SOLITUDINE GIOVANILE: I DATI IN LEGGERO MIGLIORAMENTO MA ANCORA PREOCCUPANTI
La dott.ssa Sola: «I sintomi dei giovani non vanno mai ignorati, spesso hanno la necessità di essere ascoltati. I genitori rivestono un ruolo fondamentale»
Se la nona edizione del Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) dell’Istatha segnalato il caso di 220 mila ragazzi (tra i 14 e i 19 anni) che si dichiara- vano «insoddisfatti» della propria vita e vivevano una condizione di scarso benessere psicologico e di senso di solitudine, la decima edizione di quest’anno ha registrato un lieve miglioramento che ci fa ben sperare. Pertanto, però, i dati sono ancora insoddisfacenti e abbiamo interrogato esperti del settore per comprendere quali siano i fattori che generano un senso di solitudine tra i giovanissimi e quali danni questa condizione può provocare poi nei percorsi di crescita. Quello dell’isolamento è infatti un «problema comune – ci spiega la dottoressa Laura Sola (psicologa, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e sociologa). – Sono tanti i giovani che evitano i rapporti sociali, comportamento spesso legato a fattori di bassa autostima ed inadeguatezza. Dietro questi atteggiamenti si nascondono infatti ragazzi che non si sentono accettati. Ma l’ uomo è un animale sociale, sente il bisogno di rapportarsi con altre persone e di sentirsi a suo agio all’interno della società, per questo motivo l’isolamento può essere un problema molto grave sia a livello psico- logico che a livello fisico». «I giovani di oggi sono sempre più connessi ma sempre più soli – sottolinea la dottoressa Sola -e il loro disagio viene spesso manifestato in maniera complessa. In una società sempre più digitalizzata, con genitori sempre più impegnati in attività lavorative e sempre più separati, Internet diventa in qualche modo un sostituto delle figure di riferimento, importanti per una crescita serena. I giovani ricorrono infatti alle figure multimediali alle quali si rivolgono per acquisire informazioni, per socializzare, per scoprire la sessualità correndo spesso il rischio di sviluppare una dipendenza che sfocia in una incapacità di vivere la vita». Essere connessi fornisce dunque l’illusione di far parte di un gruppo sociale, permettendo ai giovani di appagare il senso di appartenenza. Spesso è infatti proprio la paura di essere esclusi dal gruppo dei pari che genera la volontà di isolarsi, tanto è grande il dolore e il senso di vuoto dettato da una vera estromissione. Questo genera ansia, chiusura o rifugio nel mondo di inter- net. «I network consentono di tenersi in contatto con amici che si trovano anche dall’altra parte del mondo- prosegue l’esperta – ma si sa, per poter vivere appieno una relazione di amicizia o di amore è necessario frequentarsi fisicamente. I ragazzi hanno bisogno di comunicare, di confrontarsi ed un semplice rifiuto o un allontanamento da parte del gruppo dei coetanei può causare un isolamento emotivo con gravi conseguenze sul piano psicologico e comportamentale». Esistono, infatti, casi estremi come quello dei hikikomori, definizione con la quale si fa riferimento a ragazzi letargici non comunicativi e isolati socialmente nella loro stanza. Un genitore deve dunque prestare attenzione a sintomi evidenti che sottolineano questo dolore quali «l’abbandono scolastico oppure lo scarso rendimento, la deflessione dell’umore,l ’apatia,i pensieri negativi, i disturbi del sonno, l’ansia e la mancanza di autostima. I rischi della solitudine interiore sono diversi – spiega la dottoressa – e diventano ancora più gravi inducendo il ragazzo a gesti estremi. È un fenomeno che va attenzionato e monitorato. Il ruolo dei genitori diventa quindi fondamentale ma vanno a loro volta aiutati a seguire il proprio figlio con strategie condivise e rassicuranti. I sintomi dei giovani non vanno mai ignorati ma tutto va affrontato con estrema delicatezza e sensibilità parlando apertamente e cercando di supportarli rispettando quelli che sono i tempi e i bisogni propri del ragazzo. A volte infatti – conclude – i figli hanno solo la necessità di essere ascoltati e riconosciuti».
Di Anna Tammariello