“VALLE DELL’ORO”, ALTRO CHE PRODUZIONE CASEARIA: UN DANNO ERARIALE MILIONARIO
Fondi pubblici e progetti, per Santoro confermata in Appello la condanna a risarcire il Mise per 1 milione e 548 mila euro
Salvato dalla giustizia penale, via prescrizione, ma colpito da quella contabile: per Donato Santoro, in proprio e in qualità di liquidatore della società Valle dell’oro Srl, confermata in Appello, la condanna al pagamento, in solido con la società fallita, di 1 milione e 538 mila euro in favore del Ministero dello sviluppo economico a titolo di danno erariale connesso dall’impropria percezione di contributi pubblici a valere sul Patto territoriale denominato “Basilicata Nord Occidentale”. È stato respinto il ricorso contro la sentenza della Corte dei Conti di Basilicata risalente al luglio del 2020. Di “oro”, l’opificio industriale destinato alla produzione casearia con sede in Balvano, zona industriale di Baragiano, ha prodotto un maxi danno erariale. La Procura contabile regionale aveva iniziato i dovuti accertamenti a seguito della revoca, nel 2012, del finanziamento erogato da parte del Ministero data la riscontrata presenza di «irregolarità» nella realizzazione del progetto finanziato e delle criticità, emerse in sede di verifica, contenute nella documentazione finale di spesa, nell’attestazione dei livelli occupazionali richiesti dal bando e nella documentazione relativa all’impiego del personale. La creazione di posti di lavoro rappresentava una componente essenziale del progetto finanziato con risorse pubbliche, essendo stata promossa, tra l’altro, una attività produttiva all’interno di una considerata area depressa. In occasione di un sopralluogo, inoltre, la struttura era risultata chiusa e «non vi erano segni dello svolgimento di attività produttive o amministrative». Tant’è che nei confronti della società e di Santoro in qualità di legale rappresentante, fu promosso un procedimento penale per i reati di truffa in pubbliche erogazioni e falso. Per ambedue i capi d’imputazione è stata poi pronunciata la prescrizione. Nelle decisioni, però, è stata affermata «l’insussistenza di elementi idonei all’assoluzione», ovvero la declaratoria di prescrizione del reato è stata accompagnata dalla negazione dei presupposti per la pronuncia assolutoria. La Procura regionale contabile, ravvisando un contegno doloso, da subito inquadrò la vicenda come consapevole elusione degli obiettivi del progetto finanziato. Dall’istruttoria dibattimentale è emerso, per esempio, che nell’anno 2008, in sede di verifica di realizzazione dell’obiettivo occupazionale previsto nel progetto finanziato, rispetto al complessivo numero dei lavoratori assunti con contratti a tempo determinato per 18 mesi, «solo la metà circa ha effettivamente lavorato per l’intera annualità, mentre i restanti hanno lavorato per due o tre mesi, talvolta per singole giornate e, in alcuni mesi, non hanno per nulla lavorato». Per l’accusa i lavoratori erano stati «“assunti”» sulla carta e per tutto il pe- riodo, per poi essere lasciati in una «situazione di sospensione, non giuridicamente regolata», nell’ipotetica prospettiva di essere richiamati. La società, in sintesi, ha mantenuto in essere i contratti di assunzione per poter dimostrare di aver rispettato la dimensione occupazionale richiesta, «mentre in concreto il per- sonale pienamente impiegato è stato la metà del dichiarato e la restante par- te ha lavorato non più di due o tre mesi». I lavoratori stessi hanno poi confermato che l’attività dello stabilimento «è stata regolare solo nel primo trimestre del 2008, per poi diminuire progressivamente». In base alla situazione di unità lavorative formalmente assunte, ma non occupate effettivamente e di conseguenza non retribuite, e sulla scorta di altre motivazioni, ricorso respinto in Appello e confermata la sentenza della Corte dei Conti della Basilicata che ha condannato la società fallita Valle dell’Oro Srl e Donato Santoro, a risarcire, in solido, il danno prodotto al Ministero dello sviluppo economico, quantificato in 1 milione e 538 mila euro.