IN PRIMA LINEA CONTRO I CLAN
Piccininni: «La mafia in Basilicata esiste ed esiste una pericolosa diffusione di droga»
Articolo di Massimo Dellapenna
Non si riconosce nel personaggio televisivo di Imma Tataranni perché «dà del pubblico ministero un’idea folkloristica» e precisa che il suo lavoro, invece, sarebbe poco interessante dal punto di vista televisivo perché svolto prevalentemente in ufficio sulle carte da studiare, sulle norme da approfondire e non sulla strada come un commissario da poliziesco. In questa definizione di se stessa e del suo lavoro c’è tutta la grandezza umana e professionale della dott.ssa Anna Gloria Piccininni, intervistata da Lucia Serino ad “Impatto Zero” su “Cronache” trasmesso in tutta Italia al ca- nale 68. Un magistrato che non cerca la spettacolarizzazione anzi ne rifugge quando dice che personalizzare è sbagliato perché non è una persona ma la magistratura come funzione che contrasta il crimine anche se, ammette, il consenso sociale è essenziale per contrastare il crimine organizzato.
DALLA DIFESA DELLE PERSONE DEBOLI AL CONTRASTO ALLA MAFIA
Quando completò gli studi universitari avrebbe voluto fare il Notaio, partecipò al concorso in Magistratura perché sollecitata da alcune compagne di studio, divenuta magistrato avrebbe voluto occuparsi di civile, invece, il caso ha voluto che sia diventata Pubblico Ministero. Una predisposizione culturale che ricorda la lettera che Paolo Borsellino aveva inviato ad una preside e che il figlio Manfredi lesse il 24 Novembre del 1992 all’inaugurazione dell’aula che la Sapienza dedicava al grande magistrato vittima della mafia. In quella lettera Paolo Borsellino scriveva «sono diventato giudice perché nutrivo grandissima passione per il diritto civile ed entrai in magistratura con l’idea di diventare un civilista, dedito alle ricerche giuridiche e sollevato dalla necessità di inseguire i compensi dei clienti. La magistratura mi appariva la carriera per me più percorribile per dare sfogo al mio desiderio di ricerca giuridica non appagabile con la carriera universitaria per la quale occorrevano tempo e santi in paradiso». Un atteggiamento schivo e serio, concentrato sul lavoro più che sulla visibilità, sulla documentazione più che sulla sensazione che accomuna la dott.ssa Piccininni con i più grandi tra i magistrati italiani, tra quelli che più di tutti sono riusciti ad incarnare lo spirito della loro difficilissima funzione. Una attività che, come ricorda il Sostituto Procuratore, l’ha portata per anni a contrastare i reati che avevano come vittime i soggetti più fragili come donne e bambini. Un’attività che ha determinato in lei la convinzione che l’empatia è un valore che non può, però, sostituire lo studio e l’analisi oggettiva. Una lucidità che le ha consentito in alcuni casi di riscontrare che la presunta vittima in realtà mentiva.
«NON SOLO ESSERE NEUTRALI MA ANCHE APPARIRE TALI»
Ha un’idea alta e nobile della funzione del magistrato la dott.ssa Piccininni e lo rivela anche quando dice che «un magistrato che ami realmente il suo lavoro», come lei fa, «non vive come una restrizione alla propria libertà la limitazione della possibilità di esternare idee o di frequentare persone». Svolge una vita riservata il capo della DDA di Basilicata e lo fa senza che questo sia da considerarsi un sacrificio ma un aspetto collaterale necessario della sua professione che non deve consentire a nessuno di immaginare che una frequentazione, un’amicizia, un rapporto possa condizionare un suo giudizio o una sua valutazione.
«LA DROGA, PESANTE O LEGGERA CHE SIA UCCIDE»
La Basilicata non è un’isola felice, non è estranea a fenomeni malavitosi anche se in tanti e per troppo tempo hanno fatto finta di non vederli. Per molti anni, ha ricordato Anna Gloria Piccininni, «quando c’era un incendio doloso l’opinione pubblica cercava la pista sentimentale per nascondere a se stessa l’idea dell’esistenza della mafia in Basilicata.La Mafia in Basilicata esiste ed esiste una pericolosa diffusione della droga tra le fasce di popolazione giovanile e non». «La televisione», ha detto il PM ai microfoni di Lucia Serino, «invece di proporre modelli negativi di piccoli boss cinematografici spieghino ai giovani gli effetti devastanti sul cervello che producono le droghe leggere e pesanti smettendola anche con questa distinzione che rischia di dare un’idea distorta delle droghe come se esistessero droghe che non fanno male».
UNA VITA SOTTO SCORTA
La scorta le ha costretto a cambiare alcuni aspetti della propria vita. Per anni ha cercato di tenere ben distinto il suo ruolo di magistrato con la sua vita familiare, oggi la sua famiglia deve fare i conti con la protezione della scorta. Molto spesso in Italia si discute della credibilità della magistratura, del suo consenso sociale e della condivisione dei cittadini delle sue iniziative. Molto spesso tale credibilità è stata minata da magistrati che hanno cercato e cercano la spettacolarizzazione della propria attività, l’enfasi chiassosa delle proprie azioni senza pensare agli effetti che esse producono. An- na Gloria Piccininni è uno spot per ridare fiducia nella magistratura. In questa sua descrizione di se stessa come forza tranquilla, dedita allo studio e al lavoro, lontano dai microfoni e dalla ricerca della notorietà, distante anni luce dal magistrato televisivo che è tanto in voga negli ultimi anni.Una speranza per la Basilicata, per la legalità e per la civiltà giuridica di una Nazione che ha bisogno di magistrati così per affrontare la criminalità ma anche per far recuperare credibilità sociale ad una classe che molto spesso ha cercato più lo spettacolo che l’efficienza.