PAPA FRANCESCO : FESTA DEL BATTESIMO DEL SIGNORE
Non dividere, ma condividere.
Facciamo come Gesù: condividiamo, portiamo i pesi gli uni degli altri, invece di chiacchierare e dividere, guardiamoci con compassione, aiutiamoci a vicenda
PAPA FRANCESCO
Il Papa battezza 13 bambini: “È come un compleanno. Insegnate loro a pregare da piccoli”
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Vagiti e piccole urla, caratteristiche di questa celebrazione, se ne sentono poche quest’anno nella Cappella Sistina, dove il Papa battezza 13 neonati, figli di dipendenti vaticani, nella festa del Battesimo del Signore. Damiano, Francesca, Olimpia e altri dieci bambini e bambine dormono o rimangono buoni nelle braccia delle mamme e dei papà. “Adesso sono tutti zitti, ma forse qualcuno darà il La... E siccome i bambini sono sinfonici, tutti andranno indietro di questo”, dice Papa Francesco nell’omelia, interamente a braccio e appositamente breve per non far ‘stancare’ i più piccoli.
Lasciateli gridare, lasciateli piangere. Forse qualcuno piange per fame, allattateli, con libertà… Forse ha caldo: che siano comodi! Comodi tutti. L’importante è che questa celebrazione sia la festa di un bel cammino cristiano
Ed è una vera e propria festa questa in cui le famiglie diventano un’unica famiglia con la Chiesa attraverso un Sacramento che, sottolinea più volte il Papa, “fa rinascere alla vita cristiana”: “È come un compleanno, insegnate ai bambini la data”.
Una festa di famiglie
Francesco prosegue quindi nel 2023 la tradizione iniziata nel 1981 da Giovanni Paolo II, di battezzare i figli di dipendenti vaticani prima nella Cappella Paolina e poi, dal 1983, in Sistina. Una cerimonia suggestiva che vede riunite tra le mura maestosamente affrescate della Cappella – ben riscaldata per l’occasione – oltre una cinquantina di persone tra genitori, padrini, fratelli e sorelle. Proprio a questi ultimi il Papa rivolge la sua attenzione, distribuendo carezze e buffetti sulle guance, come fa ad esempio con le due gemelline dai capelli rossi che si poggiano al fonte battesimale che rappresenta l’Albero della Vita, con il sole che sorge tra i rami e, alla base, una pietra proveniente dal fiume Giordano dove Cristo ricevette il Battesimo.
L’inizio di una strada
Fino al 2020 i battezzati dal Papa erano oltre 30. Nel 2021, a causa delle restrizioni della pandemia di Covid, la celebrazione era saltata; poi la ripresa lo scorso anno con un numero inferiore di famiglie. Anche quest’anno il numero è contenuto: 13 bambini e bambine. Il pensiero del Papa, durante l’omelia, è per il loro futuro: “Questi bambini che voi portate adesso incominciano una strada, ma è a voi e ai padrini di aiutarli ad andare avanti in quella strada”.
È da bambini che imparino a pregare, almeno a fare così con le mani, con i gesti… Ma da bambini che imparino la preghiera, perché la preghiera sarà quello che gli darà forza durante tutta la vita: nei momenti buoni per ringraziare Dio, e nei momenti brutti, per trovare la forza
Come un compleanno
Oltre alla preghiera, Papa Francesco raccomanda ai genitori di insegnare ai figli la data del Battesimo: “È come un compleanno, perché ci fa rinascere alla vita cristiana. Per questo io vi consiglio di insegnare ai vostri figli la data del Battesimo, come un nuovo compleanno: che tutti gli anni ricordino e ringrazino Dio per questa grazia di venire ad essere cristiani”.
“Allattateli, con libertà”
“Che imparino ad essere cristiani”, aggiunge ancora il Pontefice. E guardando alle mamme, ripete la raccomandazione che ogni anno rivolge alle donne durante questa cerimonia:
Lasciateli gridare, lasciateli piangere. Forse qualcuno piange di fame: allattateli. Con tutta libertà. L’importante è che oggi questa celebrazione sia la festa, la festa dell’inizio di un bel cammino cristiano, nel quale voi aiuterete i vostri figli ad andare avanti. Forse qualcuno è troppo coperto e ha caldo: che siano comodi, che stiano comodi tutti. E noi festeggiamo con loro questo inizio di cammino.
Il saluto al termine della celebrazione
Con il Papa concelebrano il cardinale Konrad Krajewski, Elemosiniere pontificio, e il cardinale Fernando Vérgez Alzaga, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. I due porporati segnano con l’olio consacrato il petto di ciascun neonato. La celebrazione è scandita dai diversi riti: la veste bianca, la professione di fede, l’accensione del cero.
Al termine della celebrazione, il Papa, reggendosi al bastone quadripode che lo accompagna da alcuni mesi, scende tra le famiglie e si ferma a salutare ciascuno dei presenti. Accarezza le pance delle donne incinte, scambia qualche parola con i parenti dei battezzati, soprattutto i bambini, distribuisce rosari e benedizioni.
Poi si mette pure in posa per una foto di gruppo.
Infine si reca al piccolo Presepe allestito in Sistina e lì rimane per qualche istante da solo a pregare.
Il Papa: la giustizia di Dio non è pena e castigo ma misericordia che salva
Cecilia Seppia – Città del Vaticano
Quante volte abbiamo invocato e ottenuto giustizia contro un male subito, un torto ricevuto, una calunnia, un sopruso, pensando che chi sbaglia debba pagare, anzi è giusto che paghi, magari con una condanna stabilita da un tribunale.
Questa però è la giustizia dell’uomo non certo quella di Dio.
Dalla finestra del Palazzo Apostolico, nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa del Battesimo del Signore, Francesco si concentra su questo tema iniziando la catechesi a scena aperta, con l’immagine “stupefacente” proposta dal Vangelo odierno, di Gesù che china il capo sulle rive del Giordano, per farsi battezzare da Giovanni. Era un rito, quello di recarsi al fiume per ricevere il Battesimo, in cui la gente si pentiva e si impegnava a convertirsi con umiltà e cuore trasparente. Ma quale motivo spinge Cristo ad umiliarsi?
Vedendo Gesù che si mischia con i peccatori, si resta stupiti e viene da chiedersi: perché ha fatto questa scelta, Lui, il Santo di Dio, il Figlio di Dio senza peccato? Troviamo la risposta nelle parole che Gesù rivolge a Giovanni: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia»
La giustizia che viene dall’amore
Che cosa vuol dire adempiere ogni giustizia?: domanda il Papa mentre spiega che, facendosi battezzare, Gesù ha voluto svelarci in cosa consista la giustizia che Dio è venuto a portare nel mondo. Nulla a che vedere con l’idea ristretta e meramente umana del “chi sbaglia paga”
La giustizia di Dio, dice Francesco è molto più grande: “non ha come fine la condanna del colpevole, ma la sua salvezza e la sua rinascita”
il voler rendere in definitiva giusto anche il più ostinato dei peccatori.
È una giustizia che viene dall’amore, da quelle viscere di compassione e di misericordia che sono il cuore stesso di Dio, Padre che si commuove quando siamo oppressi dal male e cadiamo sotto il peso dei peccati e delle fragilità. La giustizia di Dio, dunque, non vuole distribuire pene e castighi ma, come afferma l’Apostolo Paolo, consiste nel rendere giusti noi suoi figli (cfr Rm 3,22-31), liberandoci dai lacci del male, risanandoci, rialzandoci.
Solo la misericordia salva
Salvare i peccatori tutti, prendere sulle spalle il peccato del mondo intero: ecco dunque il senso di quel gesto dirompente che Gesù compie sulle rive del Giordano e che lascia di sasso lo stesso Giovanni, ecco la giustizia che è venuto ad adempiere. “Egli – insiste il Papa – ci mostra che la vera giustizia di Dio è la misericordia che salva, l’amore che condivide la nostra condizione umana, si fa vicino, solidale con il nostro dolore, entrando nelle nostre oscurità per riportare la luce”.
Francesco cita ancora il suo predecessore, Benedetto XVI, di cui ha celebrato le esequie lo scorso 5 gennaio per avvalorare la profondità e l’ampiezza di questa redenzione che Dio concede a tutti, senza distinzione e che lo porta a scendere lui stesso “fino in fondo all’abisso della morte, perché ogni uomo, anche chi è caduto tanto in basso da non vedere più il cielo, possa trovare la mano di Dio a cui aggrapparsi” (omelia 13 gennaio 2008).
Non dividere ma condividere
Il compito più arduo per i cristiani, chiosa Francesco, è proprio esercitare la giustizia in questo modo non solo nella Chiesa ma anche nella società, nella vita di tutti i giorni, nei rapporti con gli altri.
Come ci si riesce?
Non di certo sparlando dei fratelli, accusando, chiacchierando, perché il chiacchiericcio divide, è un’arma letale.
Non con la durezza di chi giudica e condanna dividendo le persone in buone e cattive, ma con la misericordia di chi accoglie condividendo le ferite e le fragilità delle sorelle e dei fratelli, per rialzarli.
Vorrei dirlo così: non dividendo, ma condividendo.
Non dividere, ma condividere.
Facciamo come Gesù: condividiamo, portiamo i pesi gli uni degli altri, invece di chiacchierare e dividere, guardiamoci con compassione, aiutiamoci a vicenda.