FOIBE, IL GIORNO DEL RICORDO E DELLA MEMORIA
“Per troppo tempo le sofferenze dell’esodo sono state una pagina strappata nel libro della nostra storia”
Nel 2004 il Parlamento italiano ha istituito per il 10 febbraio il Giorno del ricordo, un momento di riflessione per commemorare migliaia di morti in quella che la storia chiama “le foibe”, cavità naturali, profonde anche centinaia di metri, che esistono nella regione del Carso. Inghiottitoi carsici in cui venivano gettati i corpi delle vittime, in alcuni casi ancora in vita.
Lì, a partire dal crollo del regime fascista nel 1943, furono compiuti massacri contro la popolazione italiana a opera dei partigiani comunisti iugoslavi del maresciallo Tito, il rivoluzionario filo sovietico che, con la fine della seconda guerra mondiale, sarebbe diventato dittatore della Iugoslavia fino al 1980.
Migliaia di istriani e triestini, italiani ma anche slavi, antifascisti e fascisti, colpevoli di opporsi all’espansionismo comunista slavo propugnato dal Maresciallo Tito. Sono state registrate più di 1700 foibe. Non è chiaramente quantificabile il numero delle vittime perché è risultato impossibile esaminare tutte le foibe che si sa essere state utilizzate, ma le stime parlano di più di 10.000 persone uccise.
Come se non bastasse nel 1945, quando alla fine della Seconda Guerra mondiale Tito prese il potere in Iugoslavia le violenze contro gli italiani aumentarono. Il 1° maggio 1945 l’esercito iugoslavo occupò la città di Trieste per riprendersi i territori che, dopo la sconfitta dell’Impero austro-ungarico alla fine della Prima Guerra mondiale, le furono sottratti.
In appena due mesi gli italiani che vivevano in Istria, in Dalmazia e nella città di Fiume furono costretti ad abbandonare tutto e a fuggire in Italia. Chi non lo fece abbastanza in fretta venne ucciso dall’esercito di Tito e gettato nelle fosse delle foibe o deportato nei campi di concentramento in Slovenia e in Croazia. Si stima che, alla fine, gli esuli italiani furono almeno 250mila.