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LA SPERANZA IN MASCHERINA

TACCO&SPILLO

C’è da dire che la relazione di commiato di Angelo Summa dalla segreteria della CGIL è riuscita, in un tempo triste e di pensierini bonsai, a restituire la passione dialettica che in tutti questi anni di lotta ha messo sulla Basilicata, dando così una lezione di merito e riformismo per liberare la sinistra lucana dalle sabbie mobili in cui è cascata e farle ritornare il sorriso in faccia, vista la rassegna di visi pallidi e d’anime morte che pure svolazza attorno al PD e che di certo peggiorerà il colore con l’ingresso emaciato di Articolo Uno. Ora davanti ad una platea motivata all’indignazione Summa ha sfoderato un garbo da guerrafondaio con una tale perfezione etica che pur non citando mai Vito Bardi lo ha fatto diventare una specie di convitato di pietra per inchiodarlo alle sue responsabilità di cattivo governo. Eppure lo stesso pathos gli è costato anche un’imperdonabile svista se alla fine s’è avventurato nell’elogio surreale di Roberto Speranza che all’occasione sfoggiava quasi con la stessa malinconia d’un appestato politico la solita mascherina con cui ha rinchiuso il nostro bel Paese da turismo e sviluppo, pur ottenendo i decessi più alti d’Europa. Tutto questo per dire che alla fine la Speranza rimane sempre soffocata dalla solita sindrome della sinistra che è quella di torcersi per mischiare diritti e caviale, giustizia sociale e privilegi del potere, mobilità democratica e auto fiammeggianti, tute d’operai e maglioncini griffati. Cantano i Litfiba:“Travestimenti da carnevale ne vedo sempre più. E nei salotti c’è un gran da fare. Tra finti amici e finta complicità. Ti conosco mascherina”.   

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