MILANO. STOP ALLA REGISTRAZIONE DEI FIGLI DI COPPIE OMOGENITORIALI
Questo, a quanto si apprende, in funzione di una circolare del ministero dell’Interno e una precisazione della Procura di Milano che ha costretto l’amministrazione a interrompere, salvo nel caso di bimbi nati all’estero da due madri, la trascrizione dei figli di coppie omogenitoriali
LUCA PALADINI Consigliere Regione Lombardia dal 2023 Patto Civico
Fondatore de I SENTINELLI di Milano
Eccolo nuovamente all’opera questo Governo ossessionato dal bisogno di calpestare i diritti.
L’ orrendo Piantedosi anziché coprirsi il volto dalla vergogna per la dolosa gestione di una strage in mare, ha trovato il tempo per
mandare una circolare che ha costretto l’amministrazione comunale milanese ad interrompere, salvo nel caso di bimbi nati all’estero da due madri, la trascrizione dei figli di coppie omogenitoriali.
Un’ imposizione vigliacca di chi come sempre si fa forte con i deboli.
Di chi agita fantasmi per tenersi buono quel pezzetto d’elettorato che campa di nemici immaginari.
Fossero pure famiglie colpevoli d’amare.
Esistiamo.
Questa è la cosa che non sopportano. Avanziamo addirittura la pretesa d’essere trattati in modo eguale.
Questa è la cosa che li manda ai matti.
È un giorno amaro e doloroso ma che forse ha almeno il merito di sbatterci in faccia in modo inequivocabile quanto la destra sappia essere cinica e cattiva se si tratta di attaccare i diritti civili.
Beppe Sala annuncia battaglia. Bene.
Noi nel frattempo siamo già in trincea
MILANO. STOP ALLA REGISTRAZIONE DEI FIGLI DI COPPIE OMOGENITORIALI
Milano, stop alla registrazione dei figli di coppie omogenitoriali | Circolare del Prefetto, il sindaco Sala: “Passo indietro politico e sociale”
La sospensione dopo una circolare del Prefetto che, secondo quanto si apprende, a sua volta ha interpellato il ministero dell’Interno. Il primo cittadino promette che diventerà una sua “battaglia politica con il governo”
Arriva lo stop per il Comune di Milano alla registrazione dei figli nati in Italia da coppie omogenitoriali. Tranne che nel caso di bambini nati all’estero da due madri, l’amministrazione è stata infatti costretta ad interrompere l’iscrizione nei registri anagrafici a seguito di una circolare del Prefetto di Milano che, secondo quanto si apprende, a sua volta ha interpellato il ministero dell’Interno. La svolta non è piaciuta al sindaco Giuseppe Sala che, incontrando le famiglie “arcobaleno” e spiegando le difficoltà emerse, ha fatto sapere che questa diventerà una sua battaglia politica con il governo.
Sala: “Passo indietro politico e sociale”
Per il sindaco di Milano, Beppe Sala, “questo a mio parere è un passo indietro evidente dal punto di vista politico e sociale, e mi metto nei panni di quei genitori che a Milano pensavano di poter contare su questa possibilità”. “La registrazione – ha detto il primo cittadino nel suo podcast ‘Buongiorno Milano’ – non dipende solo dalla volontà politica, è un atto che ha a che fare, logicamente, con l’apparato amministrativo del Comune e io, vista anche la presa di posizione della Procura, non posso esporre un funzionario comunale a rischi personali di natura giudiziaria”, ha chiarito.
“Serve una legge come avviene in altri Paesi” “Dovrebbe essere il legislatore – ha aggiunto Sala – a consentire con legge come avviene in altri Paesi anche europei, ad esempio in Spagna e Danimarca, la registrazione del figlio di coppia dello stesso sesso a prescindere dal più oneroso e a oggi davvero travagliato procedimento dell’adozione in casi particolari”.
Famiglie arcobaleno: “Decisione dolorosa e ingiusta”
“Il sindaco di Milano ha dovuto cedere al pressing del governo Meloni e alla fine la decisione è arrivata dolorosa e ingiusta. Il sindaco Sala ci ha comunicato che bloccherà le trascrizioni dei certificati di nascita esteri dei bambini con due papà e la formazione di atti di nascita italiani con due mamme, come garantito negli ultimi anni nel capoluogo lombardo”
Lo afferma la presidente di “Famiglie arcobaleno”, Alessia Crocini.
“Abbiamo appreso con profondo sconforto la notizia, consapevoli di quanto questo governo si stia adoperando per togliere ogni minimo diritto di cittadinanza alle famiglie omogenitoriali in Italia. Questa notizia fa tristemente coppia con la decisione del governo italiano di bocciare anche la possibilità di un certificato europeo di filiazione, quello che permetterebbe ai figli delle coppie dello stesso sesso il riconoscimento dei propri diritti in tutta Europa”
“I bambini e le bambine con due mamme e due papà esistono già in Italia, i ministri Piantedosi e la premier Meloni se ne facciano una ragione. Ogni giorno vanno a scuola, entrano negli studi pediatrici, giocano nei parchi e nei campi sportivi, frequentano corsi di musica, come tutti i loro coetanei, senza avere i diritti di tutti i loro coetanei. Questa situazione non è degna di un Paese civile e ci chiediamo quando questa ingiustizia verrà sanata da una legge di buon senso che rispecchi la realtà. Nel frattempo non ci fermeremo e continueremo a fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per ottenere i più elementari diritti di cittadinanza per i nostri figli e le nostre figlie, con la certezza di avere molte alleanze dalla nostra parte”
conclude la presidente Crocini.
Perché Milano ha fermato la registrazione dei figli di coppie gay
Stop alla trascrizione automatica all’anagrafe: il sindaco Sala costretto a cedere alla luce di una recente sentenza (e su sollecitazione del Viminale)
Milano arriva lo stop alle registrazioni dei figli nati da coppie omogenitoriali in Italia.
Questo, a quanto si apprende, in funzione di una circolare del ministero dell’Interno e una precisazione della Procura di Milano che ha costretto l’amministrazione a interrompere, salvo nel caso di bimbi nati all’estero da due madri, la trascrizione dei figli di coppie omogenitoriali.
Il sindaco Giuseppe Sala ieri ha incontrato le famiglie ‘arcobaleno’ e i loro rappresentanti spiegando loro questa difficoltà, ma allo stesso tempo confermando che questa diventerà una sua battaglia politica con il governo.
Ma a cosa si deve questa decisione? Tutto sembra nascere da una sentenza con cui lo scorso dicembre la Cassazione aveva ribadito che “l’ordinamento italiano non consente il ricorso ad operazioni di maternità surrogata”, aggiungendo però che alla prova dei fatti “le istanze di genitorialità, nondimeno, si rivelano difficilmente comprimibili” e il “divieto di gestazione per altri non argina il progetto di diventare genitori”
Se da un lato, si legge, c’è
“l’esigenza di salvaguardare i principi ispiratori dell’ordinamento giuridico italiano”
dall’altro vanno tutelati gli interessi del bambino che
“non ha colpa della violazione del divieto di surrogazione di maternità ed è bisognoso di tutela come e più di ogni altro”
I supremi giudici avevano dunque stabilito che i bambini nati all’estero con la gestazione per altri dovessero essere riconosciuti in Italia come figli di entrambi i genitori con l’adozione in casi particolari, non però con la trascrizione diretta all’anagrafe.
Spiega la sentenza:
“L’ordinamento italiano mantiene fermo il divieto di maternità surrogata e, non intendendo assecondare tale metodica di procreazione, rifugge da uno strumento automatico come la trascrizione, ma non volta le spalle al nato”
Proprio alla luce di questa decisione, il comune di Milano è stato sollecitato a sospendere le trascrizioni dei figli di coppie omogenitoriali.
Se Beppe Sala continuasse a consentire le registrazioni, queste rischierebbero di essere annullate dalla stessa Procura in quanto divenute a tutti gli effetti illecite.
Da qui la decisione dell’amministrazione che avrebbe ricevuto un diktat anche dal Viminale.
Una vicenda delicata e destinata comunque a far discutere.
Perché l’Europa non chiede di riconoscere la maternità surrogata (né le famiglie gay)
L’accusa mossa da destra polacca e lobby pro-life è rimbalzata in Italia. Cosa prevede (davvero) il certificato di genitorialità proposto da Bruxelles
Un cavallo di troia per autorizzare la maternità surrogata in Italia, come sostengono Fratelli d’Italia e Lega?
O un passo avanti sul fronte dei diritti, come dicono invece Pd e M5s?
Il nuovo regolamento della Commissione europea per armonizzare le norme sul riconoscimento dei figli e dei loro diritti in tutta l’Ue è ancora allo stadio della proposta, ma sta già dividendo la politica italiana. Riproponendo gli ormai soliti schemi tra chi chiede più diritti per le coppie omosessuali, e chi sventola il vessillo della famiglia tradizionale.
Ma come stanno realmente le cose?
La proposta di Bruxelles
La proposta della Commissione risale al 7 dicembre scorso e mira a “armonizzare le norme di diritto internazionale privato in materia di filiazione”. Nelle sue premesse, Bruxelles chiarisce di non voler entrare nel diritto di famiglia, che rimane nelle mani esclusive dei singoli Stati: nessun obbligo di riconoscere le coppie gay, né tantomeno la maternità surrogata. L’intento, semmai, è di far rispettare i diritti di bambini, a prescindere se figli di coppie gay o etero, nel passaggio da un Paese Ue all’altro. “La proposta è incentrata sull’interesse superiore e sui diritti del bambino”, spiega la Commissione, evidenziando che “la genitorialità stabilita in uno Stato membro dovrebbe essere riconosciuta in tutti gli altri Stati membri, senza alcuna procedura speciale”, incluso il riconoscimento per i “genitori dello stesso sesso”
Per capire meglio il problema bisogna fare riferimento ad alcuni casi in cui figli di coppie gay si sono trovati in una sorta di limbo quando i loro genitori si sono spostati da uno Stato membro dell’Ue all’altro.
Nel 2021, per esempio, la Corte di giustizia dell’Ue aveva condannato la Bulgaria, che si era rifiutata di rilasciare carta d’identità e passaporto a una bambina di due anni, nata in Spagna da madre bulgara, perché la madre era sposata con un’altra donna (cosa legale in Spagna, ma non in Bulgaria).
In quell’occasione, la Corte spiegò che, sebbene la competenza sul diritto di famiglia è di competenza esclusiva dei singoli Stati, quando si tratta del diritto alla libera circolazione delle persone, che è invece una della basi a fondamento dell’adesione all’Ue, questo va riconosciuto da un Paese all’altro.
I 2 milioni di bambini nel limbo
Casi come quello della bambina bulgara riguarderebbero circa 2 milioni di minori nell’Unione. Per loro, già oggi il diritto europeo prevede che “la filiazione accertata in uno Stato membro sia riconosciuta in tutti gli altri Stati membri per alcuni scopi: accesso al territorio, diritto di soggiorno, non discriminazione rispetto ai cittadini nazionali”. Ma tale previsione si scontra con la burocrazia (e spesso la politica), oltre che con interpretazioni giuridiche discordanti:
“Le famiglie devono talvolta avviare procedimenti amministrativi o anche giudiziari, che sono lunghi e costosi e possono avere risultati incerti”, ricorda Bruxelles. Una sentenza della nostra Corte costituzionale del 2019, per esempio, aveva ritenuto non trascrivibile sul certificato di nascita italiano lo status genitoriale di uno dei due papà di un bambino nato all’estero.
Da qui, il primo obiettivo del regolamento della Commissione, che è quello di rendere automatico il riconoscimento della filiazione nel rispetto della legge già in vigore. Per farlo, Bruxelles propone di istituire il Certificato europeo di genitorialità: questo documento potrà essere richiesto dai figli (o dai loro rappresentanti legali) allo Stato membro “che ha accertato la filiazione” e potrà essere utilizzato “come prova della filiazione in tutti gli altri Stati membri”. Ma la Commissione fa anche un passo in più: oltre ai diritti già sanciti da sentenze della Corte Ue, il nuovo regolamento vuole consentire “ai figli di beneficiare in situazioni transfrontaliere dei diritti derivanti dalla filiazione ai sensi del diritto nazionale, in materie quali la successione, i diritti alimentari o il diritto dei genitori di agire in qualità di rappresentanti legali del minore (per motivi di scolarizzazione o di salute)”.
La maternità surrogata
Cosa c’entra tutto questo con la maternità surrogata? A sventolare il rischio che il nuovo regolamento apra a un presunto obbligo di riconoscimento della maternità surrogata (ma anche delle coppie gay) in tutta l’Ue sono stati in queste settimane esponenti di alcune lobby pro-life e di partiti conservatori come il Pis polacco, il principale alleato di Fratelli d’Italia in Europa, da tempo impegnato in patria in una stretta contro l’aborto e i diritti Lgbtq. Come abbiamo già spiegato, la Commissione ha già chiarito che un conto sono i diritti dei bambini, un altro è il riconoscimento delle coppie gay, cosa che non è prevista in alcun modo dal regolamento.
Per quanto riguarda la maternità surrogata, nessun Paese Ue prevede espressamente il suo riconoscimento: la stragrande maggioranza, come l’Italia, lo vieta espressamente. Alcuni, come il Belgio o l’Olanda, prevedono solo il riconoscimento della maternità surrogata “non a fini commerciali”, ossia senza che il patto provato tra una coppia e la madre surrogata preveda un pagamento. A ogni modo, come spiegato in una audizione al Senato dal Garante italiano per l’infanzia, Carla Garlatti, la proposta della Commissione Ue “non agevola, come qualcuno teme, il ricorso alla pratica della maternità surrogata. Infatti, esso non comporta un riconoscimento automatico della paternità o della maternità (del bambino nato da maternità surrogata, ndr), un automatismo che nel nostro ordinamento è impedito dalla contrarietà all’ordine pubblico. Il divieto non fa differenze: riguarda tanto le coppie omoaffettive quanto quelle eteroaffettive”. Semmai, il regolamento europeo è in linea con quanto “è stato affermato dalla giurisprudenza (italiana, ndr), compresa quella costituzionale, allo scopo di garantire comunque la tutela del minore nato da maternità surrogata. La giurisprudenza prevede infatti il ricorso all’istituto dell’‘adozione in casi particolari che attualmente, secondo la Corte costituzionale e la Suprema Corte, è in grado di offrire un’adeguata tutela al minore. Minore sul quale – è bene ricordarlo – non devono ricadere le conseguenze delle scelte dei genitori”, ha concluso Garlatti.
Fratelli d’Italia vuole punire la maternità surrogata anche se realizzata all’estero
In Italia la pratica è già vietata (la pena va dai tre mesi ai due anni), in altri Paesi però è legale. La proposta di legge depositata alla Camera per combattere il “turismo procreativo”
Fratelli d’Italia vuole punire la maternità surrogata anche quando questa pratica viene realizzata all’estero. Il partito di Giorgia Meloni ha presentato una proposta di legge depositata poche settimane fa alla Camera per combattere, citiamo dal documento, il così detto “turismo procreativo”, ovvero “quel fenomeno per cui coppie italiane che non possono avere figli si avvalgono della tecnica della surrogazione di maternità in un Paese estero in cui la stessa è consentita”
Cerchiamo di capire meglio di cosa parliamo. Con l’espressione maternità surrogata o gestazione per altri, si intende una forma procreazione assistita attraverso la quale una donna porta avanti una gravidanza per conto di una coppia o comunque altre persone. Si tratta di una pratica espressamente vietata nel nostro ordinamento, tant’è che una legge del 2004 sulle “norme in materia di procreazione medicalmente assistita” prevede che “chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità” sia “punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro”.
Il punto sollevato da Fratelli d’Italia è che questo divieto “opera solo a livello nazionale, mentre in altri Paesi, sia europei e soprattutto extraeuropei come India e Stati Uniti d’America, tali pratiche sono legali”. D’altra parte, argomentano da Fdi, la legge in questione è stata scritta quando “non esisteva ancora il turismo procreativo” e dunque “ha lasciato un vuoto normativo, nulla prevedendo in ordine alla liceità o no della surrogazione di utero, e più in generale di maternità, attuata all’estero da cittadini italiani”.
Nella proposta di legge si insiste sul fatto che i tribunali non possono essere “lasciati soli” nel giudicare situazioni di questo tipo. Da qui la necessità, secondo i meloniani, di modificare la legge del 2004 precisando in un comma che le pene “si applicano anche se il fatto è commesso all’estero”. Ma è possibile comminare una pena per una pratica portata avanti in un Paese in cui è legale? L’appiglio giuridico, sostengono i parlamentari firmatari della proposta, sarebbe l’articolo 7 del codice penale che “stabilisce espressamente la punibilità per taluni reati anche se commessi all’estero, prevedendo una riserva di legge in materia”. Da questo punto di vista l’iter della legge si annuncia però complesso.
Non è la prima volta che da Fdi tentano di introdurre una legge che vieti la procreazione assistita anche al di fuori dei confini nazionali. Già nel 2018 venne infatti presentata una proposta di legge quasi identica e solo due anni fa Giorgia Meloni lanciò una petizione per rendere “l’utero in affitto” un “reato universale” giudicando la maternità surrogata “un abominio”.
Sala: “Sulla registrazione dei figli di coppie omogenitoriali serve una legge”
“Lo stop alle registrazioni è un passo indietro”
“Mi faccio carico di portare avanti politicamente questa battaglia e di seguire con la massima attenzione ogni sviluppo”
Lo definisce
“un passo indietro evidente dal punto di vista politico e sociale”
e dice di mettersi
“nei panni di quei genitori che a Milano pensavano di poter contare su questa possibilità”
Così il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha commentato lo stop alla trascrizione dei figli di coppie omogenitoriali nel suo podcast ‘Buongiorno Milano’.
“La registrazione non dipende solo dalla volontà politica, è un atto che ha a che fare, logicamente, con l’apparato amministrativo del Comune e io, vista anche la presa di posizione della Procura, non posso esporre un funzionario comunale a rischi personali di natura giudiziaria”
ha chiarito.
“Dovrebbe essere il legislatore a consentire con legge come avviene in altri Paesi anche europei, ad esempio in Spagna e Danimarca, la registrazione del figlio di coppia dello stesso sesso a prescindere dal più oneroso e ad oggi davvero travagliato procedimento dell’adozione in casi particolari”
ha poi sottolineato il sindaco di Milano
“La strada indicata dalla Cassazione per assicurare i diritti del bambino, ossia l’adozione in casi particolari – ha detto ancora Sala -, appare oggi in Italia ormai assai complessa e farraginosa. Dovrà dunque essere resa molto più rapida ed efficace per poter dare una risposta ai numerosi problemi giuridici che tornano ad essere irrisolti – ha aggiunto – e soprattutto per garantire, come chiede anche la Corte europea dei diritti dell’uomo, pieni diritti al bambino oltre che alla famiglia che lo ha voluto e in cui vive”.
Nel lungo intervento Sala ha ripercorso le tappe che hanno portato ad uno stop delle registrazioni.
“Recentemente la Cassazione Sezioni Unite, con sentenza n. 38162 pubblicata il 30 dicembre 2022, ha affermato che la tutela del minore, figlio di coppia dello stesso sesso, può essere assicurata ordinariamente attraverso la sua adozione – ha proseguito -. In altre parole l’adozione diventa dunque l’unico strumento corretto per tutelare il minore e viene riaffermata l’impossibilità da parte dell’ufficiale di stato civile di registrare direttamente il rapporto di filiazione”.
Dopo la Cassazione è arrivata una circolare del ministero dell’Interno che ha richiamato i prefetti ad assicurare questo indirizzo, con una comunicazione ai sindaci. Anche la Procura in febbraio ha precisato che non è consentita in Italia la registrazione nell’atto di nascita del minore della madre intenzionale ma solo di quella biologica. Ha invece ritenuto finora ammissibile la sola trascrizione di bimbi nati all’estero da due madri.
“Nostro malgrado, pertanto, ad oggi non possono più essere registrati figli di due uomini divenuti genitori facendo ricorso alla gestazione per altri praticata all’estero, né i figli di due donne che hanno fatto la procreazione medicalmente assistita all’estero ma con parto avvenuto in Italia – ha concluso Sala -. In questi casi, infatti, secondo la Corte di Cassazione, la tutela del minore può essere garantita esclusivamente attraverso l’adozione, per di più in casi particolari”
E per quel che riguarda la sua posizione ha chiarito è precisato il sindaco :
“Da oggi, ancora più di prima, mi faccio carico di portare avanti politicamente questa battaglia e di seguire con la massima attenzione ogni sviluppo, normativo e giudiziario di questa complessa vicenda”
ha aggiunto :
“Pronto a cogliere ogni opportunità concreta affinché continui il cammino di riconoscimento dei diritti di tutte e tutti e affinché Milano ne sia sempre protagonista”
MICHELE PIRAS :
Due milioni di bambini in Europa rischiano di ritrovarsi apolidi e senza diritti.
Due milioni di innocenti, figli di coppie omogenitoriali, non potranno essere riconosciuti dai loro genitori, perché la destra italiana e i suoi sodali europei hanno deciso di sacrificarli sull’altare della difesa della (cosiddetta) famiglia “tradizionale”
Ecco dunque la conferma.
Per il partito di Giorgia Meloni, per quello di Orban e per quelli di Visegrad, discriminazione e tradizione coincidono, anche quando non si capisce proprio che danno dovrebbe arrecare un diritto in più, che male abbiano fatto loro i bambini e le coppie con un orientamento sessuale diverso dal loro.
L’ipocrisia scandalosa di quelli che dicono voler difendere i bambini (da cosa poi non si capisce) e poi li abbandonano senza diritti o si voltano dall’altra parte quando muoiono affogati davanti alle nostre coste.
E allora vale la pena dircelo ancora che ci dovremo sollevare contro questa oscenità, fin quando la nostra “eresia” non verrà affermata per legge, fin quando l’oscurantismo non verrà sconfitto dall’universalità dei diritti, dal principio di giustizia, uguaglianza e libertà.