MONTESERICO È IL REGNO DEL SILENZIO
L’approfondimento di Antonella Pellettieri
Non è mia intenzione usare le parole che seguiranno per rivolgere critiche ai sindaci e agli amministratori del passato e del presente di Genzano di Lucania. Desidero solo raccontare la storia di un castello quello di Monteserico, diventato bene paesaggistico di notevole interesse pubblico a Giugno 2022, che sorge in territorio di Genzano di Lucania. Ho riflettuto molto prima di scrivere ma poi ho pensato che conoscere un luogo così accuratamente sin dal 1991 e frequentarlo ancora oggi con lo stesso stupore e la stessa incredulità per la particolare bellezza, sia un’emozione da narrare perché il patrimonio culturale appartiene a tutti noi e deve essere difeso. Chi fa il mio mestiere si aggira in tantissimi paesi per conoscerli, osservarli e studiarli, e, come molti sanno, la prima volta che sono stata a Monteserico ho pensato che il castello sarebbe crollato in poco tempo e realizzai una campagna fotografica attenta e copiosa per conservare traccia di quel posto che, in uno scritto, ho definito il regno del silenzio. Invece, dopo qualche anno, cominciarono i lavori di restauro con un progetto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali: gli anni ’90 dello scorso secolo sono stati molto importanti per il restauro di alcune emergenze monumentali che versavano in uno stato di completo abbandono come i castelli di Lagopesole e Monteserico e la Badia di Monticchio. Questi grandi restauri su cui non entro nel merito perché restaurare non è la mia professione hanno avuto lo stesso problema: prima non interessavano a nessuno ma, restaurati, avevano mille possessori e proprietari. Purtroppo, in questi progetti non fu data molta importanza al riuso o se si provò a riusarli secondo i dettami progettuali, altri cercarono di modificare anche le scarne progettualità di riuso pur non essendo restauratori, architetti del ramo e pianificatori. Così queste strutture fanno fatica a ripartire e a diventare luoghi di produzione culturale. In base alla mia lunga e giornaliera presenza per circa dieci anni in uno di questi luoghi, ho capito che questi muri antichissimi e restaurati e le sale immense e altissime hanno bisogno di calore umano e di frequentazioni giornaliere altrimenti deperiscono immediatamente e bisogna prevedere nuovi restauri perché si formano muffe e nascono problemi di ogni tipo e genere. Il castello di Monteserico è stato oggetto di studi e pubblicazioni anche di carattere internazionale da parte dell’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale del CNR dove io lavoro. Tramite strisciate fotogrammetriche individuammo l’antico borgo che nasceva nei pressi del castello con ben quattro chiese e molti altri elementi che ci portarono a formulare un’ipotesi di come potesse essere la forma urbana di quel borgo che si spopolò nel XV secolo e, pian piano, se ne perse anche la memoria. Il castello, invece, rimaneva in piedi in tutta la sua bellezza per opera di Dio e non degli uomini, parafrasando Giustino Fortunato. La sua storia racconta di una forte presenza femminile: mi riferisco ad Aquilina di Monteserico che, alla morte del marito, fu feudataria di Monteserico e di Genzano dove fondò un importante convento di Clarisse, secondo gli illuminanti studi di Michele Battaglino. Ebbe qualche restauro nel ventennio fascista perché, in quel periodo, apparteneva al Conte Cini, importante industriale veneziano, e vi abitò la moglie per alcuni periodi, la famosissima diva del cinema muto Lyda Borelli. Di questa storia particolare se ne è occupato Gianrocco Guerriero in un romanzo dal titolo La Donna di rugiada, nel quale mi onoro di aver scritto l’introduzione. Quando il castello fu restaurato furono organizzate alcune conferenze di servizio a cui fui invitata a partecipare perché “informata sui fatti” di quel luogo. E subito si presentò il primo problema: si era restaurato il castello ma arrivare alla cima della collina sul quale sorge non era agevole. Forse, e ripeto forse, il restauro doveva prevedere anche il rendere agevole arrivare al castello altrimenti a cosa era servito restaurarlo? All’inizio vi erano ipotesi abbastanza “stravaganti” sul riuso che non sono andate in porto proprio per la mancanza della strada che ha salvato il castello e tutti noi cittadini del mondo e proprietari di tanta bellezza, da un cattivo riutilizzo. Era fin da subito chiaro che anche la costruzione di una strada più agevole, realizzata in seguito, non avrebbe risolto il problema: non possono arrivare i cast cinematografici con i grandi mezzi di trasporto per far diventare il castello anche una location cinematografica. Non possono arrivare i pullman con i turisti e i visitatori perché la strada non è idonea. Si può raggiungere il castello con le macchine e a piedi se si ha il fiato. Allora qualcuno ha pensato che nel regno del silenzio dove si sente solo la voce del vento, il protagonista potesse diventare proprio il vento che soffia sulle spighe di grano e, se mai, sulle pale eoliche. Durante quelle conferenze di servizio qualcuno e anche io stessa avevamo avanzato l’idea di arrivare al castello attraverso una funivia con cabine completamente trasparenti che consentivano di godere del paesaggio mozzafiato dell’Alto Bradano che cambia colore con le stagioni dell’anno. In questa maniera anche arrivare al castello potrebbe diventare un elemento di attrazione turistica ma anche organizzare percorsi a piedi o a cavallo per chi ama immergersi nella natura o un luogo per corsi di fitoalimurgia. Se qualcuno vuole investire in un luogo che appartiene a tutti non può pensare solo al profitto personale… Una volta che si potrà arrivare agevolmente al castello forse, e ripeto forse, altri decideranno come riutilizzarlo. Mi auguro che anche costoro non penseranno solo al profitto personale perché, e lo ripeto, il patrimonio culturale appartiene a tutti e tutti dobbiamo goderne. Solo immaginare di realizzare parchi eolici intorno al castello è altamente peccaminoso se si pensa che siamo in una regione ormai con pochissimi abitanti e immensi spazi vuoti sui quali si possono realizzare immensi parchi di energie alternative senza nuocere. Se vi capita, andate a visitare il Castello di Monteserico, l’antica chiesetta vicina e a godere di questo panorama. Ma fate presto: questi luoghi bellissimi sono prede preferite di imprenditori senza cuore e incuranti del fascino e della bellezza del Creato anche a causa dello strabismo o assoluta cecità di chi ci governa.
Di Antonella Pellettieri