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ANTIMAFIA, ALTRA STANGATA A RIVIEZZI

La Guardia di Finanza scava nel patrimonio del capo clan dei pignolesi: sequestro da 200 mila euro

Su richiesta della Direzione distrettuale Antimafia del capoluogo, il Tribunale Di- strettuale di Potenza, Sezione misure di prevenzione, allo stato del procedimento e fatte salve le future valutazioni nel merito – ha prima emesso in via d’urgenza e poi convalidato il sequestro finalizzato alla confisca di un’impresa boschiva di Pignola e di un buono fruttifero, beni che l’Autorità Giudiziaria ha considerato essere nella effettiva disponibilità di Saverio Riviezzi, classe ‘64, di Pignola, ritenuto il capo dell’omonimo sodalizio che, sulla base degli indizi raccolti, seppure operante nella provincia di Potenza sarebbe legato alla criminalità calabrese e campana. Il sequestro, oggetto della convalida, è stato disposto dal Tribunale nell’ambito di un procedimento di prevenzione all’esito di un’approfondita attività investigativa che l’Antimafia di Potenza aveva delegato al Gico della Guardia di Finanza. Grazie all’indagine, su base indiziaria, erano stati ricostruiti i valori patrimoniali e finanziari nella effettiva disponibilità di Saverio Riviezzi e documentata la sua «pericolosità sociale qualificata», ai sensi del Codice Antimafia, in relazione ad arco di tempo di oltre 20 anni. Tale pericolosità era stata da ultimo confermata da una sentenza di condanna in primo grado, pertanto ancora non definitiva, alla pena di 30 anni di reclusione. Il Tribunale collegiale di Potenza l’ha emessa, sulla base dei plurimi elementi acquisiti, attestanti l’elevatissimo spessore criminale di Saverio Riviezzi quale vertice di una consorteria criminosa attiva nel settore del narcotraffico internazionale. La sentenza citata, risalente allo scorso gennaio, è il primo esito giudiziario dell’inchiesta della Guardia di finanza soprannominata “Impero”, nata nel 2016 dai sospetti sulla gestione del circolo “Il dopo lavoro” di Pignola. Indagando su quel circolo gli agenti delle Fiamme gialle scoprirono dell’intestazione a un prestanome e che rappresentava il «punto di riferimento» di chi voleva contattare Riviezzi e i suoi complici. Poi emersero i traffici di stupefacenti e «l’avvio di iniziative imprenditoriali di un certo spessore del “gruppo Riviezzi”». Le indagini di tipo economico-patrimoniale delegate alla Guardia di Finanza, sono state svolte non solo nei confronti del medesimo Riviezzi, ma come per legge, anche nei confronti di tutti i componenti del suo nucleo familiare. Al fine di documentare l’origine del patrimonio accumulato è stata analizzata documentazione a partire dal 1997. I preliminari elementi informativi acquisiti sono stati, poi, oggetto di ulteriori riscontri, all’esito dei quali è stata rilevata una significativa «sproporzione tra i modesti redditi ufficiali dichiarati ed il valore delle consistenze economiche e patrimoniali nella effettiva disponibilità di Saverio Riviezzi». Il valore complessivo dell’impresa boschiva, situata a Pignola, costituita da mezzi da lavoro, macchine forestali e “soprassuoli boscati”, e del buono fruttifero, dei quali è stato convalidato il sequestro ammonta a circa 200mila euro. Nel corso delle successive fasi del procedimento di prevenzione, come previsto dalla vigente normativa, il “prevenuto” Saverio Riviezzi potrà documentare l’origine lecita del patrimonio e la sua congruità rispetto ai redditi dichiarati, anche dai propri familiari. La Direzione distrettuale antimafia di Potenza ha sottolineato che l’Ufficio in pieno accordo con la Guardia di Finanza ritiene che «l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali previste dalla normativa antimafia costituisca il più efficace strumento nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata, poiché, sul piano patrimoniale, incide, frustrandola, sulla finalità ultima dell’attività criminale: accumulare illecitamente ricchezza». «E ciò – ha aggiunto la Dda – senza contare che sequestro e confisca di patrimoni illecitamente accumulati impediscono che i proventi delle attività delittuose “inquinino” l’economia legale a danno della collettività e soprattutto in danno degli operatori economici onesti che non possono ricorrere a forme di finanziamento extra-legale».

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