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PAPA FRANCESCO 🔟 ANNI DI PONTIFICATO E NON SENTIRLI

Al termine dell’Angelus, Francesco ricorda l’Atto di consacrazione di Russia e Ucraina al Cuore Immacolato di Maria, il 25 marzo 2022: “Il nostro affidamento non venga meno, non vacilli la speranza, il Signore ascolta sempre le suppliche del suo popolo”. Il Pontefice invita a unirsi alle “24 ore per il Signore”, ‘iniziativa di preghiera e riconciliazione che torna nelle diocesi di tutto il mondo il 17 e il 18 marzo. Il Papa la celebrerà in una parrocchia romana

PAPA FRANCESCO A TUTTO CAMPO 
Papa Francesco saluta prima della preghiera dell’Angelus
Francesco: riscopriamo la nostra sete di Dio e accorgiamoci della sete degli altri
All’Angelus, il Papa commenta l’incontro di Gesù al pozzo con la samaritana, nella liturgia della terza domenica di Quaresima, e spiega che nel “dammi da bere” di Cristo c’è la sua sete del nostro amore, ma anche la condivisione delle nostre povertà, e l’invito placare la sete “di vicinanza, di ascolto” di chi ci è vicino, e quella di acqua dei Paesi afflitti dalla siccità

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Nel “dammi da bere” di Gesù alla samaritana, c’è la sua sete “del nostro amore” ma anche il condividere la nostra sete, il prometterci “l’acqua viva” del Vangelo per arrivare alla vita eterna, ma anche per “farci diventare fonte di ristoro per gli altri”. Siamo però capaci di capire la loro sete? Io ho davvero “sete di Dio mi rendo conto che ho bisogno del suo amore come dell’acqua per vivere? E poi: mi preoccupo della sete degli altri?”. Lo chiede Papa Francesco prima della preghiera dell’Angelus di questa terza domenica di Quaresima, commentando l’incontro “bello e affascinante” di Gesù con una donna ad un pozzo in Samaria, descritto nel Vangelo di Giovanni.

Dio “ha la mia sete”, è “legato alla mia povertà”

In quel “dammi da bere” c’è Gesù “assetato e stanco” che “come un mendicante chiede ristoro”. È un’immagine, chiarisce il Papa, “dell’abbassamento di Dio: in Gesù, Dio si è fatto uno di noi; assetato come noi, soffre la nostra stessa arsura”. E cita don Primo Mazzolari: il Signore, il Maestro, “Ha quindi sete come me. Ha la mia sete. Mi sei vicino davvero, Signore! Sei legato alla mia povertà… mi hai preso dal basso, dal più basso di me stesso, ove nessuno mi raggiunge”. Perché tu “hai sete di me”.

La sete di Gesù, infatti, non è solo fisica, esprime le arsure più profonde della nostra vita: è soprattutto sete del nostro amore. E’ più di un mendicante, è un assetato del nostro amore. Ed emergerà nel momento culminante della passione, sulla croce; lì, prima di morire, Gesù dirà: “Ho sete”. Quella sete dell’amore che lo ha portato a scendere, ad abbassarsi, a quell’abbassamento ad essere uno di noi.

Gesù ci dà da bere “l’acqua viva dello Spirito Santo”

Ma il Signore, che chiede da bere, prosegue Francesco, “è Colui che dà da bere: incontrando la samaritana le parla dell’acqua viva dello Spirito Santo, e dalla croce effonde dal suo costato trafitto sangue e acqua”.

“Gesù, assetato d’amore, ci disseta d’amore. E fa con noi come con la samaritana: ci viene incontro nel nostro quotidiano, condivide la nostra sete, ci promette l’acqua viva che fa zampillare in noi la vita eterna.”

Dissetare una società indifferente dall’aridità e vuoto interiore

Ma in quel “dammi da bere”, sottolinea il Pontefice, c’è anche “un appello – a volte silenzioso – che ogni giorno si leva verso di noi e ci chiede di prenderci cura della sete altrui”. “Dammi da bere” ci dicono infatti “quanti – in famiglia, sul posto di lavoro, negli altri luoghi che frequentiamo – hanno sete di vicinanza, di attenzione, di ascolto; ce lo dice chi ha sete della Parola di Dio e ha bisogno di trovare nella Chiesa un’oasi dove abbeverarsi”.

Dammi da bere è l’appello della nostra società, dove la fretta, la corsa al consumo e soprattutto l’indifferenza generano aridità e vuoto interiore. E – non dimentichiamolo – dammi da bere è il grido di tanti fratelli e sorelle a cui manca l’acqua per vivere, mentre si continua a inquinare e deturpare la nostra casa comune; e anch’essa, sfinita e riarsa, “ha sete”.

Con la gioia dell’incontro con Dio, dissetare gli altri

Davanti a queste sfide, conclude Papa Francesco, “il Vangelo oggi offre ad ognuno di noi l’acqua viva che può farci diventare fonte di ristoro per gli altri”. E allora, come fece la samaritana, “che lasciò la sua anfora al pozzo e andò a chiamare la gente del villaggio”, anche noi non penseremo più solo a placare la nostra sete, anche intellettuale o culturale, “ma con la gioia di aver incontrato il Signore potremo dissetare altri”, dare senso alla vita altrui, “non come padroni, ma servitori della Parola di Dio”, e capire “la loro sete e condividere l’amore che Lui ha donato a noi”.

Mi viene di fare questa domanda, a me e a voi: Siamo capaci di capire la sete degli altri? Oggi possiamo chiederci: io ho sete di Dio, e voglio rendermi conto che ho bisogno del suo amore come dell’acqua per vivere? E poi: mi preoccupo della sete degli altri, la sete spirituale e materiale?

Il Papa: la sofferenza per la corruzione che “uccide il futuro”

In un’intervista con ilfattoquotidiano.it per i dieci anni di pontificato, Francesco parla dello scandalo della “corruzione del cuore” e della lotta agli abusi sui minori, proseguita sulla strada tracciata da Benedetto XVI. Si augura la pace e la fine della “globalizzazione dell’indifferenza” e una Chiesa di fratelli che tenda “all’unità, che non significa uniformità”, che stia “in mezzo al suo popolo” come don Tonino Bello, “profeta non compreso nel suo tempo, perché molto avanti”

Vatican News

La corruzione, quella economica e quella “del cuore”, dalla quale è molto difficile tornare indietro. È ciò che ha fatto soffrire di più Papa Francesco in questi dieci anni di pontificato, e ne parla nell’intervista con Francesco Antonio Grana, vaticanista de ilfattoquotidiano.it,  pubblicata alla vigilia dell’anniversario della sua elezione. Il Papa ribadisce che la corruzione “spuzza”, come disse a Napoli nel 2015, “fa imputridire l’anima” ed è per questo che “i mafiosi sono scomunicati: hanno le mani sporche di soldi insanguinati. Fanno affari con le armi e la droga. Uccidono i giovani e la società” e nella Chiesa “non c’è posto per i mafiosi! I beati Pino Puglisi e Rosario Livatino non sono scesi a patti con la mafia e perciò hanno pagato con le loro vite”.

Scandalo abusi: la svolta nel “partire dall’ascolto delle vittime”

Dallo scandalo della corruzione a quello della pedofilia nella Chiesa, denunciato pubblicamente con coraggio da Benedetto XVI, che – ricorda Francesco – già da cardinale “ha lottato con tutte le sue forze contro l’omertà e l’insabbiamento che per decenni hanno coperto chi nella Chiesa ha commesso gli abusi”. “Io – sottolinea – mi sono posto sulla strada tracciata da lui”. E, ribadisce, oggi “Nella Chiesa non c’è posto per chi si macchia di questo abominevole peccato contro Dio e contro l’uomo”. Il cambiamento più radicale di mentalità nella Chiesa per affrontare questo scandalo, per il Pontefice, è stato “partire dall’ascolto delle vittime. Per un pastore è fondamentale”. Ha incominciato a farlo Benedetto XVI nei suoi viaggi, e poi lo hanno fatto, per la prima volta, molti presidenti delle conferenze episcopali, per prepararsi al summit mondiale sulla pedofilia nel clero del febbraio 2019 in Vaticano, e “hanno pianto insieme con loro: il dono delle lacrime”.

Nella Chiesa col coraggio delle nostre idee, ma poi uniti alla stessa mensa

Papa Francesco parla anche del dibattito interno alla Chiesa, per il quale non ha “mai perso il sonno”, perché “è bello che tra fratelli si abbia il coraggio di dirsi le cose in faccia, con i pantaloni, non alimentando il chiacchiericcio che uccide” e molte ricostruzioni sono “totalmente inventate”. La Chiesa non è un’orchestra dove tutti suonano la stessa parte, ribadisce, per cui “dobbiamo tendere all’unità che non significa uniformità. Siamo fratelli! Dobbiamo avere il coraggio delle nostre idee, il coraggio di dircele direttamente, ma poi dobbiamo ritrovarci attorno alla stessa mensa”.

Soffro per la globalizzazione dell’indifferenza

Per il futuro, il Papa si augura la pace “nella martoriata Ucraina e in tutti gli altri Paesi che soffrono l’orrore della guerra” e meno indifferenza nel mondo. Perché una cosa “che mi fa soffrire molto è la globalizzazione dell’indifferenza, girare la faccia dall’altra parte e dire: ‘A me che importa? Non mi interessa! Non è un mio problema!’ ”. E indifferenza, ricorda, è la parola che Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah, vorrebbe scrivere al binario 21 della Stazione di Milano, dove partivano i treni per i campi di concentramento nazisti. Fa riflettere “perché quel massacro di milioni di persone è avvenuto nell’indifferenza vigliacca di tanti che hanno preferito girare la faccia dall’altra parte e dire: A me che importa?’ ”.

Una Chiesa che sta im mezzo alla gente, come don Tonino

Per la Chiesa, Francesco si augura che impari davvero ad “uscire, deve stare in mezzo alla gente”, e porta l’esempio di don Tonino Bello: “Un grande vescovo pugliese che stava in mezzo al suo popolo e ha lottato con tutte le sue forze per la pace. Un uomo non compreso nel suo tempo perché era molto avanti. Lo si sta riscoprendo oggi. Un profeta!”. E ricorda che è già venerabile ed è in cammino verso la beatificazione. “Sogno – aggiunge  – una Chiesa senza clericalismo, la cosa “più brutta che possa accadere alla Chiesa, peggio ancora che ai tempi dei Papi corrotti. Un prete, un vescovo o un cardinale che si ammalano di clericalismo fanno molto male alla Chiesa”. E anche peggiori “sono i laici clericalizzati”, una “peste nella Chiesa. Il laico deve essere laico”.

Governare sintonizzandosi con il Signore, non con il mondo

Il Pontefice ribadisce infine che il suo programma di governo è stato e continuerà ad essere quello di porsi “umilmente in ascolto” della volontà del Signore e metterla in pratica. “Può sembrare un compito molto semplice, ma non lo è. Bisogna sintonizzarsi con il Signore, non con il mondo”. Che è quello espresso da Benedetto XVI nella Messa di inizio del suo pontificato “in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da lui, cosicché sia egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia”. E ai lettori del sito chiede infine di “non perdete mai la speranza! Anche se vi sono successe cose brutte, anche se l’esperienza che avete avuto con qualche uomo o donna di Chiesa non è stata tanto bella, non lasciatevi condizionare. Il Signore vi aspetta sempre a braccia aperte”

Il Papa: “Quando fui eletto Hummes mi disse: non aver paura, è stato lo Spirito Santo”
L’elezione di Papa Francesco al Conclave
Nuova intervista del Pontefice al media argentino “Perfil”: colloquio su diversi temi ecclesiali, sociali, politici e religiosi. Francesco ricorda la sua elezione di dieci anni fa e le parole che il cardinale brasiliano gli disse in Sistina, insieme a l’invito a “non dimenticare i poveri”. Poi indica il cardinale Casaroli, che oltre al suo proficuo lavoro di alto diplomatico visitava anche un carcere minorile, come esempio della “grande politica della Chiesa”

Vatican News

Dopo Infobae e La Nación, Papa Francesco è a colloquio con un altro media argentino, il sito Perfil, in occasione dei dieci anni del pontificato. Una intervista ampia, con il giornalista Jorge Fontevecchia, cofondatore di Perfil, incentrata su numerosi temi come: la metafisica, la Chiesa, la teologia, i gesuiti, il comunismo, il peronismo, l’economia, la pandemia, la geopolitica, gli immigrati, il Brasile, le chiese evangeliche, l’Argentina, i movimenti sociali, i sacerdoti del terzo mondo, le Madri di Plaza de Mayo, la dittatura, i popoli nativi e il ritorno al suo Paese.

Il Papa affronta il tema della morte, al quale, ha detto, pensa spesso “con molta pace”: “Aiuta anche a non pensare per sempre, perché ci sono persone che pensano di aver comprato il passato, il presente e il futuro fino all’anno 2050. E no, è una tentazione sapere che domani devo lasciare questo e andare da un’altra parte, è la legge della vita. Ma bisogna ricordarsene, e questo è un bene”.

Oltre ad affrontare le varie questioni della Chiesa, tra cui il cammino sinodale, le sfide interne ed esterne, le possibili divisioni, il Pontefice ha spiegato che “il lavoro del Papa con la Chiesa e di un vescovo con la diocesi è armonizzare. Questa parola è fondamentale, perché quando parliamo dello Spirito Santo dobbiamo finire su questa parola. Un esempio chiaro: la mattina di Pentecoste c’è un gran baccano, e chi fa questo baccano? Lo Spirito Santo. Quindi lo Spirito Santo è colui che provoca le differenze nella Chiesa e poi le armonizza”.

Sulle varie questioni teologiche e disciplinari nella Chiesa, come i sacramenti ai divorziati risposati e il matrimonio tra persone omosessuali, Francesco ha ribadito che “tutti sono figli di Dio e ognuno cerca Dio e lo trova, nel modo in cui può. Dio tiene lontani solo i superbi, il resto di noi peccatori è in linea”. Sul tema del celibato, il Papa ha ribadito: “Non sono ancora pronto a rivederlo, ma ovviamente è una questione di disciplina, niente a che vedere con il dogma, che oggi c’è e domani può non esserci”.

“Perché si identifica con Francesco d’Assisi?”, ha poi domandato Fontevecchia. “È una cosa spontanea. Vedere quel ragazzo di buona famiglia che, a 20 anni, lascia tutto, si spoglia persino davanti al padre, e inizia una vita di impressionante creatività. La vita di Francesco è la vita di un rivoluzionario, che ha il coraggio di ribaltare completamente le carte in tavola, di un incosciente che va dal califfo o dal sultano sapendo che gli potrebbero tagliare la testa. È l’incoscienza dell’uomo innamorato di Gesù. Ammirevole, ma non del tutto imitabile. Sono questi santi che, per segnare la strada da seguire, vanno oltre, ma poi devono essere avvicinati un po’ di più alla vita ordinaria”.

Tornando al giorno della sua elezione, il 13 marzo di dieci anni fa, il Papa ha ricordato le emozioni provate in quel momento dell’annuncio: “Ci si difende non volendo sentire. Quando alla penultima, la prima del pomeriggio, quando era quasi chiaro che sarebbe finita male (sic), il cardinale Hummes è venuto dietro di me e mi ha detto: ‘Non aver paura, è stata opera dello Spirito Santo’. Un grande uomo, il cardinale Hummes. E quando fui eletto, avevo i due terzi, e le votazioni seguirono, Hummes si avvicinò e mi disse: ‘Non dimenticare i poveri’. Ed è da lì che è nato il nome Francesco. Hummes mi ha accompagnato con quei due gesti”, ha raccontato Jorge Mario Bergoglio.

Durante l’intervista, spazio anche alle questioni economiche, alle quali il Papa ha risposto riproponendo la visione sociale della Chiesa e indicando che “oggi le cose sono andate oltre, e si può dialogare molto bene con l’economia e raggiungere passi di comprensione o formule che vanno bene. D’altra parte, non è possibile avere un buon dialogo con la finanza. La finanza è gassosa, l’economia è concreta”.

Sul tema dell’immigrazione, il Papa ha insistito sul fatto che “oggi, purtroppo, ci sono Paesi sfruttatori e Paesi sfruttati, che ci piaccia o no. E purtroppo non c’è un’assenza di frontiere, c’è un’assenza di frontiere formale, ma non un’assenza di frontiere reale, perché all’interno dell’Europa ci sono anche differenze che sono frontiere. Io la immagino non come un’uniformità, o una questione di immagine, ma come la ricchezza di ogni Paese, di ogni popolo, di ogni continente che si scambia”.

Infine una riflessione sui sacerdoti, sulla loro missione pastorale e sul continuo richiamo a essere “pastori con l’odore delle pecore”. “Si può essere pastori con l’odore delle pecore qui in Vaticano?”, ha domandato il giornalista. “Sì, certo”, ha replicato il Pontefice, e ha ricordato l’esempio del cardinale Casaroli che ai tempi di Giovanni XXIII, oltre al suo proficuo lavoro di alto diplomatico, visitava anche un carcere minorile la domenica: “Questa è la grande politica ecclesiale della Chiesa”.

Al termine dell’intervista, anche un messaggio ai suoi concittadini argentini: “Voglio ringraziare il mio popolo perché sono stato educato dal popolo argentino. Sono argentino, educato dal popolo argentino, con la sua ricchezza e le sue contraddizioni, ho ereditato tutto, figlio di immigrati, ma argentino nell’anima”.

https://www.youtube.com/live/BeKR0tfHdm4?feature=share

Il Papa: solidarietà a chi soffre per la guerra, non dimenticare l’Ucraina martoriata
Al termine dell’Angelus, Francesco ricorda l’Atto di consacrazione di Russia e Ucraina al Cuore Immacolato di Maria, il 25 marzo 2022: “Il nostro affidamento non venga meno, non vacilli la speranza, il Signore ascolta sempre le suppliche del suo popolo”. Il Pontefice invita a unirsi alle “24 ore per il Signore”, ‘iniziativa di preghiera e riconciliazione che torna nelle diocesi di tutto il mondo il 17 e il 18 marzo. Il Papa la celebrerà in una parrocchia romana

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

Ad un anno dall’atto universale di consacrazione di Russia e Ucraina al Cuore Immacolato di Maria, perché estinguesse l’odio e placasse ogni violenza, Francesco richiama di nuovo i fedeli del mondo a usare l’arma della preghiera per domandare a Dio la pace.

Rimaniamo uniti nella fede e nella solidarietà per i fratelli che soffrono a causa della guerra, soprattutto non dimenticare il martoriato popolo ucraino

Le “24 ore per il Signore” 

Al termine dell’Angelus in piazza San Pietro, il Papa invita all’iniziativa delle “24 ore per il Signore” che si svolgerà venerdì 17 marzo e sabato 18 marzo. Si tratta del momento quaresimale di preghiera e riconciliazione voluta dallo stesso Francesco nel 2013 e che ha sempre visto il Papa confessare e confessarsi, che ora giunge alla decima edizione. L’evento si celebra nelle diocesi di tutto il mondo alla vigilia della quarta domenica di Quaresima: tutte le chiese rimarranno aperte per un giorno intero, per offrire a fedeli e pellegrini l’occasione di sostare in adorazione e di confessarsi. “Un tempo dedicato alla preghiera di adorazione e al sacramento della riconciliazione”, dice infatti il Papa.

L’atto di consacrazione a Maria 

L’anno scorso proprio al termine delle “24 Ore” è avvenuto l’atto mariano di consacrazione di Russia e Ucraina. Il Papa lo ricorda dalla finestra del Palazzo Apostolico.  

Un anno fa, in tale contesto, abbiamo compiuto il solenne atto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, invocando il dono della pace. Il nostro affidamento non venga meno, non vacilli la speranza, il Signore ascolta sempre le suppliche che il suo popolo gli rivolge per intercessione della Madre.

L’invito a pregare

Quest’anno, per caratterizzare maggiormente la presenza nelle comunità parrocchiali, Francesco si recherà in una parrocchia di Roma, Santa Maria delle Grazie al Trionfale, a pochi chilometri da San Pietro. La celebrazione si terrà il 17 marzo alle 16.30 e tutti i fedeli che lo desiderano potranno ricevere il sacramento della riconciliazione. L’invito a partecipare arriva, quindi, dal Papa stesso, insieme alla consueta richiesta, sempre reiterata lungo questi dieci anni di pontificato che si celebrano domani 13 marzo:

Per favore, non dimenticatevi di pregare per me

 

 

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