«TRA INDIFFERENZA E INCAPACITÀ DELLE CLASSI DIRIGENTI, L’INESORABILE FUGA DEI CERVELLI»
Alta emigrazione universitaria e lavorativa, il consigliere regionale Leggieri (M5s): «Drammatica “desertificazione” sociale ed economica»
Alta emigrazione universitaria, «solo il 26% dei giovani lucani studia negli Atenei regionali», alta emigrazione lavorativa, la regione perde annualmente circa 3mila abitanti, la maggior parte dei quali è costituita da giovani, per lo più diplomati e laureati, che, una volta acquisito il titolo e non trovando lavoro, sono costretti a trovarlo altrove, bassa natalità ed altri problemi lucani. Ad aggiungere carne al fuoco, il consigliere regionale del Movimento 5stelle, Gianni Leggieri che è intervenuto sulla «fuga dei cervelli», ma non solo. «Il mio pensiero – ha dichiarato Leggieri – va ai tanti padri come me e alle tante famiglie lucane che hanno i propri figli lontano da casa per costruirsi un presente ed un futuro migliori. Emigrazione è una parola che per il nostro Sud è una vera e propria piaga e che, se collegata alle previsioni per i prossimi anni fatte dai più autorevoli istituti di ricerca, non ci fa dormire sonni tranquilli. Ciò tenendo anche conto del quasi totale disinteresse da parte di una classe politica regionale anonima, ormai intenta solo a costruire la prossima campagna elettorale». Come riportato da Cronache, negli ultimi trenta anni, dall’inizio degli ‘90, al 2021, la Basilicata ha perduto circa 80mila abitanti. Al 31 dicembre del 2021, la densità degli abitanti per chilometro quadrato è risultata soltanto di 53,01 unità, di poco superiore solo a quella della Valle d’Aosta. A tendenza non invertita, secondo le proiezioni, nel 2030 la regione conterebbe meno di 500mila abitanti e nel 2050 potrebbe contare meno di 400mila abitanti. «Nell’ultimo rapporto Istat sulle migrazioni – ha proseguito Leggieri – si evidenzia che tra il 2012 e il 2021 circa 1 milione di italiani si sono trasferiti all’estero, quasi 250mila i laureati. Un quarto dei nostri connazionali ha in tasca una laurea. La fuga dall’Italia non si è neppure arrestata durante il biennio nero della pandemia. La fascia d’età presa in considerazione è stata quella tra i 25 e i 34 anni. Ancora una volta il nostro Sud registra la situazione più preoccupante. Gli studenti universitari e i laureati che abbandonano la Basilicata e le altre regioni meridionali lo fanno per poi, nella maggior parte dei casi, non fare più ritorno nei territori di origine. Se nel Nord Italia, e al Centro, vi è una sorta di ripopolamento con gli arrivi dal Mezzogiorno, qui nel Sud assistiamo ad una perdita secca dei nostri talenti e delle nostre energie». «Un deprimente fenomeno – ha rimarcato il consigliere regionale pentastellato – che comporta pure a movimentare l’economia delle regioni ospitanti con un impoverimento delle nostre città e dei nostri borghi. Un impoverimento delle famiglie lucane in termini economici e umani. Nell’indagine Istat si sottolinea che nell’ultimo decennio sono partiti dal Sud Italia per l’estero circa 28mila laureati, 39mi- la dalle regioni settentrionali. Dati preoccupanti che dovrebbero far scattare l’allarme rosse e farci correre ai ripari, considerato che la “desertificazione universitaria” rischia di aggravare ulteriormente le condizioni della Basilicata e del Mezzogiorno. Desertificazione che in questo caso è sinonimo di mortificazione, che raffredda inesorabilmente l’entusiasmo di qualche settimana fa con la presenza a Potenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’UniBas e dei quarant’anni di vita dell’ateneo lucano. Ai dati dell’Istat si aggiungono quelli della Svimez, che prevede per il 2041 una perdita del 27% degli iscritti alle Università del Mezzogiorno. Tra l’altro, riporta Svimez, nel 2021 il divario tra Centro-Nord e Sud ha registrato “una differenza di 80mila immatricolati: negli ultimi vent’anni circa 1,2 milioni di giovani ha lasciato il Mezzogiorno, 1 su 4 è un laureato; nel solo 2020 sono stati 67mila e la quota di laureati è salita al 40%». Da ricordare anche che c’è in regione una carenza dei servizi per l’infanzia, specie in riferimento agli asili-nido e alle scuole per l’infanzia. Servizi pubblici forniti ai bambini della fascia d’età da 0 a 6 anni: solo per il 14% dei bambini aventi diritto è disponibile in Basilicata un posto in asilo nido ed è soltanto l’8% di loro che di fatto frequenta l’asilo-nido, tra l’altro, «pagando rette mensili che sono tra le più alte d’Italia». Nella Scuola dell’infanzia, da 4 a 6 anni, la frequenza si attesta sul 50% degli aventi diritto, notevolmente inferiore alla media nazionale. «Insomma – ha evidenziato Leggieri -, il quadro descritto non è affatto confortante; anzi, dovrebbe far tremare i polsi e spero che faccia riflettere i tanti “statisti” della politica regionale avvicendatisi in via Verrastro e scesi nelle piazze lucane negli ultimi venticinque anni. Servono interventi mirati tali da rendere le nostre Università interessanti ed attrattive con un indispensabile supporto delle massime istituzioni locali, a partire dalla Regioni». «Da noi – ha concluso il consigliere regionale del Movimento 5 stelle, Gianni Leggieri – si fatica a vedere nel sedicente “governo regionale del cambiamento” ogni forma di intervento per far uscire la Basilicata dalle secche di una condizione di sottosviluppo. Secche che, come avverte l’Istat, si tramuteranno in una drammatica “desertificazione” sociale, economica, e anche universitaria». Secondo i burocrati della Regione, in un futuro relativamente prossimo, stando così le cose, la “soluzione” al caso lucano consisterebbe nelle “macro regioni” con la Basilicata che «potrebbe non esistere che come residuato storico-antropologico»