REDDITI, IN SALITA QUELLI DEI LUCANI
L’approfondimento di Livia Graziano
La pandemia da Covid-19, con i suoi spaventosi effetti sulla salute mondiale ha, indubbiamente, avuto un impatto altrettanto disastroso sugli aspetti sociali ed economici della popolazione mondiale. Secondo le stime dell’FMI (fondo monetario internazionale) nel 2020, il PIL mondiale è diminuito del 3,3%, mentre il volumi commerciali si sono ridotti del 8,9%; numeri che riportano alla situazione economico finanziaria registrata durante la seconda guerra mondiale. A tale situazione da cui, pian piano si stava uscendo, ha fatto seguito il conflitto russo-ucraino di febbraio 2022 che ha peggiorato ulteriormente la situazione economica, già duramente provata in Italia ed in Europa, soprattutto. A causa del notevole aumento del prezzo dei combustibili fossili, petrolio e gas soprattutto, sono esplosi i prezzi in tutti i settori dell’economia: alimenti e bevande (+23,6%), alberghi e ristoranti (+7,7%), tessile, abbigliamento e pelli (+6,0%), determinando in Italia un’inflazione complessiva pari a circa l’8%, situazione che non si registrava da gennaio 1986 (quando fu pari all’8,2%), e che rende il carrello della spesa delle famiglie italiane molto più costoso, pari a circa 3.500 euro l’anno. Situazione estremamente sentita, che ha colpito tutta la popolazione, da nord a sud, con particolare incidenza sulle fasce più vulnerabili della popolazione; mesi difficili per tutti, o quasi, gli italiani, soprattutto nel 2020, nei periodi di lock down, dove moltissimi settori dell’economia hanno, difatti, chiuso del tutto le loro attività. Ma dagli ultimi dati emersi dalla Cgia di Mestre emerge un chiaro segnale di ripresa, seppure si è ancora lontani dai livelli pre-pandemia. Dati confortevoli, soprattutto nelle città del nord, con un tessuto produttivo più preparato e strutturato, probabilmente anche quello che più di tutti ha subito diminuzioni a doppia cifra. Riprendono a salire, quindi, i redditi degli italiani con in testa Milano che fa registrare un aumento del reddito riferito al 2021 pari al 6,1%, seguita da Monza e Bergamo. Fa poca notizia, o comunque sorprende poco, notare come gran parte della classi- fica sia occupata da città del nord, soprattutto della regione Lombardia, e dove la prima città del sud, posizionata a metà classifica, sia Caserta, con un aumento del reddito nominale pari al 4,4%. Per quanto riguarda le città lucane, Potenza e Matera fanno registrare, rispettivamente, un +4,2% ed un +3,8% , per cui rispetto alla realtà del mezzogiorno, la Basilicata si afferma fra le migliori, seppure resta il notevole divario nei confronti dei territori del nord Italia. Due “Italie” in una, con differenze sostanziali in tutti i settori dell’economia e che risalgono alla fine del 1800 quando, fra gli altri, l’onorevole Farini, in una lettera a Cavour disse: “Altro che Italia! Questa è Affrica”, sottolineando quindi, la situazione disagiata in cui viveva la popolazione del sud. Il mezzogiorno d’Italia in questi quasi 2 secoli è profondamente cambiato, raggiungendo anche traguardi importanti ma il divario con il nord persiste, senza che vi sia stato un minimo segnale in controtendenza, fatta eccezione per il periodo “straordinario” degli interventi della ex Cassa per il Mezzogiorno; un divario che soltanto temporaneamente ha fatto registrare significative riduzione riprendendo, dopo poco, ad acuirsi. Vani i tentativi riferiti agli interventi straordinari successivi, anche di provenienza europea; quasi nulli gli effetti, con un nord anch’esso in difficoltà stante la poco competitività e capacità di spesa del tessuto produttivo meridionale. Non è un caso, quindi, che la strategia dei fondi del PNRR destina gran parte delle risorse delle 6 Missioni (Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo – Rivoluzione verde e transizione ecologica – Infrastrutture per una mobilità sostenibile – Istruzione e ricerca – Inclusione e coesione – Salute) alle regioni del Sud Italia i cui effetti sono però ancora lungi dal farsi sentire. L’aumento del reddito pro capite è pertanto, evidentemente, una diretta conseguenza del contraccolpo della ripresa post covid all’interno di quelli che sono gli andamenti ciclici dell’economia; dopo un lungo periodo (quasi 2 anni) di decrescita era in- evitabile aspettarsi una fase di aumento del PIL e con esso dei redditi medi degli italiani. La Basilicata non fa eccezione ma rispetto alle al- tre regioni del Sud mostra segnali più incoraggianti per cui non è solo il PIL “tirato” dal settore estrattivo, a cui, fra l’altro, fa da contraltare la crisi dell’automotive, a viaggiare a ritmi superiori alla media, ma è an- che la ricchezza dei singoli a mostrare segnali incoraggianti. Certo, restano le deficienze infrastrutturali e la lontananza dai distretti maggiormente trainanti del nord Italia ed europei ma i segnali sono incoraggianti. Un’ultima nota riguarda la differenza fra Potenza e Matera. L’est lucano, in passato motore dell’economia per via dei numeri importanti del distretto del salotto prima e delle ricadute positive di Matera 2019,sembra arrancare alla ricerca di nuova linfa che, evidentemente, in questo momento non c’è.
Di Livia Graziano