INCENDI SCANZANO JONICO, ARRESTATO SURIANO
Guardiania, estorsioni e vendette: l’antimafia cerca i complici e scandaglia possibili legami coi clan. A maggio 5 roghi in 10 giorni, in carcere il 39enne del luogo ma indagini ancora aperte
Roghi a lidi balneari e non solo, per l’assillante scia di incendi, 5 in soli 10 giorni, che nel maggio dell’anno scorso ha suscitato un vasto allarme sociale a Scanzano Jonico e nell’intero Metapontino, l’Antimafia di Potenza ha un nome: Davide Suriano. A seguito di articolate indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di questa Procura della Repubblica e condotte dalla Squadra Mobile della Questura di Matera, dal Commissariato di Polizia di Stato di Policoro e dalla Direzione Investigativa Antimafia, Sezione Operativa di Potenza, è stata data, ieri, esecuzione alla ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale del capoluogo che ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Suriano, 39enne residente a Scanzano Jonico.
CACCIA AI COMPLICI
L’inchiesta, però, come hanno precisato il Procuratore distrettuale presso il Tribunale di Potenza, Francesco Curcio, e la Pm Antimafia, Anna Gloria Piccininni, è tutt’altro che chiusa. Le indagini hanno consentito di accertare, a livello di gravità indiziaria, che Suriano sarebbe stato l’organizzatore ed in alcuni casi anche l’esecutore materiale degli incendi, in concorso «con complici al momento rimasti ignoti». In un territorio, la costa Jonica, «imbevuto» di criminalità, sarà fondamentale, gli inquirenti non hanno fatto trapelare dettagli, ma hanno confermato di battere più piste, comprendere se Suriano abbia agito da “cane sciolto” o come manovalanza di almeno uno dei clan della zona. Proprio a giugno, un mese dopo i roghi avvenuti nel maggio scorso, la storica sentenza con pesanti condanne inflitte al più noto clan dell’area, quello capeggiato da Gerardo Schettino. Ricerca di indizi e dettagli da approfondire. Se è astrattamente improbabile ritenere che, è stato detto dagli inquirenti, atti incendiari così eclatanti e avvenuti in un tempo piuttosto ridotto, possano essere stati compiuti, in un territorio altamente controllato dai clan, da uno più “indipendenti”, di contra, alcune modalità operative sono apparse poco all’altezza della criminalità di un certo livello. Tra i riferimenti, per esempio, quello al «colpo di fortuna»: il Gps montato, per contratto assicurativo, sull’auto utilizzata da Suriano. Grazie all’incrocio tra i tracciati Gps e i filmati di alcune telecamere di videosorveglianza, ricostruiti gli spostamenti. E poi c’è quel termine dispregiativo con cui, soprattutto in un bar del paese, veniva apostrofato Suriano: “infame”. Ad ogni modo «l’indagine su eventuali complicità, ricostruzioni su mandanti, complici e favoreggiatori – ha aggiunto Curcio – considerato anche il contesto ambientale in cui Suriano si muoveva, tipico di chi ha contatto con la criminalità organizzata, andrà avanti».
I REATI
I reati ipotizzati nei suoi confronti sono quelli di incendio doloso e danneggiamento seguito da incendio, tentata estorsione, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, aggravati dall’uso del “metodo mafioso”, dall’aver agito per motivi abbietti o futili, dall’aver approfittato di circostanze di tempo e di luogo tali da ostacolare la pubblica o privata difesa, dall’aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità alle persone offese. Gli accertamenti compiuti sono nella fase delle indagini preliminari, che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa dell’indagato.
GLI INCENDI: 5 IN 10 GIORNI
Nella serata del maggio scorso, in Località Bufaloria, il primo incendio che ha interessato l’intera struttura lignea dello stabilimento balneare “Baia delle Scimmie”, avente un superficie di circa mq 70. La struttura comprendeva un ristorante, un bar ed un magazzino. Poi, il 17, è stato il turno del lido balneare “La Kicca”, in località Terzo Cavone: 20 pedane in legno componenti il percorso pedonale all’ingresso dello stabilimento balneare. Per via di un po’ di pioggia caduta nelle ore precedenti, rogo non andato a buon fine, ma lavoro completato il 19: un altro incendio questa volta ha «completamente distrutto» lido “La Kikka”. Tra le vittime, anche un un poliziotto in servizio presso il Commissariato di P.S. di Policoro, impegnato nelle indagini antimafia in quel contesto territoriale: il 24 maggio, danneggiato tramite rogo, un deposito di attrezzatture agricole di sua proprietà. Infine, il 25 maggio, un incendio di vaste proporzioni distruggeva gran parte dell’opificio “Suriana Frutta – Commercio Ortofrutticolo”, sito in Scanzano Jonico alla Via Parisi 56: andavano bruciate 1000 pedane in legno, 500 binz in plastica e 300 quintali di prodotti ortofrutticoli, oltre a celle frigorifere.
I MOVENTI
Nei confronti dei gestori dei due lidi, l’intento sarebbe stato quello di voler imporre la guardiania. «La guardiania – ha ricordato Curcio – da un punto di vista criminologico è tra le prime attività a cui si sono dedicate le criminalità organizzate. Imporre la guardiania per trarre utilità dalla stessa e poi ma- gari da altre attività è come l’Abc per la criminalità». Nei confronti del poliziotto in servizio presso il Commissariato di P.S. di Policoro che, invece, ha subito il danneggiamento del proprio deposito agricolo, Suriano mostrava un particolare astio, legato sia alla sua attività d’indagine, sia al fatto che lo stesso, insieme ad altro personale del Commissariato di Policoro, lo aveva arrestato in flagranza in passato per altri reati. L’incendio dell’opificio di famiglia, infine, sempre sulla base degli indizi raccolti, sarebbe stato realizzato da Suriano sia per depistare le indagini, che già all’epoca erano indirizzate nei suoi confronti, in modo da presentarsi come l’ultima vittima della scia di incendi che si erano verificati in Scanzano Jonico in quei giorni, tentativo non riuscito, che per persuadere i familiari e versargli somme di denaro. Tra Suriano ed il fratello con i genitori, forti contrasti economici. In generale, richieste estorsive di denaro di circa 10 mila euro al proprietario di una struttura balneare e di 9 mila euro ai componenti della sua stessa famiglia. Sotto il profilo della sua personalità, e quindi della pericolosità dell’indagato sottoposta al vaglio del Gip , deve poi essere evidenziato che dalle indagini, durante l’attività di intercettazione, è emerso che Davide Suriano in al- tre circostanze, «volontariamente, danneggiava autovetture a lui intestate ed, in un caso, il cancello automatico del suo opificio». Gli incendi di Suriano, sulla base delle investigazioni svolte, dunque, non risultavano casuali, ma finalizzati ad intimidire in modo rilevante le vittime, utilizzandosi così un metodo che l’Antimafia, con tesi accolta dal Gip, «ha qualificato di tipo mafioso».