«IN ITALIA SI PREFERISCE NON BANDIRE CONCORSI PER CANCELLIERI E GIUDICI AUMENTANDO PRECARI CON CONOSCENZE NON ADEGUATE
Per il secondo anno consecutivo nella lista degli studi legali migliori d’Italia per la Basilicata c’è lo Studio Glinni che per l’occasione traccia un bilancio delle riforme sulla giustizia. «Nei piccoli tribunali di provincia come i nostri, definiti sedi disagiate, i magistrati arrivano semplicemente per un brevissimo periodo per poi assumere incarichi altrove»
La lista «Gli studi legali dell’anno 2023» stila i migliori nel Paese da nord a Sud e per la Basilicata ha selezionato ed inserito per il secondo anno consecutivo lo “Studio legale Glinni&Associati” di Potenza. Così “Il Sole 24 Ore” pubblica il novero dei 393 studi legali, redatto dalla società tedesca di ricerca Statista, esperta nella raccolta ed elaborazione di dati, in collaborazione con “Il Sole 24 Ore” e Guida al Diritto. La ricerca si basa sulle oltre 40mila segnalazioni ricevute da parte di avvocati (peer-to-peer), giuristi d’impresa e clienti degli studi legali attivi a livello nazionale in 15 settori di competenza e in cinque macro aree. «È un premio molto ambito e prestigioso -commenta l’avvocato Carlo Glinni- che vede il mio Studio associato messo alla pari dei grandi studi romani e milanesi. Questo riconoscimento giunge per la seconda volta dopo molti anni di difficile e incessante lavoro volto costantemente a garantire un sempre più aggiornato standard qualitativo della prestazione. La cura del servizio e la soddisfazione del cliente sono gli obiettivi perseguiti dallo Studio e questo riconoscimento ci consola e onora del fatto di esserci riusciti, seppur dopo un periodo molto difficoltoso per ogni libero professionista». Lo studio legale “Glinni&Associati” nasce nel 2000 da una intuizione del compianto Notaio Antonio Polosa che indicò al cugino l’avvocato Carlo Glinni la forma associativa e migliore struttura organizzativa per svolgere la professione forense. Oggi è uno “studio boutique” con sedi a Potenza e Roma dove operano oltre l’avvocato Glinni le avvocatesse Rosa Pietrafesa, Rossella Foggetta e Patrizia Mazzoli considerate dallo stesso Glinni «le vere artefici della assegnazione dell’ambito riconoscimento de “Il Sole 24 Ore. Sono sinceramente rimasto colpito quando è arrivata la notizia –aggiunge- non mi sarei mai aspettato che i miei Colleghi, i nostri clienti, amici e collaboratori spendessero del tempo per segnalare la bontà del nostro lavoro e l’impegno che ogni giorno dedichiamo alla sua organizzazione. Evidentemente la devota dedizione alla professione forense, anche se talvolta può sembrare eccessivamente totalizzante, in realtà paga. Siamo onorati di questo riconoscimento d’eccellenza e manifestiamo grande gratitudine a tutti i nostri clienti e amici». Ma l’avvocato Glinni coglie l’occasione anche per porre l’accento sulle difficoltà che oggi incombono su chi svolge la professione legale, quasi a fotografare lo stato dell’arte della condizione forense molto cambiata negli anni, con nuove modalità, nuove organizzazioni di studio, nuovi ritmi. Persino l’avvento delle nuove tecnologie e l’emergenza pandemica hanno influito, catapultando professionisti e clienti verso un mondo che è, e ancora sarà diverso. «Oggi è molto difficile svolgere la professione -sottolinea Glinni a riprova di ciò è il crollo nel numero delle nuovi iscrizioni, nonché l’enorme numero di cancellazioni dagli Albo professionali. Le riforme hanno radicalmente cambiato la professione. In nuovo processo telematico, se da una parte dovrebbe snellire il lavoro dei magistrati e delle cancellerie, dall’altra ha comportato per gli avvocati un enorme quantità di lavoro per predisporre atti, indici e fascicoli in formati adeguati al nuovo sistema giudiziario, riducendo invece il numero delle udienze in presenza. In sostanza, gli avvocati non incontrano quasi per niente innanzi ai vari giudici e non potranno più esercitare la professione attraverso discussioni e arringhe con le quali per anni hanno svolto la professione, che risulta oltremodo svilita riducendola ad una mera attività collaterale». Ed ancora, riportando le realtà del territorio l’avvocato incalza: «Nei piccoli tribunali di provincia come i nostri, Potenza, Matera e Lagonegro, ma anche i limitrofi Vallo della Lucania, Foggia e così via, definiti “sedi disagiate”, i magistrati arrivano per un brevissimo periodo per poi assumere incarichi nei tribunali di Napoli e Bari. Questa situazione comporta che raramente le sentenze vengano scritte dagli stessi giudici che hanno raccolto le prove, ovvero istruito i giudizi». Glinni stila poi con taglio pratico quella che sarà l’attività dell’avvocato a partire dall’entrata in vigore della “Riforma Cartabia”. Nell’intento di riformare la giustizia italiana prevista dall’accordo siglato dall’Italia con l’Unione Europea, tale Riforma che prende il nome dall’ex ministro della Giustizia del governo Draghi, Marta Cartabia mirerebbe a velocizzare i tempi del processo civile, intervenendo sia su alcuni aspetti dell’iter processuale, sia prevedendo un progressivo aumento della digitalizzazione dei processi. Sulla carta pare funzionale, ma nei fatti, rimarca ancora l’avvocato Glinni, «la riforma Cartabia è, se possibile, andata ad aggravare maggiormente questa situazione con l’istituzione ad esempio dell’ “Ufficio del processo” il quale a sua volta è andato a ingrandire l’esercito degli ausiliari esterni che insieme ai giudici non togati, ovvero non vincitori di concorso, oramai costituiscono l’ossatura del sistema giudiziario italiano. In sostanza in Italia si preferisce non bandire concorsi per Cancellieri e Giudici e aumentare il numero di soggetti precari che a volte non hanno le capacità e conoscenze adeguate a gestire la giustizia. In poche parole -conclude l’avvocato- in Italia si preferisce una giustizia veloce, ma approssimativa, al posto di una giustizia più lenta ma qualificata».