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C’ERA UNA VOLTA SPERANZA

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E adesso che nell’aria non c’è più quella benevolenza acrobatica con cui s’è giudicata la pandemia che fine ha fatto Roberto Speranza, l’enfant prodige di D’Alema e Bersani che pure doveva stoppare l’emergenza, migliorare la sanità e riscattare la sinistra dalla sua inutilità d’ingrassarsi nel governo? Ora lasciamo stare l’archiviazione giudiziaria arrivata senza pretese né sorprese perché mai lo Stato processa sé stesso come pure insegna la parabola della cosiddetta Trattativa, con buona pace di Fiandaca, ma a ben guardare le cose e soprattutto per chi volesse di risposte ce ne sono a bizzeffe. Innanzitutto il primato di morti che l’Italia s’è portata in tutta Europa come un trofeo della sua coscienza infelice, poi la destrutturazione finanziaria con cui ha raschiato e switchato ogni capitoletto ministeriale a vantaggio di rimodulazioni strampalate ed inefficaci, infine la forma di governo come malattia ossessiva del potere. Così sarà solo un caso di fortuna bendata e d’allineamento astrale se a Roma nei ministeri s’aggirano lucani, se il trombato Bubbico venga risarcito del flop elettorale addirittura col doppio emolumento di presidente e amministratore delegato di Acquirente Unico e se le case farmaceutiche si buttino ad assumere a sinistra. Canta Leon Faun:“E c’era una volta, c’era una volta”.

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