LA POPOLAZIONE LUCANA INVECCHIA: INCERTO L’EQUILIBRIO FUTURO DEI CONTI PREVIDENZIALI
Forza lavoro ed economia sostenibile: neppure il fenomeno immigratorio« è sufficiente a sopperire al ricambio generazionale»
A partire dalla fotografia fornita dai preoccupanti dati dell’assetto demografico e territoriale della Basilicata, si moltiplicano gli allarmi sul futuro lucano. L’incrocio delle relazioni di Consiglio e Giunta regionale consente di collegare la tematica dello spopolamento, individuato come «il morbo più grave per la comunità regionale», ad altre: le nubi aumentano, invece che diradarsi. Tra scomparsa, colonizzazione o accorpamento, le ipotesi vagliate sono fermamente negative. Così che anche gli input che potrebbero rivelarsi positivi, rischiano di non dimostrarsi tali per assenza di presupposti basilari. Nell’approvato, ora ad aprile, documento di Economia e finanza regionale 2023-2025, certificato un dato: «In Basilicata tra il 2011 ed il 2022 l’indice di dipendenza degli anziani è salito da 31,2% a 37,5 e l’indice di vecchiaia è passato da 150,5 anziani ogni cento giovani a 213,8». Nel Mezzogiorno è di 174,3. Non a caso il progressivo invecchiamento della popolazione è confermato dal trend crescente dell’età media che, in Basilicata, è passata da 43,4 nel 2011 a 46,8 nel 2022. Come annotato, gli effetti derivanti dall’invecchiamento della popolazione attengono lo scambio intergenerazionale. Prima delle conclusioni, un passaggio intermedio utile. Rielaborando i dati sulla stima dei fabbisogni occupazionali a medio termine (2023-2027) così come forniti da Unioncamere e Anpal che utilizza un modello econometrico multisettoriale con un approccio analogo a quello seguito a livello europeo dal Cedefop, per la Cgia di Mestre a livello regionale, nel prossimo quinquennio, l’incidenza percentuale della domanda sostitutiva sul fabbisogno occupazionale totale interesserà, in particolare, il Veneto (73,4%), il Molise (78,5%), il Piemonte Valle d’Aosta (82%), l’Abruzzo (82,5%) e la Liguria (85,5%). Ma la «regione d’Italia più investita da questo fenomeno sarà la Basilicata (88,3%). Tra domanda sostitutiva e aggiuntiva, il fabbisogno occupazionale lucano del quienquennio 2023-2027 è stato stimato in 24 mila e 800. Tornando al Def regionale, emergono incognite. Da considerare, elemento di rilevanza primaria, che a causa dell’invecchiamento demografico, la fetta decrescente della popolazione attiva dovrà sostenere una parte sempre più corposa e in aumento di popolazione non attiva in termini di stato sociale: «Ciò, nel lungo periodo, ne pregiudica la sostenibilità». Inoltre, dato sempre di rilevanza primaria, la riduzione della popolazione attiva «implica criticità connesse alla capacità del sistema produttivo di domanda di forza lavoro potenzialmente non soddisfatta». A distanza di poco tempo, sulla base delle valutazioni della Giunta regionale acquistano forza quelle di marzo di provenienza Consiglio regionale. Spopolamento, declino demografico, bassa natalità, alta emigrazione e altro ancora, attentano «non solo alla sua salute, ma all’esistenza stessa della Basilicata, se si considera che trattasi di una dinamica recessiva che viene dal lontano passato, che, nonostante la crescita del cosiddetto benessere, negli ultimi tempi esso si è aggravato». Negli ultimi trenta anni, dall’inizio degli Novanta, al 2021, la Basilicata ha perduto circa 80mila abitanti. Al 31 dicembre 2021 la popolazione lucana è stata rilevata in 539mila unità, e la densità degli abitanti per chilometro quadrato è risultata soltanto di 53,01 unità, di poco superiore solo a quella della Valle d’Aosta. Nell’anno 203, la regione potrebbe scendere sotto la soglia dei 500mila abitanti e nel 2050 potrebbe contare meno di 400mila abi- tanti. Il rischio delle “macro-regioni” acquista concretezza e «la Basilicata potrebbe non esistere che come residuato storico-antropologico». Sulla scia del Consiglio, la Giunta col documento di Economia e finanza regionale 2023-2025. L’allarme per la Basilicata, il seguente: «Il fenomeno immigratorio non è sufficiente a sopperire al ricambio generazionale in grado di rispondere alla domanda di forza lavoro e all’equilibrio dei conti previdenziali».