UCRAINI, VITTORIA: RESTANO QUI A TITO
Cronache ha raccontato il controverso trasferimento, il deputato Caiata ed il Viminale sono intervenuti. Oltre la burocrazia, il Prefetto di Potenza rivede la scelta trovando un’altra soluzione
Ben fatto è meglio che ben detto ma, in alcuni casi, dire bene è un modo per fare bene le cose. Sembra un gioco di parole, ma è quello che ci viene in mente quando riflettiamo sul fatto che, con la sola forza delle nostre parole, siamo riusciti a correggere un errore e rendere meno gravosa la vita di chi ha già dovuto lasciare tutto e partire a causa di una guerra. Si tratta chiaramente della vicenda dei profughi ucraini per i quali il Prefetto di Potenza, Michele Campanaro, aveva già predisposto il trasferimento malgrado ci fossero studenti che rischiavano di perdere l’anno e malati che avrebbero avuto difficoltà a proseguire il percorso di cura. Siamo stati i soli a porta- re avanti questa notizia, a seguirla ed a commentare con schiena dritta e onestà intellettuale, l’evolversi della vicenda. Nei giorni scorsi Rita Marsico, presidente dell’Associazione “Dalla Basilicata all’Italia, non lasciamo indietro nessuno”, che aveva sollevato per prima la questione, era stata ricevuta dal Prefetto che aveva intelligentemente ascoltato le sue ragioni e mostrato una volontà di smuovere le acque e di non restare fermo sulle sue posizioni.
ANCHE CAIATA È INTERVENUTO
Commentando i possibili sviluppi della vicenda dicemmo che, “vergin di servo encomio e codardo oltraggio”, avremmo giudicato con l’onestà con la quale cerchiamo di fare il nostro lavoro, la qualità del Prefetto dalla umanità delle sue decisioni. Prendiamo atto che, da quanto abbiamo appreso, il Prefetto avrebbe deciso che i profughi non saranno allontanati. Da Pignola saranno trasferiti a Tito in modo da poter far coincidere le esigenze formali della legge con quelle sostanziali della vita delle persone. Ci consentirà il nostro lettore di prenderci una parte del merito della vicenda, anche solo per il fatto di averla seguita con attenzione senza fare sconti a nessuno. In tutta onestà dobbiamo dire che tra coloro i quali si sono impegnati ad affrontare e risolvere il problema c’è stato anche l’On. Caiata. L’associazione si era rivolta a lui per chiedere di intervenire sul Prefetto. Sull’asse Roma-Potenza, con l’aiuto di una moral suasion del Viminale, la storia va verso il lieto fine. Sono venuti in Italia per trovare giustizia, l’hanno trovata anche nella Legge. Non può che essere una buona notizia.
UNA BELLA STORIA E UN BEL LIETO FINE
Se quello che ci è stato anticipato dovesse anche diventare realtà, non potremmo che esserne felici non solo per una forma di narcisismo e non soltanto per il lieto fine che tutti ci auguravamo ma anche perché dimostra che può esistere un rapporto positivo tra politica, territorio, amministrazione e informazione. Nell’immaginario collettivo, soprattutto al Sud, il politico si occupa soltanto degli interessi suoi e dei suoi elettori, la burocrazia si limita ad una applicazione meccanica e stantia della Legge, l’informazione segue soltanto ciò che più gli fa comodo. Questa storia dimostra che esistono politici come Salvatore Caiata che si occupa con arguzia e veemenza soprattutto di interessi collettivi riuscendo ad essere interlocutore pieno e credibile di fette della società civile che a lui si rivolgono. Questa storia dimostra che esistono uomini delle Istituzioni che non si limitano ad essere automi della Legge, ma sono aperti al dialogo e al confronto non soltanto in modo unilaterale ma anche cogliendo le istanze del territorio e riuscendo ad emendare gli errori. Questa storia dimostra cosa può fare un’autentica stampa libera di prossimità non solo per informare, ma, informando, anche per cambiare le cose. Immaginate se questa sinergie fosse la prassi quotidiana. Forse vivremmo in un mondo decisamente migliore nel quale tutte le energie sarebbero sinergicamente rivolte verso il bene comune. Per quanto ci riguarda questa storia ci gratifica e ci stimola. Noi vogliamo continuare a provare di cambiare le cose con la sola forza della penna.
Di Massimo Dellapenna