CAVE, DOPO GLI INTERROGATORI DI GARANZIA IL GIP HA MODIFICATO LE MISURE CAUTELARI
L’unica confermata quella al funzionario regionale Cafarella. Ai suoi colleghi Nella e Palma revocati gli arresti domiciliari ed il divieto di dimora in Basilicata
A seguito degli interrogatori di garanzia che si sono svolti in giorni diversi la settimana scorsa, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Potenza, Lucio Setola, ha, tranne per un indagato, modificato le misure cautelari che erano state disposte in prima battuta nell’ambito dell’inchiesta della Procura del capo- luogo sulle attività estrattive in alcune cave del territorio lucano. Le accuse, a vario titolo, quelle di tentata concussione, corruzione e falso ideologico. Lo stesso Gip aveva disposto gli arresti domiciliari per il funzionario regionale Vito Antonio Nella (difeso dall’avvocata Ottavia Murro) e per gli imprenditori del settore Luigi Alianelli (difeso dall’avvocato Vincenzo Ciucci Giuliani e Giuseppe Grieco). Mentre erano sottoposti al divieto di dimora nella regione Basilicata, i due funzionari regionali Nicola Cafarella (difeso dall’avvocata Ottavia Murro) e Donato Palma (difeso dall’avvocato Gervasio Cicoria). A seguito degli interrogatori di garanzia, il Gip ha revocato gli arresti domiciliari a Vito Antonio Nella e il divieto di dimora in Basilicata a Donato Palma. Mentre sono state attenuate le misure per Luigi Alianelli e Giuseppe Grieco. Per entrambi la misura cautelare degli arresti domiciliari è stata sostituita con quella meno afflittiva dell’obbligo di dimora in regione. Confermato, invece, per Nicola Cafarella, l’unico dei 5 indagati citati che si è avvalso della facoltà di non rispondere, il divieto di dimora in regione. Tra una settimana, il Riesame. Dalle indagini della Pro- cura di Potenza, iniziate nel 2021 e svolte anche con all’uso di intercettazioni telefoniche ed ambientali, hanno fatto emergere «un’allarmante e pervasivo sistema di vero e proprio addomesticamento delle funzioni pubbliche di controllo proprie dei funzionari regionali», che, sulla base del quadro indiziario delineato dall’accusa, a fronte di diversi tipi di regalie e vantaggi economici, beneficiavano alcuni imprenditori dediti alla coltivazione mineraria di cave ubicate nella regione Basilicata consentedo loro di evitare di porre in essere le previste ed onerose attività di ripristino ambientale a valle dell’attività estrattiva e di evitare che la Regione Basilicata escutesse le fideiussioni bancarie che i titolari di cave sono tenuti ad apprestare proprio a garanzia del corretto adempi- mento delle citate attività di ripristino. Tra gli esempi del do ut des individuato dalla Procura, la vicenda che vede coinvolti Cafarella e i due imprenditori di Gorgoglione, Luigi Alianelli e Giuseppe Greco, interessati a una cava in località “Scarappata”. Gli inquirenti hanno appuntato di «mezzi e uomini» prestati al funzionario regionale per «lavori di aratura e raccolta delle olive» in un terreno di sua proprietà a Corleto Perticara. Episodio inquadrato come una sorta di ricompensa per il mancato censimento della cava di Scarappata «quale cava dismessa nella quale non era stato operato il recupero ambientale, con conseguente onere economico a carico dei due imprenditori».