RELAZIONE ANNUALE AL PARLAMENTO SULLA CELIACHIA
“La celiachia è una malattia cronica a rischio di complicanze che coinvolge circa 241.729 pazienti. Per supportare la dieta senza glutine di chi quotidianamente vive questa condizione, il Servizio Sanitario Nazionale contribuisce all’acquisto dei prodotti senza glutine, garantisce la possibilità di usufruire di pasti senza glutine nelle mense e finanzia la formazione degli operatori del settore alimentare”
CELIACHIA
📊Inviata al Parlamento la Relazione sulla #Celiachia, una malattia cronica a rischio di complicanze che coinvolge oltre 241mila italiani.
Il #SSN supporta la dieta #senzaglutine e la formazione degli operatori.
🔎 Leggi la relazione ⤵️
https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_3308_allegato.pdf
Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia
Anno 2021
Roma, dicembre 2022
Direzione Generale per l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione
RELAZIONE ANNUALE AL PARLAMENTO SULLA CELIACHIA
Anno 2021
La presente Relazione è stata realizzata dalla Direzione Generale per l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione
Direttore Generale: Dr. Ugo Della Marta
Autori
Dr.ssa Simona De Stefano
Dirigente Chimico – Ufficio 5 nutrizione e informazione ai consumatori – Ministero della Salute
Dr. Marco Silano
Direttore Reparto Alimentazione, nutrizione e salute – Istituto Superiore di Sanità
Dr. Michele De Martino
Funzionario informatico – Ufficio 8 sistema di allerta, emergenze alimentari e pianificazione dei controlli – Ministero della Salute
Progetto grafico e impaginazione a cura di:
Dr. Andrea Sorrento
Funzionario giuridico – amministrativo – Ufficio 5 nutrizione e informazione ai consumatori – Ministero della Salute
Autorizzazioni:
E’ consentita la riproduzione dei dati riportati nel presente documento solo se utilizzati tal quali e citando la fonte (Ministero della Salute). Se il loro utilizzo dovesse prevedere una rielaborazione delle informazioni riportate, anche solo parziale, sarà necessario chiedere l’autorizzazione alla Direzione Generale per l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la nutrizione (dgsan@postacert.sanita.it).
Prefazione
La celiachia è una malattia cronica a rischio di complicanze che coinvolge circa 241.729 pazienti. Per supportare la dieta senza glutine di chi quotidianamente vive questa condizione, il Servizio Sanitario Nazionale contribuisce all’acquisto dei prodotti senza glutine, garantisce la possibilità di usufruire di pasti senza glutine nelle mense e finanzia la formazione degli operatori del settore alimentare. Ma la prevenzione è sempre più efficace della cura e l’Italia crede fortemente nei programmi e nei protocolli diagnostici e di follow-up come forma primaria di salvaguardia.
Il presente documento, anche quest’anno, vuole essere una sintesi sullo stato dell’arte e del lavoro prezioso che ogni anno si svolge nella nostra Nazione a tutela di ciò che più di prezioso abbiamo: la salute.
Prof. Orazio Schillaci
Indice
La celiachia ………………………………………………………………………………………………. 4 La diagnosi di celiachia
– Sistema maggiore di istocompatibilità di II tipo HLA ………………………………………… 6
– Sierologia ……………………………………………………………………………………… 7
– Biopsia e istologia …………………………………………………………………………….. 8
Gli algoritmi diagnostici
– Età pediatrica …………………………………………………………………………………… 9
– Età adulta ………………………………………………………………………………………. 9
La celiachia dall’età pediatrica a quella adulta ………………………………………………………. 10 Le complicanze della celiachia
– La celiachia refrattaria ……………………………………………………………………….. 12
– Il linfoma T-cellulare ………………………………………………………………………… 14
– L’atrofia della milza ………………………………………………………………………….. 14
La dermatite erpetiforme …………………………………………………………………………….. 16 Le manifestazioni extra-intestinali ………………………………………………………………………… 18 Case-finding e screening di massa …………………………………………………………………… 20 La dieta senza glutine …………………………………………………………………………………. 23 Gli alimenti senza glutine erogabili …………………………………………………………………… 24 La dematerializzazione e la circolarità dei buoni per l’acquisto dei prodotti senza glutine ………….. 27 I fondi della celiachia ……………………………………………………………………………………. 28 Analisi dei dati
– Dati epidemiologici ……………………………………………………………………………… 29
– Mense ……………………………………………………………………………………………. 33
– Formazione ………………………………………………………………………………………. 34
3
La celiachia
La celiachia è una patologia di tipo autoimmunitario scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. E’ una patologia primariamente localizzata nell’intestino tenue le cui cause necessarie sono:
– l’ingestione del glutine con la dieta
– la presenza dei geni predisponenti DQ2 e/o DQ8 legati al sistema di istocompatibilità
Human Leucocyte Antigens (HLA)1.
Ad oggi restano ancora sconosciuti gli eventi e il momento in cui essi si scatenano per avere la manifestazione clinica della malattia2.
La celiachia si presenta in maniera molto variabile tanto da meritarsi la definizione di camaleonte clinico. Si tratta di una condizione in cui si distinguono le seguenti 4 forme:
a) Classica (o tipica): si manifesta tipicamente durante i primi 3 anni di vita, dopo una latenza di alcuni mesi dalla introduzione di cereali contenenti glutine col divezzamento. Compaiono gradualmente inappetenza, cambiamento dell’umore, diarrea cronica, arresto/calo di peso e distensione addominale. Nei casi più eclatanti si evidenziano talora manifestazioni di tipo rachitico, edemi da ipoprotidemia, riduzione dell’attività protrombinica da carenza di vitamina K.
b) Non classica (o atipica): viene spesso osservata in bambini di età superiore ai 3 anni. È caratterizzata da sintomatologia intestinale aspecifica (es. dolori addominali ricorrenti, stomatite aftosa ricorrente, stitichezza) e/o manifestazioni extra-intestinali quali anemia sideropenica resistente alla terapia marziale per os, stanchezza cronica, bassa statura, ritardo (più raramente anticipo) puberale, ipertransaminasemia isolata o dermatite erpetiforme.
c) Silente: tale forma, nella quale è assente una chiara sintomatologia, viene occasionalmente individuata a seguito di screening sierologico in soggetti a rischio (es. familiari di primo grado di celiaci o pazienti affetti da altre patologie autoimmuni). Nella celiachia silente sono presenti le stesse alterazioni sierologiche ed istologiche dei casi tipici.
d) Potenziale: è caratterizzata da un pattern sierologico tipico, in presenza di un quadro istologico intestinale normale o solo lievemente alterato. I pazienti con celiachia potenziale possono o meno presentare sintomatologia clinica mentre il riscontro di tale condizione è frequente come risultato
1 Lebwohl B, Sanders DS, Green PHR. Coeliac disease. Lancet. 2018;39:70–8.
2 Silano M, Agostoni C, Sanz Y, Guandalini S. Infant feeding and risk of developing celiac disease: a systematic review. BMJ Open. 2016;6:e009163.
dello screening di popolazioni a rischio quali familiari di primo grado di celiaci, diabetici o pazienti con altre patologia autoimmunitarie.
Dal punto di vista diagnostico, di fronte a quadri di danno “minimo” della mucosa, rivestono un ruolo importante tecniche eseguibili sui campioni bioptici che indirizzino in maniera più specifica verso una patologia da glutine; tra queste la conta dei linfociti intraepiteliali con recettore di tipo gamma/delta. A livello dei villi intestinali è inoltre possibile distinguere un pattern di distribuzione particolare dei linfociti intraepiteliali che nel celiaco sono maggiormente localizzati a livello dell’apice del villo rispetto ai soggetti normali. Più recentemente è stato dimostrato che gli anticorpi anti-TG2 si depositano nella mucosa intestinale del celiaco. La storia naturale della malattia nei pazienti con celiachia potenziale non è ancora del tutto chiara e non esistono evidenze scientifiche che permettano di identificare un unico parametro in grado di predire al momento della diagnosi chi svilupperà nel tempo un franco danno della mucosa intestinale.
Per quanto riguarda le decisioni terapeutiche, l’atteggiamento prevalente è quello di porre a dieta priva di glutine i pazienti sintomatici per verificare la glutine-dipendenza dei sintomi; al contrario i pazienti asintomatici vengono lasciati a dieta libera, ma con uno stretto programma di follow-up per verificare l’andamento clinico-laboratoristico e la comparsa di eventuali segni e sintomi della malattia, come indicato dalle nuove linee-guida dell’ESPGHAN pubblicate nel 20203.
Nell’adulto le forme di celiachia sono essenzialmente le stesse anche se, pur in assenza di studi controllati, si ritiene che quelle caratterizzate da sintomi aspecifici, minori, extra-intestinali e l’associazione con altre malattie autoimmuni, abbiano una prevalenza maggiore. Proprie dell’età adulta sono le turbe della riproduzione (amenorrea, infertilità, abortività, menopausa precoce, diminuzione della libido in entrambi i sessi), la maggiore perdita di massa ossea che, a differenza dell’infanzia, spesso richiede la somministrazione di farmaci mineralo-attivi. Anche l’anemia, in particolare quella sideropenica, assume un rilievo maggiore per le concomitanti perdite mestruali.
3 European Society for Paediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition (ESPGHAN) New Guidelines for the Diagnosis of Paediatric Coeliac Disease 2020 2020_New_Guidelines_for_the_Diagnosis_of_Paediatric_Coeliac_Disease._ESPGHAN_Advice_Guide.pdf
La diagnosi di celiachia
Nella Tabella 1 sono riassunti i sintomi, i segni e le condizioni cliniche che più frequentemente sono associati alla celiachia e nelle quali è indicato lo screening sierologico per la celiachia (case-finding) 4.
TABELLA 1: Sintomi, segni e condizioni cliniche associati alla celiachia
Sintomi e Segni
Disturbi intestinali cronici (dolore addominale, stipsi, diarrea, meteorismo, alvo alterno)
Stomatite aftosa ricorrente Ipoplasia dello smalto dentario
Scarso accrescimento staturale Ipertransaminasemia
Sideropenia (con o senza anemia) Stanchezza cronica
Rachitismo, osteopenia, osteoporosi Dermatite erpetiforme
Artrite, artralgia
Alopecia
Anomalie dello sviluppo puberale Orticaria ricorrente
Disturbi della fertilità (abortività spontanea, menarca tardivo, menopausa precoce, infertilità)
Complicanze della gravidanza Iposplenismo
Epilessia con calcificazioni endocraniche ed altre patologie neurologiche (atassia, polineurite, etc)
Disturbi del comportamento alimentare (anoressia nervosa)
Sistema maggiore di istocompatibilità di II tipo HLA
Gruppi a rischio
Familiarità di I grado per celiachia
Deficit selettivo IgA sieriche
Patologie autoimmuni associate (soprattutto diabete tipo 1 e tiroidite)
sindrome di Down sindrome di Turner sindrome di Williams
I geni HLA di classe II, DQ2 e DQ8, rappresentano la predisposizione genetica della celiachia. Oltre il 95% dei pazienti celiaci è portatore dell’allele DQ2 che può essere presente in configurazione cis o in configurazione trans. La maggior parte dei pazienti restanti presenta, invece, l’allele DQ85.
La presenza del DQ2 e/o del DQ8 è condizione necessaria ma non sufficiente per lo sviluppo della malattia. Circa il 30-40% della popolazione mondiale presenta l’aplotipo DQ2 ma solo il 3% di questi sviluppa, prima o poi, la celiachia clinica6.
4 Linee Guida diagnosi e follow-up della celiachia. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 191 del 19 Agosto 2015.
5 van Heel DA, Hunt K, Greco L, Wijmenga C. Genetics in coeliac disease. Best Pract Res Clin Gastroenterol. 2005;19:323-39.
6 Lundin KE, Wijmenga C. Coeliac disease and autoimmune disease-genetic overlap and screening. Nat Rev Gastroenterol Hepatol. 2015;12:507-15.
L’importanza diagnostica del HLA-DQ risiede nel suo valore predittivo negativo, dato che la negatività per entrambi gli aplotipi ne rende decisamente improbabile la diagnosi.
Nella pratica diagnostica della celiachia, il ruolo principale della tipizzazione HLA è quello di escludere la malattia celiaca, in particolare negli individui appartenenti a gruppi a rischio di sviluppo della patologia. La negatività del HLA-DQ2/DQ8 in questi individui rende improbabile lo sviluppo della malattia e quindi inutile lo screening sierologico successivo. Sempre per il suo elevato valore predittivo negativo, la tipizzazione HLA andrebbe sfruttata anche nei pazienti con diagnosi di celiachia incerta, come in caso di negatività per la sierologia e alterazioni mucosali lievi, o utilizzata nell’approccio al paziente a dieta senza glutine con pregressa diagnosi dubbia.
Sierologia
La celiachia è caratterizzata dalla presenza di anticorpi specifici diretti contro la gliadina nativa (AGA), la gliadina deamidata (DGP), e la transglutaminasi, anti-endomisio (EMA) e anti- transglutaminasi di tipo 2 (anti-TG2)7. Ad eccezione degli anti-DGP, gli anticorpi utili per la diagnosi appartengono alla classe IgA, ma nei soggetti affetti da deficit di IgA è utile ricercare lo stesso tipo di anticorpi di classe IgG.
Gli anticorpi anti-TG2 di classe IgA rappresentano, per costo-beneficio, la classe di auto-anticorpi utilizzata per il primo step diagnostico nella celiachia insieme al dosaggio delle IgA totali8.
Gli anti-TG2 possono essere individuati con metodiche ELISA o RIA, mentre gli EMA vengono studiati con metodiche di immunofluorescenza, soggette alla variabilità interindividuale dell’operatore, ma dotate di specificità vicina al 100% in laboratori esperti. Non esiste un metodo standardizzato tale da esprimere gli anti-TG2 e gli anti-DGP in concentrazione assoluta di immunoglobuline, tuttavia la maggior parte dei kit in commercio utilizza curve di taratura basate su diluizioni che corrispondono a valori numerici proporzionali alla concentrazione di anticorpo.
La positività degli anti-TG2, eventualmente confermata dal dosaggio degli EMA, è associata ad un’alta probabilità di celiachia. Un riscontro isolato di anti-TG2 sopra il cut-off, in particolare se a bassi valori, può essere associato anche ad altre condizioni come malattie autoimmuni, malattie epatiche e psoriasi9.
Per l’età pediatrica il protocollo diagnostico permette di evitare la biopsia ove il soggetto con sintomi suggestivi di celiachia presenti un valore di anti-TG2 superiore 10 volte il cut-off e la positività degli EMA.
Gli auto-anticorpi tipici della celiachia vanno testati quando il soggetto è a dieta libera e questa prevede il glutine, inoltre, la prima volta vanno associati a una determinazione delle Ig totali per
7 Lebwohl B, Rubio-Tapia A. Epidemiology, Presentation, and Diagnosis of Celiac Disease. Gastroenterology. 2021;160:63-75
8 Gandini A, Gededzha MP, De Maayer T, Barrow P, Mayne E. Diagnosing coeliac disease: A literature review. Hum Immunol. 2021;82:930-936.
9 Maglio M, Ziberna F, Aitoro R, Discepolo V, Lania G, Bassi V, Miele E, Not T, Troncone R, Auricchio R. Intestinal Production of Anti-Tissue Transglutaminase 2 Antibodies in Patients with Diagnosis Other Than Celiac Disease. Nutrients. 2017;9:1050.
escludere un deficit di IgA che è una condizione morbosa che può causare falsi negativi e che risulta associata alla celiachia.
Biopsia e istologia
La biopsia della mucosa duodenale andrebbe eseguita mediante esofagogastroduodenoscopia che, rispetto ad altre metodiche endoscopiche, offre notevoli vantaggi:
– la possibilità di effettuare campionamenti multipli
– l’assenza di esposizione alle radiazioni
– la ridotta durata della procedura.
L’importanza del campionamento multiplo è dovuta a una possibile distribuzione non omogenea delle alterazioni mucosali (lesioni patchy) che con il campionamento singolo potrebbero non essere individuate. Quanto alle sedi del campionamento sarebbe opportuno prelevare almeno 4 frammenti dalla seconda/terza porzione del duodeno e almeno uno dal bulbo10.
Non c’è la necessità di una conferma diagnostica mediante una seconda biopsia che va considerata per quei pazienti che rimangono sintomatici nonostante la dieta senza glutine.
L’aspetto istologico dell’intestino di un soggetto celiaco presenta diversi gradi di compromissione che vanno dall’infiltrazione linfocitaria fino all’atrofia completa dei villi. La descrizione delle lesioni va effettuata in accordo alle classificazioni riconosciute a livello internazionale, considerando l’infiltrazione linfocitaria, l’atrofia dei villi, l’iperplasia delle cripte e il rapporto villi/cripte. Fondamentale resta il corretto orientamento della biopsia11.
10 Linee Guida diagnosi e follow-up della celiachia. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 191 del 19 Agosto 2015.
11 Biagi F, Vattiato C, Burrone M, Schiepatti A, Agazzi S, Maiorano G, Luinetti O, Alvisi C, Klersy C, Corazza GR. Is a detailed grading of villous atrophy necessary for the diagnosis of enteropathy? J Clin Pathol. 2016;69:1051-1054.
Gli algoritmi diagnostici
Età pediatrica
L’algoritmo diagnostico della celiachia in età pediatrica è basato su un approccio biopsy-sparing che elimina la positività alla predisposizione genetica e i sintomi/segni suggestivi tra le condizioni necessarie per la diagnosi senza biopsia ma devono essere rispettate contemporaneamente tutte le seguenti condizioni12:
1) livelli di anti-TG2 superiori a 10 volte il cut-off, confermato in due diversi prelievi; 2) positività al dosaggio serologico degli EMA
Età adulta
L’algoritmo diagnostico per l’adulto è più semplice di quello dei pazienti in età pediatrica in quanto nell’adulto, in caso di positività serologica, si passa direttamente alla biopsia mentre in casi particolari è prevedibile una seconda biopsia dopo dieta aglutinata.
In caso di sospetto clinico o di appartenenza ad un gruppo a rischio, va eseguito il dosaggio nel siero degli anticorpi anti-TG2 e delle IgA. In caso di positività, eventualmente confermata dal dosaggio serologico degli EMA, va effettuata la biopsia duodenale in ogni caso, indipendentemente dl valore degli anti-TG2.
La necessità della biopsia in caso di adulto sospetto di celiachia è dovuta a due motivi:
1. la diagnosi differenziale con le molte patologie che nell’adulto si possono presentare con i
sintomi di una celiachia
2. il rischio che nel celiaco diagnosticato tardivamente possano già essersi sviluppate le
complicanze intestinali della celiachia13.
12 Husby S, Koletzko S, Korponay-Szabó I, Kurppa K, Mearin ML, Ribes-Koninckx C, Shamir R, Troncone R, Auricchio R, Castillejo G, Christensen R, Dolinsek J, Gillett P, Hróbjartsson A, Koltai T, Maki M, Nielsen SM, Popp A, Størdal K, Werkstetter K, Wessels M. European Society Paediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition Guidelines for Diagnosing Coeliac Disease 2020. J Pediatr Gastroenterol Nutr. 2020;70:141-156.
13 Linee Guida diagnosi e follow-up della celiachia. Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 191 del 19 Agosto 2015.
La celiachia dall’età pediatrica a quella adulta
Il problema della celiachia nell’adolescente merita una particolare attenzione per i seguenti aspetti:
– quello clinico
– il rischio elevato di abbandono della dieta senza glutine e delle relative conseguenze
– la transizione dal pediatra alle cure del medico specialista dell’adulto.
Durante l’adolescenza, in condizioni fisiologiche, si completa il processo di mineralizzazione dell’osso con il raggiungimento del cosiddetto picco di massa ossea. Dopo questa età, la deposizione di calcio nell’osso è irrilevante e prevale il processo di riassorbimento. Nell’adolescente celiaco non diagnosticato o che non esegue correttamente la dieta senza glutine, il picco di massa ossea che viene raggiunto rimane più o meno significativamente ridotto con la conseguenza di un maggior rischio di osteoporosi in età adulta. L’aderenza alla dieta glutinata durante l’adolescenza ha pertanto un’importanza specifica perché, qualora instaurata dopo il raggiungimento del picco di massa ossea (16-18 anni nelle femmine e 20-22 anni nel maschio), non basterà più da sola a correggere il difetto di mineralizzazione dell’osso.
Più della metà degli adolescenti abbandona la dieta senza glutine. Questo fenomeno ha diverse spiegazioni non solo attinenti alla fase evolutiva stessa, caratterizzata tra l’altro da rifiuto delle regole e spesso anche della sorveglianza medica, ma anche alle modalità con cui era stata fatta la diagnosi (per screening piuttosto che per sintomi o nelle primissime età della vita).
Molti adolescenti celiaci che liberalizzano la dieta per prova (o anche come gesto di sfida), qualora le conseguenze di questa scelta non siano state discusse e approfondite ripetutamente e direttamente con loro (con largo spazio all’ascolto oltre che alla prescrizione), mal intendono il fatto di non presentare alcun sintomo acuto dopo l’ingestione di cibi contenenti glutine e finiscono col convincersi di aver fatto la scelta giusta. È questo un momento critico, con elevato rischio che l’adolescente esca dal controllo e dalle cure dello specialista pediatra senza essere correttamente traghettato al controllo e alle cure del medico specialista dell’adulto e senza avere reale consapevolezza delle possibili implicazioni negative dell’abbandono della dieta aglutinata.
È stato calcolato che solo una minoranza (meno del 20%) degli adolescenti celiaci rimane affidato a cure mediche specialistiche dopo l’adolescenza. Questo evento rappresenta uno dei fattori di maggior peso nel favorire una cattiva aderenza alla dieta aglutinata e impone la ricerca di una soluzione specifica.
Sarebbe opportuno che l’inizio dello sviluppo pubere rappresentasse un’occasione per riformulare la diagnosi direttamente al giovane adulto, discutendone a tu per tu le implicazioni senza la mediazione dei genitori, dandogli così occasione di ricevere risposte personalizzate a dubbi e timori e di maturare consapevolezza del suo problema. Il processo di consapevolizzazione e di responsabilità è un fattore di importanza determinante per la buona compliance alle terapie nella celiachia come in tutte le malattie croniche in generale e potrebbe essere favorito da un intervento condiviso e concordato (transizione) tra pediatra e medico dell’adulto.
Per quanto nella letteratura medica internazionale non vi siano al momento linee guida ufficiali sulla transizione dell’adolescente celiaco alle cure del medico dell’adulto, in alcuni centri sono già in uso dei protocolli perché questa avvenga in maniera strutturata, specie per quel gruppo di pazienti che vengono considerati a più alto rischio di abbandonare la dieta aglutinata (ad esempio quelli che hanno ricevuto diagnosi nella prima infanzia o che sono stati diagnosticati per screening in assenza di sintomi conclamati). La transizione ideale dovrebbe prevedere la creazione di un ambulatorio dedicato in cui il gastroenterologo pediatra e quello dell’adulto possano interagire alla presenza dell’interessato in un paio di incontri formulando e condividendo il suo programma di controlli. Sarebbe molto utile in queste occasioni la lettura e la discussione di una relazione strutturata scritta dal pediatra che riassuma i punti salienti della storia clinica, lo stato attuale del paziente, la qualità della sua aderenza alla dieta aglutinata e in cui vengano sottolineati i rischi e le conseguenze associati all’abbandono della dieta stessa specifici dell’età adolescenziale e dell’adulto.
Le complicanze della celiachia
Le complicanze della celiachia sono situazioni rare che riguardano circa il 5% dei pazienti celiaci che peggiorano, in misura spesso irreversibile, il decorso clinico della celiachia. Nella quasi totalità dei casi si tratta di soggetti diagnosticati in età adulta. I fattori predisponenti allo sviluppo di complicanze sono rappresentati da una diagnosi tardiva e/o da una insufficiente compliance alla dieta aglutinata.
Le principali complicanze della celiachia sono:
– la celiachia refrattaria
– il linfoma T-cellulare
– l’atrofia della milza.
La celiachia refrattaria è caratterizzata da una mancata risposta istologica, e quindi clinica, dopo 12 mesi di esclusione del glutine dalla dieta.
In accordo con tale definizione, la persistenza o la ricomparsa, dopo dieta, dei soli sintomi non è indicativa di celiachia refrattaria. Il marker della forma refrattaria è costituito dalle lesioni intestinali ma in loro presenza la refrattarietà può essere solo apparente e simulata da una scadente aderenza alla dieta aglutinata, da un miglioramento tardivo e non evidente dopo un anno di dieta, da un errore nell’interpretazione della prima biopsia oppure di aver scambiato la celiachia con altre condizioni non glutine-sensibili anch’esse caratterizzate da atrofia dei villi come l’enteropatia autoimmune, l’enteropatia da Olmesartan, l’immunodeficit comune variabile, la giardiasi o l’enteropatia da HIV.
In queste condizioni, infatti, la negatività degli anticorpi propri della celiachia, la positività di esami particolari, quali gli anticorpi antienterocita nel caso dell’enteropatia autoimmune, e la raccolta di un’attenta storia clinica consentono la differenziazione rispetto alla celiachia refrattaria.
La diagnosi di celiachia è più difficile in quei pazienti già affetti da complicanze nei quali mancano la regressione delle lesioni dopo dieta aglutinata e la positività degli anticorpi antitransglutaminasi ed endomisio (di norma negativi nel corso della celiachia complicata) e, di conseguenza, per una diagnosi sicura è necessario escludere con molta attenzione quelle condizioni già menzionate.
Una volta definita la diagnosi di celiachia refrattaria, è assolutamente necessario distinguere tra i suoi possibili sottotipi, marcati da importanti differenze prognostiche.
La celiachia refrattaria di Tipo 1, per la sua frequente associazione con altre malattie autoimmuni e per la sua possibile risposta alla somministrazione di immunosoppressori, viene considerata il viraggio autoimmune di una celiachia che ha perso nel tempo la capacità di rispondere alla dieta priva di glutine.
Il Tipo 1 è correntemente trattato con immunosoppressori, privilegiando la budesonide ed evitando l’azatioprina per non aumentare il rischio di linfoma.
Nella celiachia refrattaria di Tipo 2, il più frequente accumulo di linfociti intraepiteliali (le cellule dalle quali origina il linfoma intestinale) con un fenotipo aberrante (riarrangiamento monoclonale della catena gamma del T-cell receptor), la mancata espressione del CD4, del CD8 e della porzione di membrana del CD3, la presenza di alterazioni cromosomiali, il rischio elevato di evoluzione in linfoma T-cellulare, inducono a considerarla una vera e propria forma preneoplastica. Il Tipo 2 è, a volte, associato alla presenza di digiuno-ileite ulcerativa, cioè di ulcerazioni intestinali multiple che determinano stenosi plurime della parete e che si accompagnano ad intenso dolore di tipo colico, distensione gassosa, febbricola, peggioramento di diarrea e malnutrizione. Per la dimostrazione delle specifiche alterazioni a carico dei linfociti intraepiteliali, la citofluorimetria a flusso su cellule separate si è dimostrata più sensibile e specifica dell’immunoistochimica; ne consegue che sia la diagnosi che la successiva caratterizzazione della malattia celiaca refrattaria richiedono esperienza ed attrezzature particolari.
Per il Tipo 2 non esiste una terapia codificata e poiché si ritiene che una persistente sovraproduzione di IL-15 sia la principale responsabile di questa complicanza, il monoclonale anti IL-15 (AMG714), già usato sperimentalmente in ambito reumatologico, rappresenterebbe un naturale candidato. Il suo profilo di sicurezza, tuttavia, non si è rivelato tale da consentirne un impiego clinico allargato e, al momento, la terapia del Tipo 2 non si differenzia in maniera sostanziale da quella del linfoma T.
A volte non si riesce a differenziare con sicurezza il Tipo 1 dal Tipo 2 e alcuni hanno addirittura osservato una conversione tra le due forme per cui non è escluso un cambiamento di classificazione nel futuro.
Le principali caratteristiche della celiachia refrattaria di Tipo 1 e di Tipo 2 sono riportate nella Tabella 2.
TABELLA 2: Malattia celiaca refrattaria – Tipo 1 e Tipo 2 TIPO 1
TIPO 2
Sì
No
> 50%
++
Sì Comune Comune No
37-60% entro 5 anni
Sopravvivenza a 5 anni < 50%
Atrofia dei villi non responsiva alla dieta
Malattie autoimmuni associate
Fenotipo aberrante dei linfociti T intraepiteliali (CD3ε+, CD4-, CD8-)
Riarrangiamento monoclonale del TCR-γ
Anomalie cromosomiche
Omozigosi dell’HLA-DQ2
Digiuno-ileite ulcerativa associata
Risposta agli immunosoppressori (steroidi, budesonide, azatioprina, infliximab)
Rischio di sviluppare un linfoma T Tasso di mortalità
Sì
Sì
≤ 10%
+
No
Non comune rara
Sì
Basso
Leggermente aumentato
Il linfoma T- cellulare si localizza più frequentemente nell’intestino tenue prossimale, con nodularitá multiple ed ulcerate, spesso complicate da stenosi e perforazioni.
Sul piano istologico è caratterizzato dall’accumulo di cellule di dimensioni aumentate con nucleo rotondeggiante o vescicolare, nucleoli prominenti, abbondante citoplasma pallido ed elevato indice mitotico, in un contesto di eosinofili, istiociti e piccoli linfociti.
Sul piano clinico il sesso maschile, l’età avanzata, l’omozigotismo DQ2 e, soprattutto, il precedente rilievo di celiachia refrattaria, rappresentano importanti predittori clinici. L’insorgenza inattesa di calo ponderale, dolore addominale, ripresa della diarrea, perdita di sangue e/o albumine, febbre, sudorazione notturna, elevazione delle lattico-deidrogenasi debbono sempre allertare nei confronti di questa complicanza. Anche se sul piano diagnostico l’accertamento di linfoma avviene molto spesso in corso di laparotomia, le recenti tecniche di immagine (TAC, RMN, PET) ed endoscopiche (videocapsula e, soprattutto, enteroscopia “a doppio pallone” che consente biopsie multiple delle lesioni) sono provviste di livelli di sensibilità e specificità molto elevati ma, in assenza di studi comparativi, l’impiego dell’una o dell’altra metodica dipende eminentemente dalla loro disponibilità locale.
La risposta alla terapia del linfoma associato alla celiachia è, purtroppo, ancora estremamente deludente, con una sopravvivenza che a 5 anni risulta mediamente inferiore al 15%. D’altra parte, non esiste alcun regime adeguatamente standardizzato ed anche il ruolo della chirurgia è molto dibattuto: se da una parte la resezione della massa tumorale riduce il rischio di perforazione associato a chemio e radioterapia, dall’altra l’intervento chirurgico, per la possibilità di fistole, incompleta cicatrizzazione, ed infezioni, può ritardare oltre il dovuto l’inizio della chemioterapia. Lo schema CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina, vincristina, prednisone), il più usato per anni, consente assai raramente una soddisfacente sopravvivenza. Risultati migliori sono stati ottenuti associando un ciclo iniziale di CHOP a sei cicli alternati di IVE (ifofosfamide, epirubicina, etoposide) e metotrexate, seguiti da melfalan e trapianto di cellule staminali autologhe. Altri farmaci, quali l’alemtuzumab (anti CD52), la cladribina (nucleoside purinico), la romidepsina (inibitore della istone-deacetilasi), sono stati insufficientemente testati e/o hanno portato a risultati contrastanti.
L’atrofia della milza deve essere sospettata in pazienti diagnosticati tardivamente, complicati o con altre malattie autoimmuni. È confermata dal riscontro, anche ecografico, di una milza piccola, spesso associata a cavitazione dei linfonodi mesenterici, quale espressione di un più generalizzato disordine linfo-reticolare. L’atrofia è sempre accompagnata da una importante compromissione funzionale, confermata dall’aumento nel sangue periferico dei corpi di Howell-Jolly o, più specificamente, delle “pitted red cells” (globuli rossi con caratteristiche escavazioni di membrana).
Per anni l’atrofia splenica della celiachia è stata considerata solo una curiosità patologica, probabilmente sprovvista di una reale valenza clinica. Più recentemente, invece, alcuni studi hanno dimostrato nella celiachia una frequenza abnormemente elevata di sepsi da batteri capsulati (pneumococco, meningococco, haemophilus) nei confronti dei quali gli anticorpi “naturali” prodotti dalla milza rappresentano l’unica linea di difesa. Di conseguenza, il riscontro nel celiaco adulto di una compromissione anatomo-funzionale della milza costituisce un’indicazione alla vaccinazione nei confronti di tali microrganismi.
Alla luce della complessità clinico-diagnostica e della severità, le complicanze della malattia celiaca costituiscono un argomento di pertinenza ultra specialistica da valutare presso centri di riferimento terziario.
La dermatite erpetiforme
La dermatite erpetiforme, conosciuta anche come morbo di Duhring, è una malattia cutanea infiammatoria, glutine-dipendente, caratterizzata dalla presenza di vescicole papulari a gruppi fortemente pruriginose localizzate simmetricamente sulla superficie estensoria di gomiti e ginocchia, avanbraccia, natiche e scalpo.
Il sintomo dominante di questa patologia è l’intenso prurito che può essere causa di escoriazioni, erosioni e croste che, a loro volta, posso infettarsi. Sono rari i sintomi sistemici come astenia dovuta all’anemia o sintomi gastro-intestinali anche se sono segnalati nella letteratura scientifica14.
E’ stata considerata per molto tempo la variante cutanea della celiachia mentre oggi è classificata come una condizione nosologica a sé stante che condivide con la celiachia la predisposizione genetica (presenza degli alleli HLA DQ2/DQ8) e la remissione clinica in seguito all’eliminazione completa e permanente del glutine dalla dieta15. A differenza della celiachia, la dermatite erpetiforme si accompagna a minime lesioni della mucosa intestinale ed il numero di diagnosi è in diminuzione.
La patogenesi di questa malattia è dominata dalla produzione di auto-anticorpi IgA diretti contro l’enzima transglutaminasi epidermica (eTG). Gli anticorpi anti-eTG legati alle IgA formano depositi granulari all’estremità papillari del derma. L’eTG presenta una forte omologia di struttura e di funzione con la TG tissutale, che è a sua volta il principale auto-antigene nella celiachia, come confermato dal riscontro che gli anticorpi anti una delle due iso-forme della TG cross-reagiscono con l’altra, anche se con rispettiva affinità inferiore. È interessante notare che i pazienti con la dermatite erpetiforme producono anticorpi anti-eTG anche a livello della mucosa duodenale.
Molti sono ancora gli aspetti da chiarire riguardo la patogenesi di questa patologia tra cui quale sia il trigger che attiva la produzione di anticorpi anti-eTG e il motivo per cui nei pazienti con la dermatite erpetiforme l’auto-immunità sia rivolta contro la eTG mentre nei pazienti con celiachia contro la tTG16.
La diagnosi inizia con il riscontro delle lesioni cutanee e il dosaggio degli anticorpi anti-TG, accompagnato eventualmente da quello degli anticorpi anti-endomisio e dagli anticorpi anti-peptidi deamidati della gliadina, può essere di ausilio alla diagnosi, tenendo conto che la dermatite erpetiforme è spesso mis-diagnosticata con altre condizioni cutanee che si accompagnano a prurito17. La biopsia cutanea a livello peri-lesionale può essere dirimente per la diagnosi, il cui golden standard
14 Jakes AD, Bradley S, Donlevy L. Dermatitis herpetiformis. BMJ. 2014;348:g2557.
15 Ludvigsson JF, Leffler DA, Bai JC, et al. The Oslo definitions for coeliac disease and related terms. Gut. 2013;62(1):43–52. doi:10.1136/gutjnl-2011- 301346
16 Antiga E, Maglie R, Quintarelli L, et al. Dermatitis Herpetiformis: Novel Perspectives. Front Immunol. 2019;10:1290
17 Jakes AD, Bradley S, Donlevy L. Dermatitis herpetiformis. BMJ. 2014;348:g2557.
è rappresentato dal rilievo all’immunofluorescenza diretta dei depositi granulari di IgA a livello delle papille dermiche e/o della giunzione derma/epiderma. In una percentuale di pazienti la immunofluorescenza per i depositi di IgA può risultare negativa e non vi è certezza della specificità dei depositi granulari di IgA.
Nella diagnosi di dermatite erpetiforme la biopsia duodenale non va eseguita di routine perché in questi pazienti le lesioni duodenali sono minime o assenti18.
La terapia è costituita da una permanente e stretta dieta senza glutine che determina la remissione delle lesioni cutanee in qualche mese. Spesso, per accelerare la guarigione e la scomparsa soprattutto del prurito, si rende utile la terapia con il dapsone, un agente anti-microbico, che va usato monitorando attentamente lo stato clinico del paziente a causa degli effetti collaterali tra cui l’anemia19.
I pazienti affetti da dermatite erpetiforme godono delle stesse tutele assistenziali delle persone celiache20 e la diagnosi deve essere certificata presso un Presidio di II livello, accreditato dalla Regione o dalla Provincia Autonoma21.
18 Antiga E, Maglie R, Quintarelli L, et al. Dermatitis Herpetiformis: Novel Perspectives. Front Immunol. 2019;10:1290
19 Antiga E, Maglie R, Quintarelli L, et al. Dermatitis Herpetiformis: Novel Perspectives. Front Immunol. 2019;10:1290
20 DECRETO 10 agosto 2018 Limiti massimi di spesa per l’erogazione dei prodotti senza glutine, di cui all’articolo 4, commi 1 e 2, della legge 4 luglio 2005, n. 123, recante: «Norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia». (GU Serie Generale n.199 del 28-08-2018)
21 Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sul documento su “Requisiti tecnici, professionali ed organizzativi minimi per l’individuazione dei presidi sanitari deputati alla diagnosi di celiachia”. Repertorio Atti n. 105/CSR del 06/07/2017
Le manifestazioni extra-intestinali
La celiachia può manifestarsi a qualunque età e con segni e sintomi estremamente variabili per intensità e per localizzazione. Sono infatti riconosciute forme di celiaca atipiche caratterizzate da un corteo sintomatologico definito extra-intestinale, in quanto non riconducibile all’intestino ma ad altri distretti anatomici.
Tra i sintomi extra-intestinali annoveriamo quelli ascrivibili all’interessamento della cavità orale nel suo insieme: mucosa orale, lingua, saliva e denti definitivi e decidui22 23. I meccanismi patogenetici responsabili delle alterazioni orali non sono conosciuti. Si suppone che in tali meccanismi abbiano un ruolo il malassorbimento di nutrienti e l’auto-immunità innescata nelle persone celiache.
La prognosi delle lesioni del cavo orale che si manifestano nella celiachia è generalmente buona, anche se non tutte le lesioni regrediscono dopo la diagnosi e l’inizio di una dieta senza glutine. Generalmente, le lesioni dei tessuti molli sono responsive al trattamento dietetico24.
La sintomatologia dovuta all’interessamento del cavo orale dovrebbe assumere un’interessante valenza in considerazione sia della sua significativa frequenza che per la sua peculiarità.
La visita odontostomatologica riveste un ruolo fondamentale per una diagnosi precoce di celiachia. Per permettere l’individuazione delle persone con segni e sintomi suggestivi di celiachia che arrivano nelle strutture deputate alle erogazioni di prestazioni odontoiatriche (case-finding), è fondamentale la formazione sulle manifestazioni della celiachia di odontoiatri e igienisti.
E’ auspicabile, in presenza di segni e sintomi a livello del cavo orale, approfondire la diagnosi coinvolgendo il medico di base o il pediatra di libera scelta per l’esecuzione degli accertamenti serologici ed eventualmente endoscopici, come da protocollo diagnostico25.
La manifestazione orale più frequente nella celiachia è l’ipoplasia dello smalto dentale, presente nel 10-95% dei casi e più spesso in età pediatrica26.
Le manifestazioni orali che possono associarsi alla celiachia possono essere a carico dei tessuti molli e dei tessuti duri. Le principali manifestazioni della celiachia a livello orale sono riepilogate nella Tabella 3.
22 Rashid M, Zarkadas M, Anca A, Limeback H. Oral manifestations of celiac disease: a clinical guide for dentists. J Can Dent Assoc. 2011; 77:b39.
23 Macho VMP, Coelho AS, Veloso E Silva DM, de Andrade DJC. Oral Manifestations in Pediatric Patients with Coeliac Disease – A Review Article. Open Dent J. 2017; 11:539-545. Kurada S, et al. Current and novel therapeutic strategies in celiac disease. Expert Rev Clin Pharmacol. 2016. PMID: 27322016 Review.
24 Paul SP, Kirkham EN, John R, Staines K, Basude D. Coeliac disease in children – an update for general dental practitioners. Br Dent J. 2016; 220:481- 5.
25 Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sul documento su “Requisiti tecnici, professionali ed organizzativi minimi per l’individuazione dei presidi sanitari deputati alla diagnosi di celiachia”. Repertorio Atti n.: 105/CSR del 06/07/2017.
26 Rivera E, Assiri A, Guandalini S. Celiac disease. Oral Dis. 2013;19:635-41.
TABELLA 3: Manifestazioni orali della celiachia
Lesioni dei tessuti molli
Lesioni dei tessuti duri Malattie associate
Aftosi ricorrente
Glossite atrofica
Cheilite angolare
Lichen Planus
Localizzazione di dermatite erpetiforme Ipoplasia e/o difetti dello smalto dentale Carie multiple
Eruzione ritardata e/o incompleta Sindrome di Sjogren
Nei pazienti celiaci è possibile evidenziare anche manifestazioni osteoarticolari con importanti ricadute sull’assetto posturale specialmente nei soggetti in età evolutiva27 28.
27 Dos Santos S, et al. Osteoarticular manifestations of celiac disease and non-celiac gluten hypersensitivity. Joint Bove Spine. 2017. PMID: 27825568 Review.
28 Kurada S, et al. Current and novel therapeutic strategies in celiac disease. Expert Rev Clin Pharmacol. 2016. PMID: 27322016 Review.
Case-finding e screening di massa
Attualmente in Italia la strategia diagnostica della celiachia è quella del case-finding ovvero la scelta degli individui da sottoporre al test diagnostico di celiachia attraverso la valutazione dei segni e dei sintomi, della familiarità e delle comorbidità. Per un’applicazione efficace della strategia del case- finding, la formazione del personale medico è fondamentale considerato che queste sono deputate ad individuare i sintomi e/o segni precoci suggestivi di celiachia e avviare i pazienti ai successivi accertamenti sierologici e strumentali.
Alcuni autori della comunità scientifica, in alternativa al case-finding, hanno proposto l’introduzione di programmi di screening rivolti alla popolazione generale al fine di far emergere i casi di celiachia ancora sommersi di celiachia.
In generale lo screening di massa consiste nel sottoporre tutta la popolazione ai test, indipendentemente dalla presenza di sintomi e/o fattori di rischio. Uno screening di questo tipo permetterebbe, in teoria, di identificare tutte le persone che probabilmente sono affette da quella certa malattia. Lo screening non è equivalente alla diagnosi precoce poiché quest’ultima identifica la comparsa dei primi sintomi e segni della malattia nel paziente mentre lo screening permette di identificare i pazienti prima che possano sviluppare sintomi e segni.
Nella Tabella 4 sono riportati i criteri che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha identificato affinché una malattia sia diagnosticabile attraverso uno screening di massa29.
TABELLA 4: Criteri di Wilson e Jungners per lo screening di massa
1. La condizione patologica deve avere importante ricaduta di salute ed essere ben definita
2. Una terapia per la malattia deve essere disponibile
3. Strutture per la diagnosi e trattamento devono essere disponibili
4. La malattia deve avere una riconoscibile fase asintomatica o pre-sintomatica
5. Un test sicuro, semplice da eseguire e con adeguate specificità e sensibilità deve essere disponibile
6. Il test deve essere accettato dalla popolazione
7. La storia naturale della malattia, incluso lo sviluppo da latente a conclamata, sia
adeguatamente conosciuta,
8. Deve esserci una condivisa policy su come trattare le persone affette dalla condizione
9. Il costo della diagnosi e del successivo trattamento deve essere bilanciato economicamente in
relazione alla spesa medica nel suo complesso, se quel caso non fosse stato diagnosticato
10. Lo screening deve essere un processo stabile e continuo e non basato su iniziative limitate
In Italia lo screening neonatale oggi è obbligatorio e gratuito per tutti i nuovi nati nel rispetto dei Livelli essenziali di assistenza30 al fine di garantire a tutti i neonati “le prestazioni necessarie e appropriate per la diagnosi precoce delle malattie congenite previste dalla normativa vigente e dalla buona pratica clinica, incluse quelle per la diagnosi precoce della sordità congenita e della cataratta
29 World Health Organization Regional Office for Europe Screening programmes: a short guide 2020, pag. 70. 30 DPCM 12 gennaio 2017 (art 38, comma 2).
congenita, nonché quelle per la diagnosi precoce delle malattie metaboliche ereditarie individuate con decreto del ministro della Salute” 31.
Per poter proporre lo screening di massa anche per la celiachia devono essere soddisfatti i criteri di Wilson e Jungners che tra gli altri prevedono un test sicuro, semplice, specifico e sensibile (punto 5 della Tabella 3). Nel caso della celiachia, però, la questione è delicata e pone importanti criticità.
Lo sviluppo di questa condizione necessita, infatti, della predisposizione genetica e del fattore ambientale (glutine nella dieta) e solo il 3% della popolazione geneticamente predisposta sviluppa, prima o poi, la celiachia. Questo significa che, indipendentemente dalla familiarità e dall’assetto genetico, uno screening di massa per la celiachia includerebbe nel programma il 70% di persone che non svilupperebbero mai la celiachia32. La scelta dello screening di massa porterebbe sicuramente ad un aumento dei costi per il SSN con il rischio di incontrare reticenza e opposizione nel sottoporsi al test da parte della popolazione. Lo screening potrebbe essere condotto anche in due step con una prima verifica della presenza degli alleli DQ2/8 per identificare le persone geneticamente a rischio e solo successivamente e in questa popolazione selezionata, procedere con la ricerca degli anticorpi anti-transglutaminasi IgA. Una procedura di questo tipo, più che rappresentare uno screening di massa vero e proprio si configura come una sorta di case-finding allargato.
L’altra criticità è la mancanza di dati sul valore predittivo positivo (VPP) e sul valore predittivo negativo (VPN) del dosaggio plasmatico degli anticorpi anti-transglutaminasi come test di screening nella popolazione generale. Le performance di un test diagnostico, infatti, variano a seconda della prevalenza della malattia nella popolazione di riferimento e finora sensibilità, specificità, VPP e VPN del dosaggio plasmatico degli anticorpi anti-transglutaminasi, sono stati misurati in popolazioni a rischio con prevalenza della celiachia intorno al 10%. Nella popolazione generale, invece, ci si aspetta una performance decisamente inferiore considerato che la prevalenza, soprattutto in termini di PPV, è 1% 33 34. Considerato che una consistente percentuale di persone celiache presenta anche deficit di IgA, il programma di screening di massa dovrebbe prevedere il dosaggio delle IgA totali, con un ulteriore aumento dei costi.
Al momento, quindi, lo screening di massa per la celiachia non sarebbe in grado di offrire una risposta definitiva e considerato che la celiachia può esordire a qualsiasi età, un risultato negativo dello screening non escluderebbe l’insorgenza della malattia successivamente allo screening con risultato negativo agli anticorpi. In caso di positività anticorpale, per le diagnosi di celiachia potenziale, una
31https://www.salute.gov.it/portale/saluteBambinoAdolescente/dettaglioContenutiSaluteBambinoAdolescente.jsp?lingua=italiano&id=1920&area=salute Bambino&menu=nascita
32 Makharia GK, Chauhan A, Singh P, Ahuja V. Review article: Epidemiology of coeliac disease. Aliment Pharmacol Ther. 2022;56:S3-S17. doi: 10.1111/apt.16787.
33 Forbes GM. “ASKing” the Right Questions About Screening for Celiac Disease. Am J Gastroenterol. 2021;116:82-83. doi: 10.14309/ajg.0000000000001026. PMID: 33079752.
34 Stahl MG, Geno Rasmussen C, Dong F, Waugh K, Norris JM, Baxter J, Yu L, Steck AK, Frohnert BI, Liu E, Rewers MJ; ASK Study Group. Mass Screening for Celiac Disease: The Autoimmunity Screening for Kids Study. Am J Gastroenterol. 2021;116:180-187. doi: 10.14309/ajg.0000000000000751.
percentuale di casi intorno al 50% si negativizza e per l’incertezza dell’età di sviluppo della celiachia si avrebbe difficoltà anche a decidere a quale età effettuare lo screening nella popolazione generale35. E’ importante sottolineare che non sono disponibili evidenze definitive neanche sulla storia naturale della celiachia e sul decorso clinico delle persone celiache asintomatiche non trattate con la dieta senza glutine. Esistono solo evidenze indirette, parziali e contradditorie che il mancato trattamento dietetico possa determinare un maggior rischio di complicanze. Uno studio italiano conferma che coloro che sono stati diagnosticati celiaci a seguito di programmi di screening e non per i sintomi manifestati, anche in età pediatrica, hanno una peggior compliance alla dieta senza glutine e una maggior prevalenza di malattie auto-immuni dopo 20 anni dalla diagnosi rispetto ai celiaci diagnosticati perché sintomatici 36.
Infine, da un punto di vista del rapporto costo/beneficio, non ci sono dati che permettono di stimare il costo delle mancate diagnosi in termini di DALYs (attesa di vita corretta per disabilità) e in termini di spesa per il Servizio Sanitario Nazionale perché non sono disponibili evidenze certe sulla morbidità e sulla storia delle persone celiache non adeguatamente trattate.
Recentemente, la Task Force del Servizio di prevenzione degli USA ha concluso che non esistono evidenze per raccomandare lo screening di massa per la celiachia che al momento rimane un setting di ricerca e che le persone sottoposte a questi programmi devono essere informate dell’incertezza del rapporto rischio/beneficio 37.
Concludendo, per aumentare il numero delle diagnosi di celiachia e colmare il gap tra le attuali diagnosi e quelle attese, la strategia più efficace da seguire è quella del case-finding avviando quindi agli accertamenti serologici solo le persone che mostrano sintomi e segni suggestivi di celiachia e i familiari di I grado di persone già diagnosticate con celiachia e/o che presentano patologie associate alla celiachia.
Questo approccio richiede una formazione rigorosa della classe medica, soprattutto quella territoriale, sulla celiachia e sulle caratteristiche suggestive di questa patologia considerato che devono essere in grado di intercettare i pazienti a rischio, prescrivere il primo dosaggio degli anticorpi anti- transglutaminasi e, in caso di positività o dubbio, inviarli ai centri secondari per il completamento dell’iter diagnostico previsto dalle linee guida.
35 Stahl MG, Geno Rasmussen C, Dong F, Waugh K, Norris JM, Baxter J, Yu L, Steck AK, Frohnert BI, Liu E, Rewers MJ; ASK Study Group. Mass Screening for Celiac Disease: The Autoimmunity Screening for Kids Study. Am J Gastroenterol. 2021;116:180-187. doi: 10.14309/ajg.0000000000000751.
36 Cozzi G, Gabbana E, Zanchi C, Giudici F, De Leo L, Ziberna F, Bramuzzo M, Di Leo G, Not T. 20-Year Follow-up Study of Celiac Patients Identified in a Mass School Screening: Compliance to Gluten-Free Diet and Autoimmunity. J Pediatr Gastroenterol Nutr. 2022;74:91-95. doi: 10.1097/MPG.0000000000003295.
37 US Preventive Services Task Force, Bibbins-Domingo K, Grossman DC, Curry SJ, Barry MJ, Davidson KW, Doubeni CA, Ebell M, Epling JW Jr, Herzstein J, Kemper AR, Krist AH, Kurth AE, Landefeld CS, Mangione CM, Phipps MG, Silverstein M, Simon MA, Tseng CW. Screening for Celiac Disease: US Preventive Services Task Force Recommendation Statement. JAMA. 2017;317:1252-1257. doi: 10.1001/jama.2017.1462.
GRUPPO 1
alimenti e bevande non trasformati che per natura non contengono glutine
GRUPPO 2
alimenti e bevande trasformati che per natura, composizione e processo di produzione non prevedono l’utilizzo di ingredienti contenenti glutine
L’assenza di glutine è scontata.
La dicitura “senza glutine” in etichetta è confondente e fuorviante per il consumatore.
GRUPPO 3
alimenti e bevande trasformati prodotti con ingredienti naturalmente privi di glutine
Nella ricetta di produzione è possibile l’utilizzo di ingredienti contenenti glutine quindi l’assenza di glutine non scontata.
La dicitura “senza glutine” in etichetta è legittima in quanto aiuta a distinguere la variante senza glutine del medesimo prodotto. In questo caso è possibile riportare in etichetta anche l’indicazione “adatto alle persone intolleranti al glutine” o “adatto ai celiaci”
GRUPPO 4
alimenti e bevande trasformati che per tradizione nella loro composizione prevedono l’utilizzo di ingredienti contenenti glutine ma che sono stati appositamente prodotti, preparati e/o lavorati con ingredienti naturalmente senza glutine o con ingredienti deglutinati.
Nella ricetta di produzione gli ingredienti con glutine sono stati appositamente deglutinati o sostituiti da ingredienti senza glutine.
La dicitura “senza glutine” in etichetta è legittima in quanto aiuta ad individuare l’alimento sostitutivo senza glutine. In questo caso è possibile riportare in etichetta anche l’indicazione “specificamente formulato per persone intolleranti al glutine” o “specificamente formulato per celiaci”.
La dieta senza glutine
L’unico trattamento scientificamente valido per le persone affette da celiachia è uno stretto regime alimentare senza glutine ovvero una dieta che prevede alimenti e bevande naturalmente privi di glutine e alimenti e bevande appositamente prodotti senza glutine.
Il glutine è la frazione proteica di alcuni cereali o delle loro varietà ibridate nonché dei loro derivati ed è la proteina maggiormente presente nella dieta della popolazione europea.
I cereali contenenti glutine maggiormente utilizzati nella produzione degli alimenti sono:
– tutti i cereali appartenenti al genere Triticum (es. grano tenero – triticum aestivum; grano duro – triticum durum; grano khorasan – triticum turanicum; spelta o farro grande – triticum spelta;
farro o farro medio -triticum dicoccum; monococco o farro piccolo – triticum monococcum);
– la segale;
– l’orzo.
L’avena da un punto di vista normativo è considerata un cereale contenente glutine a causa delle frequenti contaminazioni e delle ibridazioni riscontrate mentre, secondo le evidenze scientifiche disponibili, può essere inserita nella dieta della maggior parte dei celiaci senza effetti negativi per la salute. La condizione per essere impiegata come ingrediente nei prodotti senza glutine specificamente formulati per celiaci è quella di avere un contenuto di glutine inferiore ai 20 ppm (test ELISA con anticorpo R538). La presenza dell’avena nella dieta senza glutine resta comunque una questione ancora oggetto di studi e ricerche da parte della comunità scientifica.
Gli alimenti e le bevande che i celiaci possono consumare possono essere suddivisi in 4 grandi gruppi schematizzati nella Tabella 5.
TABELLA 5: Gruppi di alimenti senza glutine
38 Il Codex Alimentarius ha definito come test standard per la determinazione del contenuto di glutine negli alimenti l’ELISA (Enzyme Linked Immunosorbent Assay) con l’anticorpo R5. Questo anticorpo riconosce specificatamente una sequenza di 5 amminoacidi presente nella gliadina di tutte le varietà di frumento. Qualora le esigenze del controllo degli alimenti lo richiedano, l’esecuzione del test ELISA R5 può essere affiancata da altre tecniche per la determinazione del glutine, quali il western blot e la PCR.
39 Decreto ministeriale 10 agosto 2018 “Limiti massimi di spesa per l’erogazione dei prodotti senza glutine, di cui all’articolo 4, commi 1 e 2, della legge 4 luglio 2005, n. 123, recante: «Norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia».
Gli alimenti senza glutine erogabili
Gli alimenti senza glutine erogabili gratuitamente alle persone celiache sono quelli classificabili come “specificamente formulati per celiaci” o “specificamente formulati per persone intolleranti al glutine” e appartenenti alle seguenti categorie39:
– pane e affini, prodotti da forno salati
– pasta e affini; pizza e affini; piatti pronti a base di pasta
– preparati e basi pronte per dolci, pane, pasta, pizza e affini
– prodotti da forno e altri prodotti dolciari
– cereali per la prima colazione
Si tratta di alimenti di base, prevalentemente fonte di carboidrati e costituiti da cereali senza glutine che nella dieta quotidiana sostituiscono i corrispondenti alimenti caratterizzati tradizionalmente dalla presenza di cereali fonti di glutine. Nella Tabella 6 sono riportati alcuni esempi per ciascuna categoria erogabile individuata dal decreto.
TABELLA 6: Tabella orientativa sulle tipologie di alimenti senza glutine erogabili40
40 Fonte Ministero della salute C_17_pagineAree_3667_listaFile_itemName_7_file.pdf (salute.gov.it)
I limiti di spesa mensili previsti per l’acquisto dei prodotti in esenzione sono riportati nella Tabella 7.
TABELLA 7: Limiti di spesa mensili
I tetti di spesa sono stati aggiornati nel 2018 sulla base dei Livelli di Assunzione Raccomandati di energia e Nutrienti per la popolazione italiana (2014), dei prezzi rilevati al consumo nel solo canale farmaceutico e maggiorati del 30% per tener conto di particolari esigenze nutrizionali.
Nel 2021 per i prodotti senza glutine erogati il SSN ha speso circa € 233.349.439,00. Le somme comunicate dalle regioni e dalle province autonome sono riportate in Tabella 8 e sviluppate nel Grafico 1.
TABELLA 8: Spesa per l’erogazione degli alimenti senza glutine in esenzione – anno 2021
Regione/Provincia Celiaci Autonoma
Spesa
€ 5.775.595,00 € 1.872.610,00 € 7.053.754,00 € 23.877.541,00 € 19.876.134,00 € 3.437.111,00 € 23.582.600,00 € 5.724.456,00 € 41.967.058,00 € 5.146.357,00 € 1.187.325,00 € 1.869.880,00 € 3.004.018,00 € 15.678.707,00 € 9.089.562,00 € 7.056.510,00 € 18.521.825,00 € 17.743.615,00 € 3.659.375,00 € 651.606,00
€ 16.573.801,00
€ 233.349.439,00
Media pro-capite
€ 1.001 € 1.035 € 1.075 € 1.019 € 1.011 € 830 € 959 € 956 € 956 € 1.026 € 1.113 € 906 € 1.085 € 1.013 € 625 € 957 € 1.031 € 948 € 916 € 1.025 € 1.022 € 965
Abruzzo
Basilicata
Calabria
Campania
Emilia Romagna Friuli Venezia Giulia Lazio
Liguria Lombardia Marche Molise Bolzano Trento Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Toscana Umbria
Valle D’Aosta Veneto
Totale
5.772 1.809 6.562 23.431 19.659 4.142 24.600 5.988 43.919 5.016 1.067 2.064 2.768 15.470 14.551 7.372 17.971 18.721 3.996 636 16.215 241.729
Grafico 1: Spesa per i prodotti senza glutine – anno 2021
La dematerializzazione e la circolarità dei buoni per l’acquisto dei prodotti senza glutine
Oggi, su quasi tutto il territorio nazionale, è possibile acquistare i prodotti senza glutine anche nella grande distribuzione organizzata (GDO) e nei negozi specializzati dove è possibile trovare ampia scelta e prezzi generalmente più competitivi.
Al fine di uniformare le modalità di erogazione dei prodotti senza glutine, favorire la diversificazione dei canali distributivi e consentire la circolarità dell’erogazione in tutte le regioni italiane è stato previsto un investimento che mira al potenziamento del fascicolo sanitario elettronico e al completamento del Sistema Tessera Sanitaria. Nell’ambito di tale progetto è ricompresa la
digitalizzazione dei buoni per la spesa per i soggetti celiaci, l’utilizzo degli stessi nella piccola, media e grande distribuzione, nonché la circolarità degli stessi buoni sull’intero territorio nazionale. Si tratta di un progetto che prende a modello le positive esperienze già adottate a livello regionale sulla base
del riuso delle soluzioni e standard aperti così come previsto dal Codice dell’amministrazione digitale 41.
41 Decreto legislativo n. 82/2005 in materia di codice dell’amministrazione digitale (art. 69).
I fondi per la celiachia
La legge 123/2005 prevede fondi specifici che hanno l’obiettivo di garantire la somministrazione, su richiesta, di pasti senza glutine nelle mense e l’implementazione di attività di formative per gli operatori del settore alimentare.
Ogni anno il Ministero della Salute provvede alla ripartizione delle somme stanziate sulla base di criteri formalizzati in sede di Accordo Stato-Regioni 42.
Nel 2022, sulla base dei dati del 2021, sono stati stanziati in favore delle Regioni € 325.689,09 per la garanzia dei pasti e € 564.694,94 per le iniziative di formazione per un totale di € 890.384,02.
La sintesi degli stanziamenti è riportata nella Tabella 9.
TABELLA 9: Stanziamenti – anno finanziario 2022
Regione/Provincia Autonoma
Abruzzo
Basilicata
Calabria
Campania
Emilia Romagna Friuli Venezia Giulia Lazio
Liguria Lombardia Marche Molise Bolzano Trento Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Toscana Umbria
Valle D’Aosta Veneto
Totale
SOMME PASTI
€ 7.909,02 € 2.479,47 € 8.291,65 € 28.064,16 € 30.970,58 € 7.910,46 € 23.827,16 € 8.644,77 € 61.934,52 € 6.250,19 € 949,23
–
–
€ 32.885,83 € 13.960,52 € 9.906,68
€ 19.191,15 € 28.760,17 € 6.534,51
€ 1.169,35
€ 26.049,69 € 325.689,09
SOMME FORMAZIONE
€ 57.147,33 € 49.952,45 € 16.519,19 € 19.717,62 € 71.699,16 € 0,00
€ 20.339,84 € 21.022,44 € 6.659,13 € 20.939,03 € 36.502,50 –
–
€ 78.727,99 € 41.010,92 € 16.126,09 € 39.284,20 € 23.781,42 € 0,00
€ 13.984,97 € 31.280,65 € 564.694,94
ACCANTONAMENTI
TOTALE
65.056,36 € 52.431,92 € 24.810,84 € 47.781,78 €
102.669,74 € 7.910,46 € 44.167,00 € 29.667,22 € 68.593,64 € 27.189,22 € 37.451,73 € – – 111.613,82 € 54.971,44 € 26.032,77 € 58.475,35 € 52.541,59 € 6.534,51 € 15.154,32 € 57.330,33 €
€ 890.384,02
12.898,97 € 23.894,00 €
36.792,98 €
Le somme non più spettanti alle Provincie Autonome di Trento e Bolzano43, sono state accantonate e versate in conto entrate.
42 Accordo Stato – Regioni 30 luglio 2015 “Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sulla proposta di aggiornamento del provvedimento del Ministro della salute del 16 marzo 2006, concernente il riparto dei fondi tra le regioni e le province autonome per l’erogazione di pasti senza glutine nella mense scolastiche, ospedaliere e delle altre strutture pubbliche, nonché per lo svolgimento di specifici corsi di formazione sulla celiachia rivolti a ristoratori e albergatori, ai sensi degli articoli 4 e 5 della legge 4 luglio 2005, n. 123.
43 Nota prot. 128699 del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 5/2/2010.
Analisi dei dati
Dati epidemiologici
La celiachia è una patologia autoimmune cronica che colpisce circa l’1% della popolazione generale e si sviluppa in soggetti geneticamente predisposti. In media, in Italia ogni anno vengono effettuate circa 9.000 diagnosi con una prevalenza della malattia del 0,41%.
Dai dati del 2021 in Italia risultano diagnosticati 241.729 celiaci di cui il 70% (168.385) appartenenti alla popolazione femminile ed il restante 30% (73.344) a quella maschile.
La distribuzione percentuale dei celiaci in Italia è riportata nel Grafico 2.
GRAFICO 2 – Distribuzione percentuale dei celiaci in Italia
I dettagli epidemiologici sono sintetizzati nelle successive Tabelle 10, 11, 12 e 13.
TABELLA 10: Popolazione celiaca in Italia – anno 2021
Regione/Provincia Autonoma
Abruzzo
Basilicata
Calabria
Campania
Emilia Romagna Friuli Venezia Giulia Lazio
Liguria Lombardia Marche Molise Bolzano Trento Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Toscana Umbria
Valle D’Aosta Veneto
Totale
Celiaci
5.772 1.809 6.562 23.431 19.659 4.142 24.600 5.988 43.919 5.016 1.067 2.064 2.768 15.470 14.551 7.372 17.971 18.721 3.996 636 16.215 241.729
Maschi
1.668 505 1.856 7.533 6.172 1.207 7.214 2.064 13.535 1.546 289 622 905 4.393 4.369 2.075 5.627 5.452 1.208 202 4.902 73.344
Femmine
4.104 1.304 4.706 15.898 13.487 2.935 17.386 3.924 30.384 3.470 778 1.442 1.863 11.077 10.182 5.297 12.344 13.269 2.788 434 11.313 168.385
M:F
2 3 3 2 2 2 2 2 2 2 3 2 2 3 2 3 2 2 2 2 2 2
Media nuove diagnosi triennio
271 138 -41 899 553 71 1.193 224 1.833 100 23 125 114 151 566 26 1.316 679 126 26 769 9.163
TABELLA 11: Diagnosi di celiachia nel triennio 2019 – 2021
Regione/Provincia Autonoma
Abruzzo
Basilicata
Calabria
Campania
Emilia Romagna Friuli Venezia Giulia Lazio
Liguria Lombardia Marche Molise Bolzano Trento Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Toscana Umbria
Valle D’Aosta Veneto
Totale
Nuove diagnosi 2019
295 275 53 1.585 240 24 1.137 233 1.897 -147 25 137 113 -139 743 90 3.238 493 90
25 772 11.179
Nuove diagnosi 2020
272 40 -316 222 568 170 1.476 210 2.123 220 18 107 103 592 335 210 -178 755 114 22 666 7.729
Nuove diagnosi 2021
245 99 140 889 852 20 967 229 1.479 227 25 132 125 0 620 -221 889 789 175 31 870 8.582
TABELLA 12: La celiachia nella popolazione maschile (M) e femminile (F) – anno 2021
Regione/Provincia Autonoma
Abruzzo
Basilicata
Calabria
Campania
Emilia Romagna
Friuli Venezia Giulia
Lazio
Liguria
Lombardia
Marche
Molise
Bolzano
Trento
Piemonte
Puglia
Sardegna
Sicilia
Toscana
Umbria
Valle D’Aosta
Veneto
Totale
POPOLAZIONE
1.273.660
539.999
1.844.586
5.590.681
4.431.816
1.197.295
5.715.190
1.507.438
9.965.046
1.489.789
290.769
535.774
542.158
4.252.279
3.912.166
1.579.181
4.801.468
3.676.285
859.572
123.337
4.854.633
58.983.122
M
622.149
265.503
899.638
2.722.216
2.164.213
584.025
2.760.867
723.763
4.887.548
725.836
143.016
265.854
266.932
2.068.986
1.902.945
772.146
2.330.964
1.780.969
414.888
60.402
2.384.557
28.747.417
F Prevalenza
651.511 0,45 274.496 0,34 944.948 0,36
2.868.465 0,42 2.267.603 0,44 613.270 0,35 2.954.323 0,43 783.675 0,40 5.077.498 0,44 763.953 0,34 147.753 0,37 269.920 0,39 275.226 0,51 2.183.293 0,36 2.009.221 0,37 807.035 0,47 2.470.504 0,37 1.895.316 0,51 444.684 0,46 62.935 0,52 2.470.076 0,33 30.235.705 0,41
M celiaci
1.668 505 1.856 7.533 6.172 1.207 7.214 2.064 13.535 1.546 289 622 905 4.393 4.369 2.075 5.627 5.452 1.208 202 4.902 73.344
F Prevalenza Prevalenza celiache M F
4.104 0,27 0,63 1.304 0,19 0,48 4.706 0,21 0,50
15.898 0,28 0,55 13.487 0,29 0,59 2.935 0,21 0,48 17.386 0,26 0,59 3.924 0,29 0,50 30.384 0,28 0,60 3.470 0,21 0,45 778 0,20 0,53 1.442 0,23 0,53 1.863 0,34 0,68 11.077 0,21 0,51 10.182 0,23 0,51 5.297 0,27 0,66 12.344 0,24 0,50 13.269 0,31 0,70 2.788 0,29 0,63 434 0,33 0,69 11.313 0,21 0,46 168.385 0,26 0,56
TABELLA 13: La celiachia nelle diverse fasce di età della popolazione – anno 2021
Regione/Provincia Autonoma
Abruzzo
Basilicata
Calabria
Campania
Emilia Romagna
Friuli Venezia Giulia
Lazio
Liguria
Lombardia
Marche
Molise
Bolzano
Trento
Piemonte
Puglia
Sardegna
Sicilia
Toscana
Umbria
Valle D’Aosta
Veneto
Totale
%
6 mesi – 5 anni
6 anni – 9 anni
10 anni – 13 anni
14 anni – 17 anni
18 anni – 59 anni
≥ 60 anni
85
272
380
465 3.974 596 51
93
126
137 1.238 164 199
401
457
662 4.272 571 770
1.177
1.566
1.940 16.227 1.751 408
1.052
1.662
1.959 12.483 2.095 61
156
291
345 2.766 523 491
1.171
1.616
1.984 16.744 2.594 83
181
316
406 4.054 948 724
1.797
2.978
3.589 29.424 5.407 108
230
410
483 3.276 509 15
32
72
104 747 97 48
123
163
180 1.279 271 42
128
193
225 1.869 311 275
549
927
1.096 10.412 2.211 444
883
1.255
1.443 9.533 993 91
274
418
486 4.794 1.309 441
835
1.157
1.343 12.040 2.155 255
679
1.104
1.450 12.734 2.499 45
161
244
284 2.734 528 3
25
32
49 434 93 310
745
1.187
1.514 10.674 1.785 4.949
10.964
16.554
20.144 161.708 27.410 2 5 7 8 67 11
Dalla Tabella 13 emerge un dato interessante ovvero che solo l’11% dei celiaci diagnosticati ha più di 60 anni.
Mense
La legge 123/2005 prevede che le mense scolastiche, ospedaliere e quelle annesse alle strutture pubbliche debbano garantire il pasto senza glutine ai celiaci che ne fanno richiesta.
Dalle anagrafi regionali risulta che nel 2021 le mense nazionali riconducibili alle tipologie previste dalla norma sono 37.727 di cui 27.233 scolastiche (72%), 7.475 ospedaliere (20%) e 3.019 annesse alle strutture pubbliche (8%) come riportato nel Grafico 3.
GRAFICO 3 – Mense in Italia – anno 2021
La sintesi dei dati sulle mense è riportata nella Tabella 14.
TABELLA 14: Mense – anno 2021 Regione/Provincia Autonoma
Abruzzo
Basilicata
Calabria
Campania
Emilia Romagna Friuli Venezia Giulia Lazio
Liguria Lombardia Marche Molise Bolzano Trento Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Toscana Umbria
Valle D’Aosta Veneto
Totale
Mense Mense Mense Scolastiche Ospedaliere Pubbliche
675 135 70 239 16 21 561 206 36 1.869 301 262 3.090 990 55 948 286 28 830 83 50 548 153 336 5.326 1.831 34 417 50 122 9 5 4 450 84 0 585 17 168 3.611 1.409 636 400 105 27 631 187 251 926 206 75 2.701 491 539 641 232 35 92 68 21 2.684 620 249 27.233 7.475 3.019
MENSE TOTALI
880 276 803 2.432 4.135 1.262 963 1.037 7.191 589 18 534 770 5.656 532 1.069 1.207 3.731 908 181 3.553 37.727
Formazione
La formazione degli operatori del settore alimentare (OSA) impatta in maniera diretta sulla sicurezza alimentare, sulla sicurezza nutrizionale e la qualità della produzione alimentare e dei servizi di ristorazione.
Sono diverse le regioni che promuovono corsi di formazione dedicati alla celiachia che prevedono lo svolgimento di lezioni pratiche in cucine e laboratori didattici. Sarebbe auspicabile che tutte le regioni organizzassero tali iniziative al fine di consentire l’apprendimento delle corrette modalità di manipolazione e gestione del rischio di contaminazione direttamente sul campo.
Nel 2021 sono stati organizzati circa sono stati realizzati 433 corsi di formazione che hanno visto coinvolti circa 7.701 operatori del settore ristorativo e alberghiero. Le regioni più attive del 2021 sono state Piemonte, Emilia Romagna e Abruzzo. Non sono stati attivati corsi di formazione in Friuli Venezia Giulia e Umbria (Grafico 4).
GRAFICO 4 – Corsi di formazione nel triennio 2019 – 2021
Dall’analisi dei dati i corsi di formazione attivati hanno previsto mediamente 4 ore di formazione totale per corso in un range temporale compreso tra le 2 e le 8 ore. I partecipanti per ciascun corso, invece, sono stati mediamente 18 per corso.
I dati complessivi sulla formazione sono sintetizzati in Tabella 15.
TABELLA 15: Formazione – anno 2021 Regione/Provincia Autonoma
Abruzzo 82 Basilicata 19 Calabria 8 Campania 10 Emilia Romagna 87 Friuli Venezia Giulia – Lazio 7 Liguria 5 Lombardia 2 Marche 3 Molise 10 Bolzano 2 Trento 13 Piemonte 105 Puglia 37 Sardegna 3 Sicilia 15 Toscana 6
Corsi
Partecipanti
Formazione teorica (ore medie)
Formazione pratica (ore medie)
– 2,00 0,50 – 1,00 – 1,00 –
– 1,00 3,00 –
– 2,90 1,30 – 3,00 1,50
1.646 4,25 68 6,00 129 3,00 55 2,00 2.264 2,00 – –
95 3,00 38 7,00 166 2,00 83 6,50 150 3,00 59 4,00 153 5,00 978 3,90 951 2,70 27 5,00 198 3,00 120 4,00
Umbria
Valle D’Aosta Veneto
Totale
—-
2 15 2,50 –
17 506 1,00 2,00 433 7.701 3,33 0,91
I dati del 2021 riflettono ancora le problematiche legate alla pandemia tanto è vero che i corsi di formazione attivati nel 2021 (433) risultano ancora molto ridotti rispetto al 2019 (678) ma sicuramente in ripresa se si osservano quelli del 2020 (313).
Nel 2021 si è osservata una netta riduzione anche del numero di partecipanti ai corsi di formazione che risultano ancora dimezzati (7.701) rispetto al periodo pre-pandemia (16.987) ma in leggera ripresa rispetto al 2020 (5.783) come evidenziato nel Grafico 4.
La sintesi delle iniziative è riassunta nelle Tabelle 16 e 17.
GRAFICO 4 – Partecipanti ai corsi di formazione nel triennio 2019 – 2021
TABELLA 16: Corsi – triennio 2019 – 2021
Regione/Provincia Autonoma
Abruzzo
Basilicata
Calabria
Campania
Emilia Romagna Friuli Venezia Giulia Lazio
Corsi 2020 58
Corsi 2021 82
Corsi 2019 139
27
14
33
96
0 1237
36 4 9 50 –
19 8 10 87 –
Liguria 0 1 5 Lombardia 6 3 2 Marche 8 2 3 Molise 12 10 10 Bolzano 12 2 2 Trento 17 11 13 Piemonte 143 88 105 Puglia 37 15 37 Sardegna 10 2 3 Sicilia 59 10 15 Toscana 0 – 6 Umbria 3 – – Valle D’Aosta 5 1 2 Veneto 45 8 17 Totale 678 313 433
36
TABELLA 17: Partecipanti ai corsi – triennio 2019 – 2021
Regione/Provincia Autonoma
Abruzzo
Basilicata
Calabria
Campania
Emilia Romagna Friuli Venezia Giulia Lazio
Liguria Lombardia Marche Molise Bolzano Trento Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Toscana Umbria
Valle D’Aosta Veneto
Totale
Partecipanti 2019
4.045 155 345 617 2.980 0
418
0
237 317 220 86 201 1.863 1.965 285 920
0
172 119 2.042 16.987
Partecipanti 2020
1.607 118 96 208 1.300 –
202 78 107 107 250 3 127 747 428 41 122 –
–
34 208 5.783
Partecipanti 2021
1.646 68 129 55 2.264 –
95 38 166 83 150 59 153 978 951 27 198 120
–
15 506 7.701