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“ĒLÌ, ĒLÌ, LEMÀ SABACHTHÀNI”

«La costruzione della nuova Chiesa del quartiere Bucaletto a Potenza dovrà essere una occasione di inizio di un “quatiere vero e vivibile” con nuove case dignitosamente abitabili»

Architetto Domenico DRAGONETTI:
Dobbiamo portare le grandi mostre nei quartieri degradati delle nostre città perché l’arte contemporanea diventi un potenziale di crescita per i giovani.


La cultura può diventare un grande volano socio-economico, un grande elemento per l’aumento del Pil.
La bellezza deve diventare un motivo di orgoglio regionale e cittadino, dobbiamo essere orgogliosi di quello che siamo, esserne consapevoli.


La costruzione della nuova Chiesa del quartiere Bucaletto a Potenza dovrà essere una occasione di inizio di un “quatiere vero e vivibile” con nuove case dignitosamente abitabili.

La mostra dei 19 artisti lucani nei locali del Ministero Pastorale del Complesso Parrocchiale dovrà essere invece un inizio e soprattutto uno stimolo per altri importanti eventi culturali di importanza regionale.


Vi aspettiamo tutti venerdì 31 marzo alle ore 17,00 alla nuova CHIESA di BUCALETTO a POTENZA.

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BUONA VISIONE E BUON ASCOLTO DIRETTA FACEBOOK  

VIDEO DIRETTA 01 

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GALLERIA FOTOGRAFICA 

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ARTISTI CHE ESPONGONO  

Giovanni Cafarelli “Sino alla fine del mondo” acrilico su tela – 180×120 cm – 2000

Karmil Cardone “Santa Lucia” Resina su stampa 3d – 50×50 cm 2022

Dario Carmentano “Capo le grotte 2” acrilico e collage su tela – 120 x 85 cm 2020

Salvatore Comminiello “Kyrie eleison” tecnica mista con inserti in vinile a rilievo – 115×42 cm 2014

Antonio Daraio “Utimi sette pensieri” Legno di faggio – 160 x 35 x 11 cm

Giovanni Dell’Acqua “Lievito madre“ Tecnica acrilico su tela – 100×100 cm 2022

Franco Di Pede “Il Cristo del Vangelo” – tufo e lamina dorata.

Maria Ditaranto “Tetelestai – Tutto è compiuto” tela juta, olio, oro 24kt – 220×112 cm 2023

Rocco Aristide Guarino “Lische” olio su carta – 50×38 cm

Donato Linzalata “Natività” legno olivo e pioppo con incavi e intervento cromatico – 30x15x88 cm

Nicola Lisanti “Momento di Passione” acrilico su tela – 80×60 cm

Roberto Losito “Passio Christi” Acrilico su tela – 80×60 cm

Felice Lovisco “Resurrezione” gesso, 35×22 cm 2020

Antonio Masini Mons. Bertazzoni e le bombe del ‘43 tecnica mista su cartoncino – 42×50 cm

Arcangelo Moles “Proiettili” Foto digitale su plexiglass – 50×70 cm 2012



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Pino Oliva “Le notti aurore” acrilico su tela – 120×80 cm 2023

Pasquale Palese “Il Giudizio” acrilico su tela – 100×70 cm

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Vitantonio Telesca “Mio Dio perché mi hai abbandonato” fotografia 60×80 cm

Nino Tricarico “Epiclesi Eucaristica”Particolare, installazione – ceramica, olio su tela 2022

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“Dove sei Dio mio?” … e anche “Dove sei fratello mio?

“Dio mio, Dio mio … Perché mi hai abbandonato?”. Le ultime parole pronunciate da Cristo sulla croce sono il grido drammatico, oltre ogni certezza consolatoria, di un uomo che muore iniquamente. L’invocazione disperata del giusto perseguitato che tocca l’abbandono estremo. Esperienza tra le più dolorose conosciute dalle creature viventi. È la domanda presente sulla bocca e nel cuore di ogni essere umano colpito dalla guerra, dal lutto, dalle devastazioni, dalla malattia, dall’emarginazione. Nessuno può sfuggire a questo grido, anche se volesse.

O Dio, che male ti ho fatto? Perché il male tocca proprio me? Perché tanto dolore nel mondo? Perché tanta sofferenza per vivere? Domanda angosciosa che sentiamo anche nostra e che a mag- gior ragione continua a ispirare l’arte di ogni tempo. È possibile conciliare la realtà di un Dio buono e provvidente, con la tragedia di Auschwitz, con le guerre, con la morte dei migranti in mare, con le vittime dell’odio, della violenza, delle carestie, delle pandemie?

E perché gli incolpevoli, e soprattutto i bambini innocenti, devono ingiustamente patire come vit- time sacrificali? Interrogativi che accompagnano da sempre la storia dell’uomo e pongono a dura prova specialmente la riflessione e la sensibilità degli artisti. Ma in filigrana questa domanda contiene un altro angoscioso dilemma, che pure risuona nella storia, ma che abbiamo occultato per vergogna o per vigliaccheria. È l’antico, eterno quesito di Dio: “Caino, dov’è tuo fratello?” … In che modo cioè tu, uomo, nella tua libertà eserciti la cura verso il fratello, in che modo custodisci la sua vita? Come costruisci una convivenza giusta, armoniosa, pacificata? In che misura le tue azioni, decisioni e omissioni sono causa della morte, del dolore, dei guasti di questa umanità? Anche questo secondo appello che proviene da Dio resta senza risposta, perché troppo inquietante per le nostre coscienze.

Nell’apparente e insanabile contraddizione, tra volontà di Dio e libertà umana, il Padre donandoci il Figlio ha rotto il suo silenzio. Egli ci parla attraverso le sofferenze di Cristo che sono le sofferenze di un Dio diventato uomo. Dio si è assunto davvero, fino all’ultimo, questa nostra umanità e l’ha coinvol- ta nel suo essere divino. Si è addossata la condizione umana dell’abbandono e dello smarrimento e ha preso su di sé anche la nostra morte. Gli artisti che si cimentano con il dramma della Croce sento- no che dopo l’evento del Golgota ogni uomo, anche nella desolazione, può sentire vicino questo Dio crocifisso che urla verso il Padre e chiede ragione all’uomo. Ora non vi è nulla che possa escludere l’uomo dalla comunione con il Dio-uomo crocifisso.

Ora ogni uomo è ammesso, senza alcuna condizione e ovunque si trovi, in ogni tempo e in ogni luogo, alla comunione con Dio. È vero, Gesù ha gridato verso il Padre come uomo, come figlio di Ada- mo, ma anche come Figlio di Dio, e dunque in solidarietà con noi. Il suo grido, che sembra toccare la lacerazione e la contestazione del divino, interroga la giustizia di Dio, gli chiede conto del suo silenzio, ma si amplia fino a chiedere conto anche all’uomo della banalità e dell’assurdità del male che riesce a infliggere ad altri uomini. Non chiediamoci soltanto “Dio mio perché mi hai abbandonato?”, ma pure “Fratello e figlio mio perché mi hai abbandonato?” … Perché sei indifferente al mio dolore? Come hai potuto permettere tutto questo? Perché pratichi l’egoismo, tolleri l’odio, usi la violenza? L’urlo di Gesù sulla Croce resta umanamente senza risposta, ma diventa anche la preghiera di chi non si rassegna all’estremo abbandono nell’abisso del nulla e del non senso. La preghiera di chi è capace fino all’ultimo respiro di credere nella fraternità e nella paternità. Egli sa che se anche gli uomini appaiono indifferenti, questo Padre non potrà mai abbandonarlo completamente inerme, al suo destino. Questa resta l’unica, ma ineffabile consolazione che ci consegna il Cristo crocifisso.

Giancarlo Grano


La Prima pietra della nuova Chiesa di Villa d’Agri

“Una pietra dopo l’altra, alto arriverai!”… Così comincia un canto religioso dedicato a S. Francesco, il santo della semplicità, della letizia, ma anche della tenacia evangelica propria di chi non si tira indietro davanti alle difficoltà, perché vuole realizzare il sogno che porta nel suo cuore. E così, finalmente, alla vigilia dello scorso Natale, il sogno dei fedeli di Villa d’Agri ha cominciato a concretizzarsi con la posa della prima pietra della nuova chiesa intitolata proprio al poverello di Assisi. Il tempio sorgerà nella fertile pianura ai piedi del Sacro Monte di Viggiano, nel territorio di Marsicovetere, e la sua ubicazione lascia già immaginare un servizio che potrà dispiegarsi a favore non solo della parrocchia, ma di tutte le comunità che si affacciano sulla Valle. È stata una celebrazione di festa e di grande commozione, grazie ai semplici gesti e alle parole dell’Arcivescovo Agostino Superbo, ed ha visto la presenza di grande folla, stretta intorno alle autorità civili e a tutti i parroci della Valle.

Si è concretizzata così un’attesa che si protraeva da anni.

Entro pochi mesi, quindi, la parrocchia potrà disporre di un nuovo edificio di culto le cui funzioni e il cui linguaggio architettonico già appaiono dai disegni di progetto, pienamente in linea con le esigenze della modernità.

Il motivo della dedicazione a San Francesco d’Assisi, da tutti universalmente riconosciuto per il suo amore al creato e la dedizione alla causa della fraternità è stato spiegato dal parroco; questa scelta, è come un auspicio per tutta la Val d’Agri, perché il suo sviluppo sia veramente solidale e non sia mai scisso dall’attenzione ai valori dell’uomo e dell’ambiente. L’occasione è servita anche a ringraziare tutti coloro che si stanno adoperando per la buona riuscita di questa impresa, dagli amministratori locali al gruppo dei tecnici guidato dall’arch. Giancarlo Grano, dall’impresa esecutrice Arcasensa s.a.s. alle sue abili maestranze, fino ai cittadini tutti tra i quali è scattata una gara di solidarietà per completare quanto manca per il totale finanziamento dell’opera.

Grazie ai fondi dell’otto per mille assegnati alla Chiesa Cattolica, infatti, è già disponibile una dotazione del 75% del fabbisogno, mentre il resto sarà il frutto delle offerte dei fedeli e della comunità cui l’opera è destinata. L’augurio finale del Vescovo è stato che, accanto alla costruzione della chiesa materiale, si consolidi sempre più la costruzione spirituale della comunità, senza la quale nessun tempio, neanche quello più maestoso, avrebbe senso e significato.

Qualche informazione sul progetto

Il suolo di forma rettangolare su cui verrà edificata l’opera è stato acquistato dalla Curia Arcivescovile di Potenza ed ha una giacitura pressoché pianeggiante con orientamento est- ovest; tale circostanza ha favorito l’orientamento della nuova chiesa secondo la più genuina tradizione cristiana secondo la quale il tempio deve raccogliere la prima luce del mattino e gli ultimi bagliori del tramonto. Molto suggestiva è la matrice formale dell’aula liturgica, riconoscibile planimetricamente nella traccia del pesce, che anticamente era il segno di riconoscimento dei cristiani; le lettere greche della parola iktus (= pesce) sono infatti l’acrostico di “Gesù Cristo Salvatore e Figlio di Dio”. Altrettanto evidente sarà il disegno, sul pavimento esterno del sagrato, del “tau” francescano, in omaggio al santo di Assisi. Oltre ai chiari riferimenti alla storia dell’architettura sacra, la chiesa si caratterizza per il suo linguaggio architettonico che la ancora nettamente alla modernità; sono previsti, accanto all’aula liturgica di forma ovale e allo slanciato campanile formato da due snelli setti in cemento armato, ampi locali da destinare alle attività sociali, al catechismo e alle iniziative culturali e ricreative della comunità.

L’ampio sagrato di ingresso, la cappella feriale, il chiostro, gli uffici parrocchiali, le aule per il catechismo e il grande salone posto nella zona di accesso, conferiscono al complesso una grande funzionalità. L’accentuato dinamismo ascensionale, che dal sagrato cresce fino all’ardito campanile, rende riconoscibile la chiesa in un vasto intorno e proietta i fedeli verso una dimensione di ascesi e di spiritualità.

Affianco alle moderne strutture architettoniche, la nuova chiesa si caratterizza per l’innovativo sistema antisismico; sono infatti previsti a livello della copertura dell’aula liturgica, degli isolatori sismici che consentiranno di attenuare gli effetti di eventuali eventi tellurici e proteggere la chiesa dai suoi movimenti oscillatori.

Il costo totale dell’opera è di 2.700.000 euro.

La Parrocchia B.V. Addolorata di Villa d’Agri nasce, con decreto dell’Arcivescovo Mons. Augusto Bertazzoni, in data 1 Marzo 1958, staccandosi dalla Parrocchia SS. Apostoli Pietro e Paolo di Marsicovetere e fu nominato Parroco il Sacerdote Vito Antonio Russo.

Abbraccia le zone rurali del suddetto Comune e comprende Villa d’Agri, detta in precedenza Pedali, e Barricelle ed era abitata da poco più di mille anime.

La chiesa e la canonica vengono portate a termine, così come sono al presente, negli anni tra il 1956 e il 1958, grazie alle opere del Consorzio di Bonifica dell’Alta Val d’Agri perché, lo sforzo di costruirsi una chiesa, partito dagli abitanti della frazione nell’anno 1949, si interruppe per mancanza di fondi.

La piccola frazione a motivo della sua area in maggioranza piana, la costruzione di una strada a scorrimento veloce, l’insediamento di uffici zonali, quali il predetto Consorzio di Bonifica, la Comunità Montana, l’Ospedale di zona, l’Unità Sanitaria, la nascita una scuola superiore a carattere agrario, il sorgere di varie attività artigianali e commerciali e di servizi del terziario avanzato, l’insediamento di agenzie bancarie, l’emigrazione interna e, per ultimo, la scoperta, nella zona, di un giacimento di petrolio, fanno sì che la popolazione passi in questi anni a circa cinquemila anime. Nell’anno del terremoto, che ha colpito l’Irpinia e la Basilcata, nel 1980, viene nominato Parroco il Sacerdote Lapadula Giuseppe. La crescita della popolazione fa emergere il bisogno di un nuovo centro parrocchiale, onde rispondere alle nuove esigenze pastorali di una parrocchia, nata come centro rurale, ma divenuta ormai un centro con caratteristiche completamente diverse, ma data eterogeneità delle provenienze, fa fatica a sentirsi vera comunità.

A questa esigenza la Diocesi risponde, con l’Arcivescovo Mons. Ennio Appignanesi, con l’acquisto di un terreno individuato come idoneo alla nascita di un centro comprendente l’edificio chiesa, la canonica, che può diventare anche sede di una comunità sacerdotale, i locali della pasto- rale e un luogo per un oratorio per rispondere alle esigenze di una numerosa popolazione giovanile priva al momento di spazi aggreganti.

Viene studiato un progetto organico dall’architetto Giancarlo Grano, che viene accettato e presentato per l’approvazione e finanziamento alla Conferenza Episcopale Italiana dall’attuale Arcivescovo Mons. Agostino Superbo. Superato il normale iter viene approvato il finanziamento, con fondi presi dall’otto per mille, in data 11 aprile 2005, da S.E. Cardinale Camillo Ruini, Presidente dalla C.E.I. In fine verso la fine del 2005, viene individuata la ditta vincitrice di appalto, ossia l’Impresa Arcasensa Agostino s.a.s., che poi da inizio ai lavori.

Questo è certamente motivo di gioia ma è anche l’inizio di un’opera di raccolta per cercare, dovunque e in molti modi, anche con la realizzazione di un calendario, quello che manca a coprire l’intero costo.

Le offerte possono essere inviate:

Personalmente al Parroco; Don Peppino Lapadula Via Provinciale, 261 – 85050 VILLA D’AGRI (PZ) o

Conto Corrente Postale : N° 66899220 – intestato a : PARROCCHIA B. V. ADDOLORATA

Via Provinciale 261 – 85050 – VILLA D’AGRI (PZ) ; o Conto Corrente Bancario : N° 292 02400483 – Banca Popolare di Bari ABI 5424-7 CAB 42080.2 CIN R FILIALE DI VILLA D’AGRI

L’INTERVENTO COMPLETO DI GIANCARLO GRANO 

“ĒLÌ, ĒLÌ, LEMÀ SABACHTHÀNI”


Riflessioni a margine della mostra di arte sacra allestita a Potenza Chiesa di Santa Maria della Speranza – Venerdì 31 marzo 2023

Premessa
Ringrazio il parroco don Luigi Sarli per la bella opportunità offerta alla nostra città attraverso la mostra di stasera; grazie a Rino Cardone che a breve ci introdurrà da par suo alla comprensione del progetto che ha ideato e curato con l’instancabile Domenico Dragonetti; grazie agli artisti che hanno accolto l’invito dei curatori con intelligenza e generosità; grazie a don Vitantonio Telesca che pur non potendo essere stasera tra noi rimane un infaticabile promotore di arte religiosa; grazie all’impresa Arcasenza che dopo aver edificato questa bella chiesa ha voluto sostenere un’iniziativa che si propone di diffondere ulteriore qualità e bellezza; e non da ultimo grazie alla conduttrice, Ione Garramone, per il garbo della presentazione e la cura che dedica a questo territorio che ha adottato come proprio.
della vita che rinasce dopo la morte invernale, associata alla figura di Cristo, primizia della Creazione nuova.
Mi pare significativo che la riflessione sull’arte religiosa prenda le mosse in un venerdì di quaresima dedicato alla via Crucis. Del resto cos’è una mostra d’arte sulla Passione, se non una via Crucis laica, che merita altrettanta commozione e riflessione? Sono poi contento che l’iniziativa sia nata in questo quartiere, luogo di un’emergenza infinita e per anni a rischio di isolamento e di ghettizzazione; un
quartiere in cerca il riscatto, partendo proprio da questa nuova chiesa, che nelle fondamenta porta inscritta la traccia della mandorla mistica, segno della novità, nell’iconografia cristiana

Dopo anni di difficoltà, è importante cogliere aspetti di rinascita come questi, per non restare nella depressione e nella sfiducia. Se la Chiesa propone l’attesa operosa della quaresima come rimedio al degrado spirituale, anche chi non ha uno sguardo di fede, non può sottrarsi alla quaresima della storia che stiamo vivendo; la quaresima dell’umanità lacerata che geme nell’attesa del superamento di situazioni angoscianti … una guerra nel cuore dell’Europa, decine di conflitti in ogni parte del mondo, violenze inaudite, pandemie, migrazioni epocali con il loro carico di dolore e di morte … Quaresima che chiede a tutti di preparare un nuovo tempo di pace e di ricomposizione dell’umano.
È tempo che l’arte religiosa torni nelle chiese
Un primo elemento che l’iniziativa di stasera mi suggerisce è quello del sia pur timido avvio, anzi della ripresa (dopo la parentesi della pandemia) della riflessione sul rapporto tra fede e arte moderna; un rapporto che nei secoli è stato strettissimo, ma che poi si è fatto conflittuale, ed infine si è esaurito con l’esito di una triste, reciproca indifferenza … Beninteso, non mi riferisco ai significati spirituali, spesso nascosti o impliciti, che sono sottesi in ogni vera opera d’arte. Infatti tutta la produzione artistica custodisce in sé qualcosa di sacrale, capace di richiamare dimensioni che trascendono la materia. Voglio far riferimento invece alle rappresentazioni d’arte di contenuto propriamente religioso …
Chi volesse cercare nelle chiese di oggi immagini contemporanee d’ispirazione cristiana noterebbe una assenza pressoché totale.
Si tratta della stessa carenza che notiamo sfogliando libri d’arte e riviste specializzate, o visitando musei di arte moderna … Quando poi ci si imbatte in opere che utilizzano
motivi o archetipi tratti dalla storia della Chiesa, ci si rende subito conto che lo scopo è solo quello di provocare, scandalizzare o ironizzare sul fenomeno religioso. Non mancano ovviamente modelli molto
positivi, come la chiesa di Saint Michel a Vence decorata da Marc Chagall, la cappella delle meraviglie di Jean Cocteau a Villefranche sur Mer, la struttura interconfessionale di Mark Rothko a Houston, le stesse opere di Rupnik …

Ma si tratta innegabilmente di esempi sporadici, che non ribaltano la generale impressione di una pressoché totale incomunicabilità tra l’ambito ecclesiale e quello artistico.
Paolo VI già nel 1976 parlando a un gruppo di artisti americani interpretava la mancanza di contenuti religiosi in tante opere d’arte moderna ”come la sofferta testimonianza di una tragica assenza, come il bisogno insopprimibile di qualcosa, o meglio di Qualcuno, che dia senso all’effimero, ed altrimenti assurdo, agitarsi dell’uomo nel tempo e nello spazio di questo mondo finito” … Una lettura nobile e raffinata del fenomeno, ma che non smentisce purtroppo una separazione che è sembrata poi approdare ad un divorzio senz’appello.
Tutto ciò naturalmente non è l’esito di una cospirazione, o di un complotto, quasi per tenere la religione lontana dal mondo dell’arte. In realtà siamo di fronte a un disinteresse generale per la proposta religiosa. Qualcosa che ha a che fare con la stessa società moderna, con la mentalità e il sentire secolarizzato delle donne e degli uomini di oggi …

Ma, sia come sia, l’arte occidentale che un tempo era la figlia prediletta della Chiesa, oggi le è diventata estranea e si è affrancata da ogni significativa relazione con questa istituzione … Mi torna alla mente in proposito la parabola dell’allontanamento del figliol prodigo dal padre. Una separazione che, come disse Benedetto XVI, fa male sia all’arte sia alla Chiesa: “L’arte che perdesse la radice della trascendenza, non andrebbe più verso Dio, sarebbe un’arte dimezzata, perderebbe la radice viva.
Ed una fede che avesse l’arte solo
nel passato, non sarebbe più fede nel presente, ed è oggi che si deve esprimere di nuovo come verità che è sempre presente”.
Tornando alla parabola posso solo auspicare un riavvicinamento tra i mondi dell’arte e della Chiesa, un esito di cui anche l’iniziativa di stasera, è un piccolo segno. Ma a tale scopo non basterà solo il ripensamento del figliuol prodigo; quel che occorre è anche una diversa disposizione di una “Chiesa in uscita” che torni a cercare gli artisti e a parlare con essi di religione in modo nuovo, e sappia educare
allo stesso tempo la comunità cristiana a un gusto estetico più alto, superando la domanda e l’uso di opere solo seriali e devozionali.
Il tema coraggioso della mostra
Il tema che in questa occasione è stato prescelto per avviare il dialogo tra arte e Chiesa è dei più arditi;
il grido di Gesù dalla croce “Mio Dio perché mi ha abbandonato?”. Una domanda di senso che attraversa i secoli e pone ognuno sul difficile crinale tra la fede e l’incredulità, tra la speranza e la disperazione. Un grido che può suonare come una preghiera (salmo 22), ma anche come una dolorosa imprecazione, quasi un “pregare contro”… Gli stessi cristiani dei primi secoli ritevano la croce come un tema poco conveniente, infatti le prime rappresentazione del Cristo crocifisso risalgono solo al IV secolo. Ma anche oggi la sofferenza è vissuta come un fenomeno disturbante e sempre più entra nel baratro delle cose da dimenticare. Eppure il grido dell’uomo che si ribella all’ingiusto dolore è da sempre presente sulla bocca e nel cuore di ogni essere colpito dalla guerra, dal lutto, dalle devastazioni, dall’emarginazione, dalla malattia. Nessuno può sfuggire a questo grido, pur se volesse.

O Dio, che male ti ho fatto? Perché il male tocca proprio me? Perché tanto dolore nel mondo? Perché tanta afflizione per vivere? …


Sono domande angosciose, interrogativi che accompagnano da sempre la storia dell’uomo, continuano a ispirare l’arte di ogni tempo e pongono a dura prova la riflessione e la sensibilità degli artisti. Come conciliare la realtà di un Dio buono e provvidente, con la tragedia di Auschwitz, con una guerra nel cuore della civile Europa, con la morte dei migranti in mare, con tante vittime dell’odio, della violenza, delle carestie, delle pandemie? E perché gli innocenti, e soprattutto i bambini, devono ingiustamente patire come vittime sacrificali?
Le tenebre avvolgono l’urlo di Cristo “Perché mi hai abbandonato?” e a noi è unicamente concesso di scrutare la sua Persona desolata, come se nelle sue tenebre interiori ci fosse una luce capace di rischiarare il tutto. La sua domanda suona come un drammatico ossìmoro: può un Padre ripudiare un figlio? … Ma almeno ci viene svelato che esiste Uno cui rivolgersi; ci dice che non siamo sol e che c’è un Altro da pregare o da imprecare, un Padre che c’è, anche se non risponde …
E come potrebbe rispondere, se ciò che ha causato quella croce ed è causa in ogni tempo di tutte le croci della storia, è il nostro stesso peccato, il peccato del mondo, l’assurdo, al quale per definizione non può esserci risposta se non quella della condivisione? Come possiamo pretendere una risposta da Dio se prima non diamo risposta, a nostra volta, alla prima domanda della storia, all’antica, eterna faccenda troppo inquietante per le nostre coscienze, che sempre eludiamo o occultiamo a nostra vergogna:

“Caino, dov’è tuo fratello?” …

In che modo tu, uomo, eserciti la cura verso il fratello, come custodisci la sua vita? Come costruisci una convivenza giusta, armoniosa, pacificata? In che misura le
tue azioni, decisioni e omissioni sono causa della morte, del dolore, dei guasti di questa umanità? Quel silenzio ci dice che i pugni levati in rivolta verso il cielo sarebbero puntati in direzione sbagliata;
esso non distrugge la fede del figlio nel Padre. Non il Padre è causa del dolore del Figlio, ma solo l’uomo, nella sua drammatica e intangibile libertà, può abbandonare il fratello. Così il silenzio senza risposta diventa possibilità di introspezione e di conversione; il problema insolubile del male non è risolto, ma è assunto nella condizione di Dio. L’uomo che soffre e grida nella sua agonia è anche Dio …
e da allora e per sempre ogni uomo che urla e geme è già in Dio …

Epilogo
Per continuare la riflessione che stasera abbiamo ripreso abbiamo bisogno di chiese come queste, di iniziative come queste, di sacerdoti ispirati, di artisti disposti a una profonda riflessione sul loro ruolo.
Si tratterà di rimettere in atto sinergie che siano rispettose nei confronti del loro processo creativo in un dialogo paziente e costante con le esigenze delle comunità cristiane.
Circa il tema della mostra, non mi aspetto dagli amici artisti una soluzione teorica su come conciliare la sofferenza del mondo con la bontà di Dio, ma un appello vorrei fare mio, a partire da una bella riflessione di Sant’Agostino:

“Vale più una lacrima sparsa meditando sulla Passione di Cristo che un pellegrinaggio a Gerusalemme, o un intero anno di digiuno a pane e acqua”

Cari amici artisti, abbiamo bisogno di immagini che possano suscitare almeno una lacrima di pietà davanti al mistero del dolore del Cristo, un moto di compassione, di immedesimazione con la sua Passione; immagini che eccitino gli animi a coraggiose scelte d’amore; immagini che ci ispirino il senso dell’essere davvero umani e quindi anche divini …

Grazie a tutti per l’attenzione.
Giancarlo Grano

                             

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