AttualitàBasilicataBlog

PERICOLO SISMICO, LA STORIA INSEGNA

L’approfondimento di Livia Giordano

Fra i fenomeni naturali che più di altri risulta distruttivo e portatore di morte vi sono senza dubbio i terremoti, ovvero quei fenomeni che si manifestano come improvvise liberazione di energia che si propagano per mezzo di onde, a decine di chilometri di distanza. Un fenomeno che gli italiani conoscono molte bene; difatti, l’Italia, con l’eccezione della Sardegna e di poche altre aree scarsamente coinvolte, presenta un rischio sismico elevato, da nord a sud, in quanto si trova fra due placche convergenti, ovvero quella africana e quella euroasiatica, che la sottopongono a forti spinte compressive. Le zone a maggior rischio sismico sono quelle che si concentrano lungo la dorsale centro-meridionale appenninica ovvero la Calabria, la Sicilia, la Campania e la Basilicata, dove negli ultimi 2000 anni si sono registrati la maggior parte dei terremoti di intensità pari o superiore al IX grado della scala Richter, ed in altre zone del nord est, quali il Friuli, il Veneto, la Liguria. Nel corso degli ultimi anni si sono verificati più di 30.000 eventi sismici di media e forte intensità, ben 7 sono invece i terremoti di una magnitudo uguale o superiore a 6.5. Fra questi il terremoto dell’Irpinia che si verificò il 23 novembre 1980 e che colpì la Campania centra- le e la Basilicata centro- settentrionale, con parte della provincia di Foggia. Il sisma fece registrare una magnitudo 6.9 e causò circa 280.000 sfollati e 2.900 morti. Un terremoto devastante e che fece molte vittime, soprattutto per l’impreparazione della popolazione che aveva dimenticato i terremoti precedenti e del pericolo per una zona ritenuta altamente pericolosa e soggetta ai terremoti. Difatti, nel 1930 si era avuto un altro terremoto di simile intensità (magnitudo 6.7) che prese il nome dal monte Vulture, alle cui pendici si verificarono ingenti danni, e che causò la morte di 1.404 persone. Il sisma del 1980 è ricordato per le molte vittime tra la popolazione (emblematiche le 66 vittime che si trovavano in chiesa a Balvano, piccolo paese in provincia di Potenza). Ma questo dell’Irpinia del 1980 fu quello che senza dubbio ebbe una vasta eco in tutta Italia e nel Mondo per via della presenza dei mezzi di comunicazione, della televisione soprattutto, che diede una vasta risonanza. Tutto il mondo partecipò alle operazioni di soccorso così come a quelle della ricostruzione: in molte parti dell’Irpinia vi sono scuole o edifici costruiti con i contributi di donazione provenienti da tutto il mondo. Lo stato italiano per far fronte alla fuga dei cittadini intervenne anche con una legge speciale (la legge n. 219), nominando altresì un commissario ad hoc, Zamberletti con il compito di provvedere alla ricostruzione delle case, degli edifici pubblici, delle infrastrutture ma anche di aree industriali in cui poter ospitare nuove fabbriche. L’intervento è durato moltissimi anni con nuove tecniche costruttive degli edifici che dovrebbero così resistere a terremoti anche più forti. Riguardo al processo di industrializzazione vi sono molte ombre in quanto molte fabbriche hanno avuto vita breve o non hanno mai aperto. Altre, invece, continuano a prosperare sul territorio del cratere del sisma, come la Barilla a Melfi o la Ferrero a Balvano. D’altronde, la Basilicata è una zona sottoposta a tale rischio quotidianamente, basti ad esempio pensare all’ultima scossa registrata fra la Basilicata e la Campania di magnitudo 2.5 con epicentro a Santomenna (SA). Se da un lato, quindi, risulta impossibile stabilire il momento esatto di un sisma, dall’altro è altrettanto vero che l’unica difesa per l’uomo è la prevenzione che può avvenire in modi diversi: tenere conto delle caratteristiche sismiche di un territorio; applicare severe norme di edilizia antisismica non solo per le nuove costruzioni, ma rinforzando an- che quelle esistenti, soprattutto i centri storici; individuare in anticipo i percorsi da effettuare per l’evacuazione; educare la popolazione attraverso esercitazioni che simulano un evento sismico. In Giappone, ad esempio, zona altamente esposta a tale rischio, lo Stato ha imposto a tutti i cittadini la frequentazione di un corso obbligatorio su come comportarsi in caso di eventi tanto imprevedibili quanto devastanti. In Italia, pur in presenza di una legislazione abbastanza stringente sulle nuove costruzioni, il pericolo dettato dalla presenza di numerosi edifici storici sembra non destare preoccupazioni. Le stesse politiche di governo vengono declinate a giorni alterni, cosi come i governi che si avvicendano nel corso degli anni; basti pensare che fra i superbonus 110, tanto dibattuti in questi mesi, vi è anche quello sismico che, come gli altri superbonus, difatti, è diventato non più appetibile o per lo meno, usufruibile solo da fasce di popolazione con un reddito medio-alto. Anche dal lato della formazione e della preparazione delle popolazione nella gestione delle emergenze, fatta eccezione per le esercitazioni all’interno degli edifici scolastici, sia nel pubblico come nel privato non vi è traccia, non nonostante si parli e si discuta di sicurezza sul lavoro. I danni ed i morti del recente terremoto in Turchia (magnitudo 7.8) non devono farci dimenticare che catastrofi simili, seppure non così devastanti, sono avvenute anche in Italia recentemente. Il terremoto dell’Aquila del 2009 (magnitudo 5.9), con le sue 309 morti, migliaia di feriti e decine di migliaia di sfollati, è ancora nella memoria di tanti, anche se di intensità notevolmente inferiore alla potenza del terremoto che ha colpito le regioni turche e siriane.

Di Livia Graziano

Social Media Auto Publish Powered By : XYZScripts.com
error: Contentuti protetti