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CANDIDATURA UNESCO DELLA “VIA APPIA. REGINA VIARUM”, BARDI: «LUNGIMIRANTE OPPORTUNITÀ»

A Roma la cerimonia della firma del Protocollo di intesa: il progetto coinvolge Lazio, Campania, Puglia e Basilicata

La via Appia è un itinerario da «valorizzare e da porre al centro del turismo lento per rafforzare l’offerta di nuovi attrattori come i cammini e i percorsi sostenibili, fondamentali per lo sviluppo in chiave culturale delle aree interne, ma anche per la tutela del nostro patrimonio e la Regina Viarum unisce territori ricchi di uno straordinario patrimonio culturale, archeologico e paesaggistico e ha le caratteristiche per divenire uno dei più grandi cammini europei». Con queste ed altre affermazioni, il Ministero della Cultura ha presentato l’avvio dell’iter di candidatura alla Lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco della Via Appia Antica, nel percorso integrale da Roma a Brindisi e comprensivo della variante traianea. Candidatura che vede il coinvolgimento di 74 comuni, 15 parchi, 12 città, 4 regioni, Lazio, Campania, Basilicata e Puglia, e 25 Università. Ieri a Roma, presso le Terme di Diocleziano, la cerimonia della firma del Protocollo di intesa per la candidatura del sito “Via Appia. Regina viarum” per l’iscrizione nella lista del Patrimonio Mondiale Unesco. Nel corso della cerimonia, l’intervento del presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi.

L’APPIA E IL VULTURE

«La tutela e la valorizzazione culturale e turistica dell’antica via Appia – ha dichiarato Bardi – rappresentano, per le nostre regioni, azioni necessarie e lungimiranti opportunità. La via Appia, come itinerario geografico, unisce non solo territori fisici, ma anche epoche storiche, con testimonianze “materiali” e “intangibili” rappresentative di vicende umane che hanno segnato la storia dell’Occidente. Il percorso entra in Basilicata nell’area del Vulture, un territorio che è stato abitato fin dagli albori dell’umanità, come testimoniano i reperti rinvenuti nel sito paleolitico di Notarchirico a Venosa, con un frammento di femore femminile datato circa 300 mila anni fa: il più antico resto umano ritrovato nell’Italia meridionale». «La ricca collezione dei musei di Melfi e di Venosa – ha proseguito Bardi – testimonia come quest’area fosse crocevia di floridi rapporti economici e culturali fin da epoca pre-romana. Monili in ambra proveniente dal Baltico, opere di fattura etrusca, vasi di origine magno-greca, oltre ovviamente ai reperti di arte delle popolazioni italiche, dimostrano che l’area era economicamente vivace, in quanto prossima a vie di comunicazione naturali: le vicine vie fluviali, infatti, consentivano di raggiungere facilmente i mari Tirreno, Ionio e Adriatico; la posizione geografica ne faceva un presidio strategico per il governo di un vasto territorio». «Dal periodo romano in poi, con la realizzazione della principale arteria di comunicazione imperiale – ha spiegato il presidente -, questo nodo di collegamento verso la Puglia e i suoi porti, e quindi verso l’Oriente, divenne ancor più strategico. I Normanni vi si stabilirono, la stessa Venosa ospita la tomba di Roberto il Guiscardo-, mentre Federico II di Svevia elesse Melfi a sua capitale, sancendone la centralità nella storia d’Europa, con la promulgazione del primo trattato giuridico d’epoca moderna: il Liber Augustalis, noto anche come Costituzioni Melfitane».

IL MATERANO

Se a Nord, attraverso i territori di Melfi, Rapolla, Banzi, Venosa, Genzano di Lucania, Palazzo San Gervasio, la via Appia “lucana” «ci parla attraverso le vicende del venosino Orazio, di Roberto il Guiscardo, di Federico II e della sua stirpe, del nobile Pirro del Balzo o del celebre madrigalista Gesualdo da Venosa – ha ribadito Bardi -, nel versante Sud il tracciato corre brevemente lungo il confine tra Matera e la Puglia». «Matera, città tra le più antiche del mondo per continuità della presenza umana, nel 1993 riconosciuta sito Unesco, il primo a Sud di Roma – ha ricordato il presidente della Regione Basilicata -, rientra oggi a pieno titolo tra i punti culturali più alti lungo il tracciato millenario dell’Appia, traghettandone il valore simbolico fino ai giorni nostri, in qualità di Capitale Europea della Cultura. Il Vulture e Matera, lungo il percorso della via Appia, sono oggi centrali nelle attività di valorizzazione culturale portate avanti dalla Regione. Per il tramite dell’Agenzia di Promozione Territoriale della Basilicata, sono in corso di realizzazione iniziative di promozione compatibili con la peculiarità dei luoghi, con progetti sperimentali per un turismo basato sui principi dell’economia “circolare”; sosteniamo l’Università della Basilicata nelle sue iniziative di ricerca rivolte a questo inestimabile patrimonio storico-ambientale; sosteniamo le attività del Parco regionale del Vulture e del Parco delle Chiese Rupestri del Materano». Bardi si è detto consapevole di quanto importante sia la portata mediatica e promozionale connessa con la candidatura, e, al contempo, altrettanto consapevole della necessità «che questo patrimonio sia tutelato e protetto, perché continui anche visivamente a segnare un tracciato lungo cui si è costruita una parte importante della storia e della cultura Italiana, perlomeno di quella rivolta a Mezzogiorno». «È un percorso che, se continuerà ad essere oggetto di studio e di intervento – ha concluso il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi -, non mancherà di riservarci piacevoli sorprese, come è avvenuto solo poco tempo fa, quando in prossimità di Palazzo San Gervasio è stato scoperto, quasi intatto considerata l’età, un ponte romano secondo alcuni appartenente proprio al tracciato dell’antica “Regina Viarum”: una via che per duemila anni ha unito, e che con questa iniziativa potrà tornare a unire, più viva e funzionale che mai, le nostre ambizioni di sviluppo turistico e culturale, come Basilicata e come Mezzogiorno d’Italia».

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