuale era del 6%.

Del resto, il non profit si conferma l’attore sul quale gli italiani ripongono maggior fiducia per uscire dalla crisi post-pandemica e contribuire a creare una società migliore.

Per il 63% del campione le onp hanno dato un contributo positivo per migliorare la società, seguite da PMI (45%), cittadini italiani in generale (43%), Amministrazioni locali (41%) e dall’Europa che con il 41% delle citazioni è l’ente che cresce di più rispetto al 2020 (31%) nella valutazione generale.

Da notare per il non profit anche lo scarto ridotto tra quello che è stato fatto e quello che si sarebbe dovuto fare.

Tra le cause più sostenute negli ultimi 12 mesi, spicca ancora in vetta la ricerca medico-scientifica col 37% (ma in calo rispetto al 44% del 2020); seguono il sostegno alle persone in stato di bisogno (24% contro il 21% del 2020); il contributo contro fame e povertà nel mondo (20% vs 19%); la protezione animali (17%, stabile); l’assistenza ai malati (17%, stabile); le emergenze umanitarie (15% vs 20%); il sostegno alla disabilità (12% vs 16%) e le adozioni a distanza (10% vs 15%).

La donazione media si attesta a 90 euro annuali, ma il 28% del campione dichiara donazioni superiori ai 100 euro.

Dal presente al futuro: se si chiede quali cause gli italiani ritengono che sarà prioritario sostenere, crescono nelle intenzioni donatorie soprattutto la ricerca medico scientifica (+ 18 punti); il sostegno alle persone bisognose (+14); il contributo contro fame e povertà nel mondo (+19); la protezione animali (+12); l’assistenza ai malati (+6); le emergenze umanitarie (+8).

Testamento Solidale: aumentano attitudine e conoscenza

Cresce ancora il numero di quanti hanno già predisposto un lascito testamentario o sono orientati a farlo: tra gli ultracinquantenni sono il 22%, con una crescita di ben 10 punti in 3 anni (erano il 12% nel 2018). E si può decisamente asserire che il Testamento solidale, ovvero quello nel quale la cosiddetta “quota disponibile” include anche un lascito in favore di una causa benefica, non sia più un oggetto misterioso per gli italiani. Il 73% sa di cosa si tratta e la percentuale aumenta di ben 10 punti (83%) tra chi ha più di 60 anni.
Per contro, si riduce in generale la propensione a fare testamento. Il 17% dichiara di averlo già fatto o di averne intenzione (era il 21% nel 2020), ma la percentuale sale notevolmente (27%) tra gli over 70. Cresce però anche la percentuale di quanti escludono di farlo (42%, era il 34% nel 2020). La percentuale di chi lo ha fatto o ne ha intenzione raggiunge il 27% tra chi ha un titolo di studio medio-alto; il 24% tra chi ha fatto almeno una donazione per l’emergenza Covid-19, il 23% tra chi fa volontariato, il 22% tra chi si dice favorevole a fare un lascito solidale.

Ma chi, nella percezione generale, potrebbe fare un lascito solidale?

«Quanti lo ritengono un gesto per tutti sono ancora una minoranza», ha osservato Paolo Anselmi, presidente di Walden Lab che ha illustrato i dati.

Qualche luogo comune persiste: per il 47% degli intervistati, può fare un lascito chi non ha eredi; chi è ricco (40%) e chi è più sensibile alle cause umanitarie (27%). Solo un 13% ritiene che il lascito solidale sia un gesto alla portata di tutti, a prescindere dal patrimonio e dallo stato civile. Rispetto ai principali dubbi verso il lascito: il 44% è frenato dalla precarietà lavorativa dei figli (percentuale che sale al 57% tra gli over 70); il 33% preferisce privilegiare gli eredi (questa preoccupazione cresce di 10 punti tra chi ha più di 70 anni); il 32% ha scarsa fiducia su come saranno utilizzati i suoi fondi; il 22% non vuole donare per qualcosa che non potrà poi vedere concretizzata, anche se gli ultrasettantenni sentono meno questo timore (sono il 14%); l’11% teme infine che i familiari non reagirebbero bene.

Tra chi farebbe un lascito solidale, il 66% coinvolgerebbe i congiunti nella scelta (erano il 71% nel 2020) mentre il 20% prenderebbe questa decisione in completa autonomia (era il 17% nel 2020), ma la percentuale sale fino al 33% fra i più anziani (over 70).

Ma quale sarebbe il momento giusto per condividere una tale decisione?

Il 48% lo farebbe sin dall’inizio, il 52% solo dopo aver già preso una propria decisione in merito. Il 31% chiederebbe il parere dei familiari sull’organizzazione da scegliere, il 28% sull’importo da destinare, il 22% sull’opportunità o meno di fare un lascito, il 19% su numero e tipologia di cause da sostenere.

«I dati ci mostrano un fenomeno in crescita, anche grazie alle campagne di sensibilizzazione condotte dal Comitato Testamento Solidale. Siamo contenti, ma anche consapevoli della strada che ancora dobbiamo percorrere, per superare alcuni luoghi comuni e tabù», spiega Rossano Bartoli, Portavoce del Comitato Testamento Solidale e presidente della Lega del Filo d’Oro.

«Il testamento solidale è uno strumento straordinario per le organizzazioni del Terzo settore, che con il loro operato garantiscono in trasparenza che le ultime volontà di un donatore si trasformino in progetti concreti in favore di chi ne ha bisogno. Soprattutto, è una scelta che può fare chiunque nel pieno rispetto degli eredi, senza ledere in alcun modo i diritti loro garantiti dalla legge. Non esistono patrimoni di serie A e di serie B: chiunque, anche con una piccola somma o con un bene, può predisporre un lascito solidale e donare un futuro migliore a chi resta»

Bartoli si è detto soddisfatto di quanto fatto in questi otto anni dal Comitato che oggi annovera 24 organizzazioni

«abbiamo sviluppato tante iniziative per favorire l’informazione, dobbiamo continuare a fare sensibilizzazione e i risultati della ricerca ci incoraggiano a continuare su questa strada»

Quella che si può fare attraverso un testamento solidale è «una solidarietà a portata di tutti», sostiene il notaio Gianluca Abbate, Consigliere Nazionale del Notariato con delega al Terzo settore e sociale.

Che aggiunge: «Prevedere un lascito solidale nelle proprie disposizioni testamentarie è la massima espressione del donare e del donarsi agli altri al di là del tempo e permette non solo di disporre dei propri averi, ma di affidare anche i valori in cui si crede a solide organizzazioni “non profit” che operano, ogni giorno, con competenza, professionalità, trasparenza e possibilità di “fare rete” con gli attori locali, nazionali e internazionali impegnati negli stessi ambiti, allo scopo di realizzare progetti concreti, efficaci, socialmente rilevanti, sostenibili e misurabili nei risultati. Mentre la pandemia e la sua onda lunga stanno accentuando il bisogno di certezza per guardare al futuro con fiducia, gli italiani riconoscono l’importanza del lascito solidale e, in questo contesto, il notaio rappresenta un punto di riferimento, umano e professionale, per dare corretta attuazione alle disposizioni testamentarie, anche ispirate da solidarietà sociale. Per tale motivo il Consiglio nazionale del Notariato continua a rinnovare, anno dopo anno, il proprio impegno al fianco di Testamento Solidale al fine di promuovere la conoscenza dei lasciti»

Da parte sua Maria Rita Parsi, psicologa e psicoterapeutica che ha affidato il suo intervento a una pillola video ha sottolineato come il lascito solidale sia anche

«un modo per sconfiggere la morte, perché attraverso quello che lasciamo passiamo il testimone. Dai primi graffiti della preistoria chi lascia una traccia esiste»

Italiani più preoccupati per la società che per se stessi

La solidarietà avrà un ruolo fondamentale se, come emerge dalla ricerca, la visione del futuro della società per gli italiani non è poi così rosea.
Solo il 29% ha una prospettiva decisamente ottimistica, a fronte di un 33% che invece pensa che ci sarà un peggioramento delle condizioni generali. Il fronte dei pessimisti avanza di 4 punti percentuali rispetto ai dati del 2020 (29%).
Gli ottimisti raggiungono il 59% tra chi ha una situazione personale positiva, il 41% tra chi fa volontariato attivo, il 37% tra chi ha fatto una donazione per fronteggiare l’emergenza. I pessimisti invece raggiungono il 38% tra chi è donna; il 37% tra chi ha più di 50 anni (a fronte di un 24% di giovani under 30) e il 38% tra chi vive nel Nord Italia (a fronte di un 29% che vive nel Centro-Sud).
Rispetto alla survey 2020, si registra una sensibile perdita di aspettativa positiva rispetto al senso civico e alla solidarietà, lo spirito di comunità dello

“Andrà tutto bene”

insomma, pare vacillare ma va anche segnalato che chi prevede una crescita di senso civico (26%) e di solidarietà (30%) resta comunque una maggioranza rispetto a chi ne prevede un declino. «La convinzione come umanità di essere onnipotenti è stata messa in crisi da un virus. E questo è accaduto ovunque», ha osservato Donatella Marazziti, psichiatra Università di Pisa e Università Unicamillus Roma.

«All’ottimismo del primo lockdown ha fatto seguito la disperazione e il ripiegamento della seconda ondata. Ora però stiamo notando che c’è di nuovo un’apertura verso la solidarietà»

Dalla survey emerge anche che persone sempre più giovani si avvicinano al mondo delle donazioni.

Focalizzando l’attenzione sugli ultimi 2 anni, in media dichiara di aver fatto almeno una donazione il 46% del campione, ma si nota un picco di crescita tra i 25 e i 39 anni, che rispetto al 2020 registra un aumento di ben 9 punti sopra la media. Stringendo ulteriormente il focus sulla fascia tra i 25 e i 34 anni, il 59% ha fatto almeno una donazione nella vita; il 42% lo ha fatto negli ultimi 2 anni e il 32% in particolare per l’emergenza Covid-19.

Nel 2021 ha donato il 25% degli under 35, ma i più giovani “donano” anche tempo e competenze: il 52% fa volontariato (vs 43% degli over 35).

Inaspettatamente, il 60% degli under 35 conosce il lascito solidale: un dato inferiore rispetto al 76% degli over 35, ma certamente superiore alle aspettative.
L’altruismo contagia i più giovan nonostante rispetto alla visione della società la loro prospettiva sia in linea con l’opinione media, non proprio rosea.

Tuttavia il 34% del campione under 35 è fiducioso e positivo rispetto alla prospettiva personale (vs il 25% degli over 35).

In generale i giovani sono più positivi rispetto a tutti gli aspetti indagati: impegno nel proprio lavoro (44% dei giovani vs 34% di over 35); fiducia negli altri (25% dei giovani vs 14% over 35); aspettativa di benessere economico (21% dei giovani vs 11% over 35).

Tra i valori, oltre a salute e famiglia, acquistano rilevanza maggiore i risparmi 61% (vs 42%); le amicizie 45% (vs 37%); il lavoro 44% (vs 32%).

Del Comitato Testamento Solidale fanno parte 24 organizzazioni non profit: ActionAid, AIL, AISM, Fondazione Don Gnocchi, Lega del Filo d’Oro, Save the Children, Associazione Luca Coscioni, Aiuto alla Chiesa che Soffre Onlus, Amnesty International, Amref, Apurimac onlus, CBM, Greenpeace, Humanitas, Istituto Pasteur Italia Fondazione Cenci Bolognetti, Operation Smile Italia Onlus, Fondazione Telethon, Fondazione Umberto Veronesi, Mission Bambini, Progetto Arca, Unicef, Università Campus Bio-Medico di Roma, UICI e Vidas.

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