UCRAINI, LO SFRATTO DEL PREFETTO
Marsico (“Dalla Basilicata all’Italia, non lasciamo indietro nessuno”) porta la «triste vicenda» in Parlamento. Trasferisce donna con melanoma in cura al S. Carlo e donna disabile seguita _d all’Aias: l’S.o.s.
Si è rivolta al deputato di Fratelli d’Italia Salvatore Caiata, la dottoressa Rita Marsico, presidente dell’associazione “Dalla Basilicata all’Italia, non lasciamo indietro nessuno” per chiedere di fermare la scellerata decisione del Prefetto del capoluogo lucano sulla collocazione dei profughi Ucraini e lo ha fatto con una lettera nella quale spiega le motivazioni logiche ed umane per cui non sarebbe giusto procedere. «Gentilissimo Onorevole Salvatore Caiata, sono Rita Marsico Presidente dell’Associazione “Dalla Basilicata all’Italia non lasciamo indietro nessuno”. Con la presente, in accordo con il Garante per l’infanzia e per l’adolescenza della Regione Basilicata, mi preme informarla, e chiedere un suo intervento, affinché il trasferimento predisposto dalla Prefettura di Potenza per 10 ucraini residenti nel centro Cas di Pignola, Human Flowers, gestito dalla signora Ligia Suarez, venga fermato. Nella struttura tra i 10 è presente una giovane donna con un bimbo di otto anni, affetta da melanoma dell’addome in cura e in prenotazione per l intervento presso l’ospedale S. Carlo di Potenza. Nella stessa struttura è presente una donna con figlia quarantenne gravemente disabile che, attualmente, viene condotta presso l’Aias di Potenza per un’adeguata terapia della sua condizione psicofisica. Ancora nella struttura c’è una nonna con nipote diciassettenne che quest’anno ha frequentato il liceo musicale Gropius di Potenza riportando ottimi voti, il suo trasferimento in altra località potrebbe non consentirgli il proseguimento dello stesso percorso. Io la prego umanamente di intervenire per poter trovare una soluzione a questa triste vicenda».
LA PARABOLA DEL GIUDICE INIQUO
Sembra di rileggere in chiave secolare la parabola del giudice iniquo del Vangelo secondo San Luca. In questo caso, il giudice iniquo è il Prefetto che, applicando alla lettera in modo impersonale e senza nessun riguardo alle storie umane che tratta e tocca, ha deciso di trasferire profughi come se fossero pacchi. È, così, la presidente di un’associazione umanitaria, dopo aver sollecitato ripetutamente il Prefetto, è stata costretta a chiedere aiuto all’On. Caiata nella speranza di ottenere giustizia non per sé ma per uomini e donne che hanno il diritto di trovare in Italia un’ospitalità decorosa in una Nazione che rispetti i loro drammi e dia loro la possibilità di vivere come uomini e non come merci.
UNA LETTERA DI ALTRI TEMPI
Sembra una lettera d’altri tempi. Sembra di rivivere il tempo in cui, davanti alle ingiustizie perpetrare dalle autorità amministrative, dai delegati del Governo, dagli amministratori delle provincie, ci si rivolgeva agli uomini politici ritenuto giusto affinché risolvessero la questione. Chiunque abbia fatto o abbia seguito la politica sa che ogni segreteria politica è piena di lettere di raccomandazioni, di curricula, di richieste di sistemare una questione personale o familiare. Non siamo ragazzini imberbi e sappiamo che il rapporto tra eletti ed elettori si nutre anche di queste raccomandazioni personali che si muovono nell’aria e nell’alea del rapporto fiduciario. Quello che colpisce di questa lettera è che ci si rivolge ad un deputato per chiedere giustizia su un fatto che riguarda altri, non si chiede una raccomandazione personale ma un intervento politico per questioni umane e sociali che riguardano categorie deboli e gli strumenti per dare loro opportunità migliori. E, se è vero che le richieste che un deputato riceve danno la prova del suo rapporto con il territorio, è evidente che l’On.Caiata ha un rapporto con il proprio collegio fondato sulla disponibilità per risolvere questioni di interesse generale.
IL PREFETTO HA SBAGLIATO?
Noi non sappiamo se quanto riportato dalla lettera è vero. Sappiamo che se fosse vero il Prefetto avrebbe compiuto o starebbe per compiere un atto ingiusto. Un atto che potrà essere anche giustificato da mille regole e regoline formali, potrà trovare anche una corretta formalità nella Legge ma che, non tenendo conto della natura umana, sarebbe radicamento ingiusto. Un articolo di giornale non è il luogo idoneo per discutere del rapporto tra Giustizia e Legalità, tra nomos e dike ma a nessuno sfugge che un ordine che non tenga conto delle situazioni concrete su cui va ad incidere non è un ordine giusto. Non essendo noi i kafkiani automi della Legga, speriamo che l’autorevole intervento dell’on Caiata fermi questa decisione iniqua e inumana.
Di Massimo Dellapenna