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SINDACO GUARENTE MA SEI “CIUOT”?

La riflessione di Lucia Serino

“Ciuot” è l’intercalare più diffuso, innocuo e inoffensivo del dialetto potentino. Appartiene, con altrettanta inoffensività, anche al dialetto cosentino. Non è ascrivibile neppure al codice delle maleparole. È meno. È l’equivalente di “stu scemo” napoletano, espressione comunemente accettata, anche se negli archivi della lunatica giurisprudenza della Cassazione pure si trovano sorprendenti sentenze. Vogliamo andare più su, verso Roma? Chi mai si sognerebbe di considerare blasfemia un “mortacci”? Ogni popolo ha la sua smorfia, apotropaica e irriverente, ogni generazione il suo ghigno. Figurarsi i giovani, che per evoluzione spontanea del codice degli sberleffi, avanzano con un ampio catalogo di meme irriverenti. A noi adulti inaccessibili. Il sindaco di Potenza, Mario Guarente, non è così indulgente col suo stesso dialetto. “Ciout” è offesa, parola censurabile, un’ingiuria, una scostumatezza meritevole di sanzione se pronunciata da un minorenne, non sappiamo se anche da un adulto. Quando c’è a neve a Potenza si chiudono le scuole. Ma il fatto non è questo. Il fatto è l’attesa speranzosa degli studenti che da anni ormai incalzano, coi social a disposizione, i primi cittadini di tutt’Italia quando c’è un’allerta meteo. Molti lo fanno pubblicamente, qualcuno lo fa in posta privata. L’ha fatto anche un under 18 potentino l’altro giorno, di buon mattino. Nella posta di instagram ha scritto al sindaco: «Tu dormi mentre noi ci prendiamo il freddo p anda a scuola. Stuciuot». E ha insistito «Tu ruorm». A distanza di 12 ore è arrivata la risposta di Guarente: «Ho appena fatto uno screenshot del tuo messaggio e farò in modo che arrivi ai tuoi genitori e alla preside della tua scuola. Una tua coetanea, che ha mandato un messaggio simile, è stata già sospesa». Forse anche quell’inconsapevole riferimento operistico del nostro giovane, nessun dorma, è stato considerato un dileggio. Intanto lo screen nel giro di qual- che ora è volato sopra il cielo plumbeo e nevoso di Potenza atterrando nei whatsapp degli scostumatelli, chissà se con forza deterrente. La scomunica di palazzo di città è diventata di dominio pubblico e vogliamo augurarci, visto il piglio del sindaco, che a questo punto non diventi un’aggravante. Apriamo il libro delle filastrocche, sindaco, meglio. La conosce quella di «Piripicchio e Piripacchio/vanno ‘a scola e fanno ‘e ‘nguacchie/se n’accorge ‘o pruvessore/“Jesce fora mascalzone!»? Ma una bella, ironica, giocosa risposta agli sbarbatelli di sopra e sotto Potenza no? Lo sappiamo che l’allerta meteo è ormai un modo per svacanzare a casa. Ci sarebbe da discutere su una questione molto più seria. Quell’eredità buona dei mesi della pandemia delle lezioni a distanza si è dissolta alla maniera tipica delle cose italiane, cioè nella rigidità delle resistenze pedanti e cavillose dei legulei dei sindacati scolastici. Ma non apriamo questo fronte. Vogliamo però sapere – questo sì, è importante – se è vero quello che il sindaco ha detto allo sventurato ragazzo e cioè se l’impertinenza di un’altra studentessa, l’istigazione alla filoneria, l’attentato al decoro dell’istituzione, siano state segnalate al dirigete scolastico che avrebbe provveduto alla sospensione. Siamo a un passo dalla Procura per i minorenni. Il terreno dell’educazione, della disciplina, dell’ubbidienza è scivolosissimo, il mondo ipocrita di noi adulti dovrebbe saperlo. O Guarente pensa come il ministro del suo partito, Valditara, che l’umiliazione fa crescere? È molto più umiliante, sindaco, passare per spione. Perciò speriamo che lei abbia detto un’innocente bugia o che la delazione abbia fatto la fine di quella famosa lettera di un’altra filastrocca molto in voga tra i coetanei della mia meglio gioventù. La cantavamo quando qualcuno di noi andava a fare rapporto alla maestra. Si intitola “U spione ‘e pulizia”. Sono quattro versi: «‘U spione ‘e pulizia/porta a lettera a zizia/e zizianun ce sta/‘U spione se ne va»

Di Lucia Serino

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